Il
periodo classico durò circa sette secoli (all’incirca dal 200 d.c.
al 900 d.c.), costituì l’età dell’oro della civiltà maya, che
mai raggiunse una unità politica; si può infatti parlare di una
organizzazione in città – stato ognuna con i suoi governanti e
sacerdoti (un po’ come l’antica Grecia). Gli storici dividono
questo periodo in tre parti: il primo, durato circa 3 secoli, finisce
nel 627, il secondo termina nell’800 e il terzo nel 925. Eric
Thompson aggiunge un interregno di circa 50 anni e cioè dal 915 al
975. Così Coe descrive il periodo noto come epoca classica, che
segna il massimo sviluppo della storia dell’America centrale:
nell’arco
di sei secoli, dal 250 al 900 d.c., i Maya e in particolare coloro
che occupano l’area centrale, raggiunsero livelli intellettuali e
artistici che mai nessun altro popolo nel Nuovo Mondo ha eguagliato e
solo pochi altri nel Vecchio. L’epoca classica fu una sorta di età
dell’oro1.
Peter
James e Nick Thorpe descrivono la situazione
economico-cultural-artigianale classica dei Maya in questo modo:
le
grandi città, i piccoli villaggi e la campagna erano densamente
popolati. I commerci di generi di prima necessità e di minerali
preziosi, come la giada, fiorivano tra i centri maya. La lavorazione
della giada raggiunse livelli di perfezione, superbi dipinti murali
decoravano i palazzi dei governanti e alcuni di questi, risalenti al
792 d.c., si possono ammirare a Bonampak nelle terre basse
meridionale[…]Il livello di conoscenze raggiunto dai Maya nel
periodo classico è altrettanto impressionante, specie nel campo
dell’astronomia e della matematica. A Chichen Itza, nella
penisola dello Yucatan fu costruito un osservatorio per scrutare i
movimenti del sole e del pianeta venere[…]A quei tempi esistevano
decine di città maya e alcune di esse esercitavano una certa
sovranità sulle altre; frequenti erano le rivalità fra le dominanti
e le sottomesse.”2
Guy
Annequin ci informa che,
“nel
corso del primo periodo, si constata l’apparizione di tre fattori
importanti: in primo luogo il culto delle stele scolpite e iscritte,
elevate ad intervalli [di tempo] regolari; poi la costruzione dei
templi di pietra, con l’impiego e la diffusione della volta
alta[…]infine la presenza di una caratteristica ceramica policroma.
Grandi città quali Tikal, Uaxactun, Copan, Pietras Negras,
Yaxchilan vengono abbellite con edifici continuamente sommersi da
nuove costruzioni.”3
Era
uso di questo popolo coprire le costruzioni antecedenti con altre più
grandi. Fatto, questo, che ha permesso agli archeologi di potere
ritrovare delle piramidi nascoste perfettamente conservate.
L’erezione e il culto delle stele raggiunse verso il 600 d.c. delle
proporzioni immense: venivano dapprima erette ogni 15 anni, quindi in
seguito ogni 10 e, alla fine, addirittura ogni 5 anni. Queste
costruzioni avevano essenzialmente due compiti, uno specificatamente
commemorativo di eventi storici di una certa importanza come la
nomina di un nuovo regnante o la vittoria di una battaglia, e uno
invece marcatamente mistico – religioso: le stele infatti erano
luogo di culto, di preghiera e di sacrifici e misuravano il tempo
(che come vedremo in seguito per i Maya è una sorta di dimensione
sacra). Continua Guy Annequin:
“gradualmente
l’arte diviene più sicura, più elegante e acquisisce forza, e nel
corso del settimo ed ottavo secolo, i secoli dello splendore, ogni
città brillava per qualche particolare attività: nel settimo
secolo, Palenque[…] per l’incomparabile arte dello
stucco; verso il 750, Pietras Negras, che raggiunse lo zenit
con la sua superba arte statuaria; tra il 726 ed il 783, Copan,
la metropoli del culto e della sapienza, che eleva le sue stele e i
suoi altari barocchi, mentre Yaxchilan (tra il 692 e il 725),
venivano creati insuperabili architravi di legno scolpito a
bassorilievi. Nello stesso tempo, i fedeli di Tikal costruivano
le loro piramidi appuntite che ci comunicano ancora oggi un’emozione
sacra. In questo luogo sono state ritrovate 85 stele. Così il
settimo e l’ottavo secolo si impongono come i grandi secoli maya,
nel campo del pensiero e dell’arte…4”.
Abbandonata
la teoria, di cui Eric Thompson era un grande sostenitore e
difensore, della natura essenzialmente pacifica dei Maya del periodo
classico (natura pacifica che sembra però contraddistinguere i Maya
di oggi), gli studiosi sono ormai certi che le guerre interessarono
le città maya in tutto il corso della loro storia. Come abbiamo già
accennato i Maya non raggiunsero mai una unità politica, e
sicuramente le grandi città esercitavano una forte influenza sulle
più piccole. Tuttavia ogni città era essenzialmente un piccolo
regno autonomo, anche se sembra ormai certo il fatto che i regnanti
delle città più potenti insediavano gente del proprio parentato ai
vertici del governo delle città subalterne, esercitando in tal modo
una forte influenza. Ad esempio il tredicesimo re della casta
dominante di Copàn
(che assunse il potere attorno al 400 d.c.) era “18 – coniglio”
salito al trono il 9 luglio 695 d.c. Il 3 marzo 738, subito dopo la
consacrazione dello sferisterio appena ricostruito, egli guidò un
assalto alla piccola città di Quiriguà
- distante una cinquantina di chilometri e con ogni
probabilità già sotto l’influenza di Copàn
– e questo per dimostrare la propria supremazia. Sennonché questa
volta le cose non andarono come avrebbero dovuto: “18- coniglio”
fu catturato e decapitato da “Ciel-Cauac” di Quiriguà.
Queste rivalità fra città stato erano una costante causa di
tensioni e di sperpero di energia. Il più famoso di tutti i signori
maya fu indubbiamente il “Signore del sole Pacal ” della citta di
Palenque, al confine
occidentale del mondo maya nel Messico centrale[…]Nato il 26 marzo
603 d.c., era asceso al trono per sessantanove anni, morendo
ottantenne il 31 agosto 683”5.
1
Cfr. Peter James-Nick Thorpe, Civiltà sepolte d’ america,
Armenia Milano 2003, pag. 16. Titolo originale: Ancient
Mysteries.
2
Ibidem pagg. 16 – 17.
3
Guy Annequin, op. cit., pag.92.
4
Ibidem, pagg. 92 – 93.
5
Peter James-Nick Thorpe, op. cit., pagg.
17–19.
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