martedì 29 maggio 2012

Tommaso d’Aquino


Nasce nel 1225-1226 a Roccasecca e nel 1243 entra nell’ordine dei domenicani. Compì gli studi universitari prima a Parigi e poi a Colonia. Enorme è la sua produzione filosofica: Commento alle sentenze, De ente e de essentia, Questiones de veritade, Summa contro Gentiles, Quaestiones disputatae de potentia e de spiritualibus creaturis, De divinis nominibus, Summa teologica, De redimine principum, De unitate intellectus contra averroistas, De aeternitate mundi.
Tommaso si viene a configurare come una delle menti filosofiche più raffinate del medioevo e, certamente, come la mente speculativa metafisica più raffinata dell'occidente.
Egli opera una distinzione ben precisa tra l’essenza e l'esistenza. Ed infatti, l'essenza è possibile, ma non necessaria. Se, per esempio, pensiamo ad un uomo non è detto che necessariamente esista. Ciò significa che l’essenza è distinta dall’esistenza. Tommaso distingue tra esseri materiali ed esseri spirituali. Negli esseri materiali l’essenza è il risultato dell'unione, e cioè del sinolo di materia e forma, il quale costituisce la sostanza.
Tale sostanza diviene esistente mediante l’atto di essere. Le sostanze spirituali (le intelligenze motrici dei cieli e gli angeli) sono forme pure senza materia. Non sono però atti puri, in quanto sono finiti e l’atto d’essere viene dato da Dio. Esso è l’Atto Puro, desistente necessariamente, per sua stessa essenza, e che come tale è incausato e infinito. L’esistenza di Dio non può essere dimostrata con le argomentazioni di Anselmo, infatti tale argomentazione comporta un ingiustificato passaggio dall’esse in intellectu all’esse in re. Tommasso passa quindi ad indicare cinque vie per dimostrare l’esistenza di Dio:
  1. partendo dalla fisica aristotelica riafferma il classico argomento che suona in tal modo: “tutto ciò che si muove è mosso da un altro”. Secondo tale teoria si giunge necessariamente ad un primo motore non mosso come principio di movimento. Questo primo motore è Dio;
  2. il secondo argomento, anch'esso classico e ripreso dalla fisica aristotelica, parte dalla nozione di causa efficiente, esso può essere sintetizzato con queste parole: nell’ordine delle cause non si può andare all’infinito, dunque si deve arrivare ad una causa incausata, e questa è Dio;
  3. la terza prova consegue necessariamente dalla distinzione operata da Tommaso tra essere ed esistente: gli esseri contigenti sono, infatti, quelli in cui l’esistenza è distinta dall’essenza e per questo rinviano a un essere in cui essenza e esistenza coincidono, causa dell’esistenza di tutti gli esseri contigenti;
  4. la quarta prova, riprendendo le istante neoplatoniche, osserva che si ha una graduale perfezione nel mondo, che porta ad una perfezione massima, che è Dio;
  5. l'ultima prova parte della constatazione che ogni cosa tende ad un fine ben preciso, e, pertanto, si deve avere un Essere Primo che ha dato ordine al tutto. Questo essere è il Dio biblico.
Tommaso afferma che si ha proporzione (ovvero analogia) tra la causa (Dio) e gli effetti (le creature). Si può dire, quindi, che la causa possiede in sé tutte le perfezioni che si trovano nell’effetto. Tali perfezioni (essere, bontà, saggezza, intelligenza), che esistono limitate e separate nelle creature, esistono in Dio nel massimo grado di perfezione. Di Dio possiamo parlare solo per analogia,e la sua natura ci rimane inconoscibile. In ciò il nostro filosofo segue la teoria della teologia negativa, per cui di Dio non possiamo affermare nulla.
In contrapposizione con i teologi agostiniani Tommaso afferma che la creazione del mondo nel tempo non è filosoficamente dimostrabile, come non è neppure dimostrabile l’eternità del mondo. Per Tommaso gli esseri creati sono nature reali, esistenti nella loro concreta individualità, non imitazioni, partecipazioni di forme eterne. Nella Summa contro gentiles Tommaso polemizza contro coloro che negano ogni valore causale agli esseri reali, affermando che è Dio che interviene in ogni momento. Pertanto, per esempio, il fuoco non scalda perché è causa di calore, bensì perché interviene Dio ogni volta che si accende, rendendolo caldo. Tale teoria, che svuota di ogni valore le cause, prende il nome di tesi occasionalista, e vide come maggiori rappresentanti i teologi musulmani. Per Tommaso è assurdo pensare che Dio possa aver creato degli esseri privi di ogni capacità causativa, e cioè perfettamente inutili. Dio, infatti, ha creando l'uomo a propria immagine, gli ha dato tutta quella dignità che si esplica nel suo libero agire.
Gli esseri creati si dividono in sostanze spirituali e sostante corporee. Le sostanze spirituali sono gli angeli, le forme pure, che muovono i cieli. Esse sono prive di materia, e, poiché per Tommaso la materia è principio di individuazione, queste forme pure non sono individuate all’interno della specie, ma costituiscono ognuno una sola e intera specie. Al vertice delle sostanze corporee si ha l’uomo, sinolo di materia e forma, corpo e anima. L’anima è la forma del corpo. L’anima razionale è un unico principio per cui l’uomo vive, sente, intende; ma mentre l’anima è legata al corpo nell'attività di vivere e sentire, è indipendente da esso per quella operazione sua propria che è l’intendere. L’intendere, come capacità di conoscere ciò che è universale e necessario, mostra che l’anima razionale svolge un’attività autonoma rispetto al corpo. Svolge cioè un’attività spirituale, e ciò prova che essa è sussistente per sé, indipendentemente dalla materia. La dottrina della conoscenza di Tommaso d’Aquino riprende l’insegnamento di Aristotele. Per cui la conoscenza deriva dal sensibile tramite i cinque sensi. Tramite essi si formano le immagini delle cose, le quali sono conservate nella memoria sensitiva. Le immagini sono connesse tra loro da una facoltà di comparazione e di giudizio che si chiama aestimativa per gli animali e cogitativa nell’uomo. L’uomo è, però, capace di una conoscenza superiore alla sensitiva. E tale conoscenza è propria dell’intelletto. Esso coglie l’astratto delle cose, ovvero i concetti universali, e si realizza con la collaborazione dell’intelletto potenziale o possibile e l’intelletto agente. Il primo è la capacità di conoscere, di ricevere l’universale; il secondo è la capacità di astrazione, di formulazione degli universali. Tommaso afferma che sia l’intelletto possibile che l’agente sono individuali, ciascuno in un uomo; e non unico per tutti come dicono gli averroismi. Se fosse unico, infatti, si avrebbe un unico pensiero comune per tutti. Nell’intelletto si ha la radice della libera scelta della volontà. All'intelletto, pertanto, spetta la conoscenza del bene – cui tende ogni essere razionale – e dei mezzi per ottenerlo. In Tommaso l’intelletto è il fondamento della libertà.
La moralità presuppone la presenza nel soggetto di una legge divina, una tensione naturale al bene. Questa trova il suo completamento nell’etica cristiana della redenzione. Muovendo dalla precisa rivalutazione del concetto di natura, Tommaso d’Aquino ricava il fondamento dello Stato dalla natura dell’uomo: l’uomo è per natura un animale socievole, quindi gli uomini nello stato di innocenza sarebbero vissuti in società. Ma non può esserci vita sociale in una moltitudine, senza il comando di uno, il quale abbia di mira il bene comune. È propria la considerazione del bene comune a rendere giusto il governo di una società di uomini liberi, mentre ingiusto sarà il governo che mira al bene privato del governatore. Si avranno così varie forme di governo giuste (monarchia, aristocrazia, politeia) o ingiuste (tirannide, oligarchia, democrazia). Tommaso sottolinea l’importanza fondamentale del bene comune rispetto al bene individuale. Infine, opera una dicotomia tra regnum e sacerdotium. Il primo si occupa del bene comune in ambito naturale; il secondo indirizza gli uomini al fine ultimo. Il secondo svolge un ruolo di supremazia verso il primo. Supremazia che non nega la validità dell’ordine politico, così come la grazia non nega, ma perfeziona la natura umana.
La ripresa del pensiero aristotelico da parte di Tommaso non comportava solo una piena rivalutazione dei compiti della ragione, e una concezione della natura che riconosce agli esseri creati un proprio autonomo valore. Nel lavoro teologico di Tommaso è evidente la sua preoccupazione non solo di distinguere filosofia e teologia, ma anche di congiungerle, senza però fargli perdere le loro reciproche differenze. Anzitutto è possibile una teologia naturale che costituisce il culmine della filosofia ed ha per oggetto alcune verità che, contenute nella rivelazione, sono pienamente accessibili alla ragione. Ancora di più è possibile una teologia (o sacra scrittura) che si fonda su certe verità di fede rivelata, e cioè sugli articoli di fede. Su tali articoli di fede si costruisce una teologia come scienza. Scienza naturale e scienza sacra si integrano a vicenda in un complesso di sapere che si riallaccia l’uno con l’altro.

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