Il
termine filosofia nasce dall'unione di Philein
(amore)
e Sophìa
(sapere).
Quindi, alla domanda “Che
cos'è la filosofia?”,
possiamo rispondere semplicemente che è amore
per il sapere.
Cerchiamo
di chiarire questa asserzione così generica. La filosofia, fin dalle
sue origini, ha avuto delle connotazioni ben precise, e cioè la
ricerca del sapere si è configurata come svalutazione del valore
ontologicamente fondante del mito e, conseguentemente, come
scrutamento del reale con occhi “scientifici”, cioè con gli
occhi di colui che persegue la verità. Questa non è più ritrovata
nei racconti cosmogonici, ma in cause fisiche ben precise.
Inutile
dire che la filosofia nasce in Grecia nel VI sec. a.C. e vede come
iniziatore Talete, un saggio vissuto nell'antica città di Mileto.
Talete,
più che filosofo, fu un sapiente, tanto che Apuleio scrive:
«
Talete
di Mileto fu senza dubbio il più importante tra quei sette uomini
famosi per la loro sapienza - e infatti tra i Greci fu il primo
scopritore della geometria, l'osservatore sicurissimo della natura,
lo studioso dottissimo delle stelle: con poche linee scoprì cose
grandissime, la durata delle stagioni, il soffiare dei venti, il
cammino delle stelle, il prodigioso risuonare del tuono, il corso
obliquo delle costellazioni, l'annuale ritorno del sole; fu lui a
scoprire il crescere della luna che nasce, il diminuire di quella che
cala e gli ostacoli di quella che s'inabissa1
»
Quindi,
Talete, oltre ad interrogarsi dell'archè2,
e cioè del principio primo, della causa prima, da cui ha avuto
origine il mondo, ha operato indagini anche in campo astronomico
(riuscendo a predire un eclissi), in campo geometrico (enunciando dei
teoremi) e in campo cosmologico (formulando un'idea ben precisa circa
la struttura del cosmo).
La
grandezza di questo saggio consiste nel ricercare una causa fisica
alla generazione del mondo, che egli ritrova nell'acqua, forse perché
nota che la vita è sempre legata all'umido. La ricerca di una causa
fisica
è indagine del reale secondo il rifiuto consapevole del mito e degli
dei. Qui sta la grandezza di Talete e qui possiamo cogliere un
elemento fondamentale della filosofia, e cioè la filosofia è, fin
dalle sue origini, ricerca finalizzata all'acquisizione di conoscenze
mediante una metodologia razionale che ci permetta di cogliere la
verità dei fenomeni presi in esame.
Un
processo veritativo quello filosofico che ha fatto essere questa
disciplina fin da subito una indagine spregiudicata e critica
verso
le opinioni comuni.
Caratteristiche
queste che ancora ritroviamo fortemente nella filosofia.
Ma
Talete ci porta ad evincere un'altra caratteristica della filosofia:
quella di essere una disciplina
totale,
nel senso di rivolgersi a tutti gli ambiti del sapere. Questa sua
totalità
del sapere è
venuta meno soltanto alla fine del milleottocento, con lo
specializzarsi delle varie discipline.
La
definizione di filosofia3
come ricerca
del sapere è
una definizione sempre attuale che ci porta a concludere che
qualsiasi ricerca, al di là dell'ambito scientifico in cui ha
origine, se finalizzata all'acquisizione di nuove conoscenze, è una
ricerca filosofica.
Ma
ogni conoscenza necessita di una volizione all'acquisizione di essa.
Volizione, che è affermata già da Aristotele, che scrive:
“Gli
uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa
della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di
fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco
a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i
problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli
altri astri, o i problemi riguardanti la generazione dell'intero
universo. Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce
di non sapere; ed è per questo che anche colui che ama il mito è,
in certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da un
insieme di cose che destano meraviglia. Cosicchè, se gli uomini
hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che
ricercano il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire
qualche utilità pratica. E il modo stesso in cui si sono svolti i
fatti lo dimostra: quando già c'era pressoché tutto ciò che
necessitava alla vita ed anche all'agiatezza ed al benessere, allora
si incominciò a ricercare questa forma di conoscenza. E' evidente,
dunque, che noi non la ricerchiamo per nessun vantaggio che sia
estraneo ad essa; e, anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero
colui che è fine a se stesso e non è asservito ad altri, così
questa sola, tra tutte le altre scienze, la diciamo libera: essa
sola, infatti, è fine a se stessa.”4
Ed
è proprio la capacità di meravigliarci,
da
cui scaturisce la curiosità, che ci mette nella condizione volitiva
dell'acquisizione di nuove gnoseologie.
Ed
è, inoltre, inutile dire che non si può fare a meno di filosofia,
perché:
“Chi
pensa sia necessario filosofare deve filosofare e chi pensa non si
debba filosofare deve filosofare per dimostrare che non si deve
filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene di
qui, dando l’addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano
essere solo chiacchiere e vaniloqui.5”
Infine, la filosofia non è
disciplina accessibile soltanto a pochi iniziati, anzi la sua
fertilità è data dal fatto che tutti possono filosofare, e ciò
perché
"[…]
quelli che
filosofano, […]
non […]
sono né i sapienti né gli ignoranti
[…]
sono quelli a metà tra questi due […].
6
Sono,
quindi, gli uomini comuni, coloro che non sono totalmente ignoranti –
perché se così fossero non possederebbero gli strumenti per
interrogarsi, né avvertirebbero l'esigenza di farlo – e che non
sono totalmente sapienti – perché se così fossero, non avrebbero
l'esigenza di interrogarsi su alcunché, dato che tutto saprebbero.
Ci
si potrebbe, però, porre un'altra domanda, e cioè “a
cosa serve la filosofia oggi?”.
La
filosofia oggi, forse più di ieri, ha il compito ben preciso di
farci giungere alla verità. Una verità che non è quella delle
scienze esatte. Le quali, ormai, si sono emancipate dal discorso
speculativo per concentrasi nella formulazione di proposizioni
descrittive. Ma che è svelamento dell'essere tramite l'esistenza del
singolo ente7.
La
filosofia è, quindi, metafisica nel senso più alto del termine. Ed
è un sapere fine a se stesso, non produttivo. Ma è un sapere la cui
ricerca e la cui acquisizione cambia la qualità
della propria vita, che diventa presente decisionale, e quindi
esistenza.
Ci
si potrebbe, inoltre, porre un ulteriore interrogativo, e cioè “si
può fare a meno della filosofia?”.
Ovviamente
no! Il filosofare è un'esigenza imprescindibile dell'essere umano.
Il rifiutare tale verità significherebbe negare la componente più
importante dell'individuo, e cioè la sua componente creativa e
gestionale. Componente questa che lo induce necessariamente innanzi
al perenne interrogativo. Quest'ultimo, però, deve essere sempre
accompagnato dalla consapevolezza di sapere di essere un ente
fondamentalmente diverso dagli animali: una diversità che è data
dalla capacità di meravigliarsi,
di porsi, quindi, al di là della natura per ponderarla in una
maniera che è necessariamente creazione nuova del fenomeno.
1Apuleio
2“Dei
primi filosofi, i più hanno pensato che vi siano solo principi
materiali delle cose. Ciò da cui le cosa hanno il loro essere e da
cui si originano e in cui corrompendosi si risolvono – poiché la
sostanza permane pur mutando negli accidenti – dicono sia
l'elemento primordiale e, essa sostanza, il principio delle cose;
per questo pensano che niente si generi o perisca in assoluto, dato
che tale sostanza permane in eterno... Ci dev'essere infatti una
qualche sostanza, una o più d'una, da cui si generi il resto pur
restando essa immutata. Quanto poi al numero e alla forma di tale
principio non hanno tutti la stessa opinione: Talete, l'iniziatore
di questa filosofia, dice per parte sua che esso è l'acqua (e per
questo sostiene che la terra poggia sull'acqua) e tale opinione gli
viene forse dall'aver osservato che il nutrimento di tutte le cose è
umido e che perfino il caldo si genera dall'acqua e vive di essa (ma
ciò onde tutte le cose si originano è il loro principio); da
questo era stato indotto a tale opinione e anche dal fatto che ogni
germe ha una natura umida; e anche l'acqua è il principio della
natura di ciò che è umido. Vi sono poi alcuni che credono che i
primi antichissimi teologi, vissuti molto prima del nostro tempo,
abbiano avuto la stessa opinione sulla sostanza primordiale perché
chiamavano Oceano e Teti i padri della generazione e perché
dicevano che gli dei giurano per l'acqua, che quei poeti chiamavano
Stige. Si onora sempre ciò che è più antico e niente è più
onorato del giuramento. Non è poi sicuro che quest'opinione sulla
sostanza primordiale delle cose sia talmente antica, ma si dice
tuttavia, che questo fosse il pensiero di Talete sulla causa prima.”
Aristotele
3
Il cui termine è stato quasi certamente coniato dal matematico
Pitagora di Samo.
4Aristotele,
Metafisica I,2,982b
5Aristotele,
Metafisica I,2,982b
6Platone,
"Simposio”
7Andrea
Cusimano, PER UNA RIFONDAZIONE DELLA METAFISICA: CRITICA DELLA
RAGIONE POSTMODERNA,
presentazione
Diego Fusaro, Il Prato Editore, Giugno 2011
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