martedì 29 maggio 2012

Che cos'è la filosofia?


Il termine filosofia nasce dall'unione di Philein (amore) e Sophìa (sapere). Quindi, alla domanda “Che cos'è la filosofia?”, possiamo rispondere semplicemente che è amore per il sapere.
Cerchiamo di chiarire questa asserzione così generica. La filosofia, fin dalle sue origini, ha avuto delle connotazioni ben precise, e cioè la ricerca del sapere si è configurata come svalutazione del valore ontologicamente fondante del mito e, conseguentemente, come scrutamento del reale con occhi “scientifici”, cioè con gli occhi di colui che persegue la verità. Questa non è più ritrovata nei racconti cosmogonici, ma in cause fisiche ben precise.
Inutile dire che la filosofia nasce in Grecia nel VI sec. a.C. e vede come iniziatore Talete, un saggio vissuto nell'antica città di Mileto.
Talete, più che filosofo, fu un sapiente, tanto che Apuleio scrive:
« Talete di Mileto fu senza dubbio il più importante tra quei sette uomini famosi per la loro sapienza - e infatti tra i Greci fu il primo scopritore della geometria, l'osservatore sicurissimo della natura, lo studioso dottissimo delle stelle: con poche linee scoprì cose grandissime, la durata delle stagioni, il soffiare dei venti, il cammino delle stelle, il prodigioso risuonare del tuono, il corso obliquo delle costellazioni, l'annuale ritorno del sole; fu lui a scoprire il crescere della luna che nasce, il diminuire di quella che cala e gli ostacoli di quella che s'inabissa1 »
Quindi, Talete, oltre ad interrogarsi dell'archè2, e cioè del principio primo, della causa prima, da cui ha avuto origine il mondo, ha operato indagini anche in campo astronomico (riuscendo a predire un eclissi), in campo geometrico (enunciando dei teoremi) e in campo cosmologico (formulando un'idea ben precisa circa la struttura del cosmo).
La grandezza di questo saggio consiste nel ricercare una causa fisica alla generazione del mondo, che egli ritrova nell'acqua, forse perché nota che la vita è sempre legata all'umido. La ricerca di una causa fisica è indagine del reale secondo il rifiuto consapevole del mito e degli dei. Qui sta la grandezza di Talete e qui possiamo cogliere un elemento fondamentale della filosofia, e cioè la filosofia è, fin dalle sue origini, ricerca finalizzata all'acquisizione di conoscenze mediante una metodologia razionale che ci permetta di cogliere la verità dei fenomeni presi in esame.
Un processo veritativo quello filosofico che ha fatto essere questa disciplina fin da subito una indagine spregiudicata e critica verso le opinioni comuni.
Caratteristiche queste che ancora ritroviamo fortemente nella filosofia.
Ma Talete ci porta ad evincere un'altra caratteristica della filosofia: quella di essere una disciplina totale, nel senso di rivolgersi a tutti gli ambiti del sapere. Questa sua totalità del sapere è venuta meno soltanto alla fine del milleottocento, con lo specializzarsi delle varie discipline.
La definizione di filosofia3 come ricerca del sapere è una definizione sempre attuale che ci porta a concludere che qualsiasi ricerca, al di là dell'ambito scientifico in cui ha origine, se finalizzata all'acquisizione di nuove conoscenze, è una ricerca filosofica.
Ma ogni conoscenza necessita di una volizione all'acquisizione di essa. Volizione, che è affermata già da Aristotele, che scrive:
Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli altri astri, o i problemi riguardanti la generazione dell'intero universo. Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere; ed è per questo che anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicchè, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercano il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica. E il modo stesso in cui si sono svolti i fatti lo dimostra: quando già c'era pressoché tutto ciò che necessitava alla vita ed anche all'agiatezza ed al benessere, allora si incominciò a ricercare questa forma di conoscenza. E' evidente, dunque, che noi non la ricerchiamo per nessun vantaggio che sia estraneo ad essa; e, anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero colui che è fine a se stesso e non è asservito ad altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, la diciamo libera: essa sola, infatti, è fine a se stessa.”4
Ed è proprio la capacità di meravigliarci, da cui scaturisce la curiosità, che ci mette nella condizione volitiva dell'acquisizione di nuove gnoseologie.
Ed è, inoltre, inutile dire che non si può fare a meno di filosofia, perché:
Chi pensa sia necessario filosofare deve filosofare e chi pensa non si debba filosofare deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene di qui, dando l’addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vaniloqui.5
Infine, la filosofia non è disciplina accessibile soltanto a pochi iniziati, anzi la sua fertilità è data dal fatto che tutti possono filosofare, e ciò perché
"[…] quelli che filosofano, […] non […] sono né i sapienti né gli ignoranti […] sono quelli a metà tra questi due […]. 6
Sono, quindi, gli uomini comuni, coloro che non sono totalmente ignoranti – perché se così fossero non possederebbero gli strumenti per interrogarsi, né avvertirebbero l'esigenza di farlo – e che non sono totalmente sapienti – perché se così fossero, non avrebbero l'esigenza di interrogarsi su alcunché, dato che tutto saprebbero.
Ci si potrebbe, però, porre un'altra domanda, e cioè “a cosa serve la filosofia oggi?”.
La filosofia oggi, forse più di ieri, ha il compito ben preciso di farci giungere alla verità. Una verità che non è quella delle scienze esatte. Le quali, ormai, si sono emancipate dal discorso speculativo per concentrasi nella formulazione di proposizioni descrittive. Ma che è svelamento dell'essere tramite l'esistenza del singolo ente7.
La filosofia è, quindi, metafisica nel senso più alto del termine. Ed è un sapere fine a se stesso, non produttivo. Ma è un sapere la cui ricerca e la cui acquisizione cambia la qualità della propria vita, che diventa presente decisionale, e quindi esistenza.
Ci si potrebbe, inoltre, porre un ulteriore interrogativo, e cioè “si può fare a meno della filosofia?”.
Ovviamente no! Il filosofare è un'esigenza imprescindibile dell'essere umano. Il rifiutare tale verità significherebbe negare la componente più importante dell'individuo, e cioè la sua componente creativa e gestionale. Componente questa che lo induce necessariamente innanzi al perenne interrogativo. Quest'ultimo, però, deve essere sempre accompagnato dalla consapevolezza di sapere di essere un ente fondamentalmente diverso dagli animali: una diversità che è data dalla capacità di meravigliarsi, di porsi, quindi, al di là della natura per ponderarla in una maniera che è necessariamente creazione nuova del fenomeno.
1Apuleio
2“Dei primi filosofi, i più hanno pensato che vi siano solo principi materiali delle cose. Ciò da cui le cosa hanno il loro essere e da cui si originano e in cui corrompendosi si risolvono – poiché la sostanza permane pur mutando negli accidenti – dicono sia l'elemento primordiale e, essa sostanza, il principio delle cose; per questo pensano che niente si generi o perisca in assoluto, dato che tale sostanza permane in eterno... Ci dev'essere infatti una qualche sostanza, una o più d'una, da cui si generi il resto pur restando essa immutata. Quanto poi al numero e alla forma di tale principio non hanno tutti la stessa opinione: Talete, l'iniziatore di questa filosofia, dice per parte sua che esso è l'acqua (e per questo sostiene che la terra poggia sull'acqua) e tale opinione gli viene forse dall'aver osservato che il nutrimento di tutte le cose è umido e che perfino il caldo si genera dall'acqua e vive di essa (ma ciò onde tutte le cose si originano è il loro principio); da questo era stato indotto a tale opinione e anche dal fatto che ogni germe ha una natura umida; e anche l'acqua è il principio della natura di ciò che è umido. Vi sono poi alcuni che credono che i primi antichissimi teologi, vissuti molto prima del nostro tempo, abbiano avuto la stessa opinione sulla sostanza primordiale perché chiamavano Oceano e Teti i padri della generazione e perché dicevano che gli dei giurano per l'acqua, che quei poeti chiamavano Stige. Si onora sempre ciò che è più antico e niente è più onorato del giuramento. Non è poi sicuro che quest'opinione sulla sostanza primordiale delle cose sia talmente antica, ma si dice tuttavia, che questo fosse il pensiero di Talete sulla causa prima.” Aristotele
3 Il cui termine è stato quasi certamente coniato dal matematico Pitagora di Samo.
4Aristotele, Metafisica I,2,982b
5Aristotele, Metafisica I,2,982b
6Platone, "Simposio”
7Andrea Cusimano, PER UNA RIFONDAZIONE DELLA METAFISICA: CRITICA DELLA RAGIONE POSTMODERNA, presentazione Diego Fusaro, Il Prato Editore, Giugno 2011

Nessun commento:

Posta un commento