Nasce
nel 1225-1226 a Roccasecca e nel 1243 entra nell’ordine dei
domenicani. Compì gli studi universitari prima a Parigi e poi a
Colonia. Enorme è la sua produzione filosofica: Commento
alle sentenze, De ente e de essentia, Questiones de veritade, Summa
contro Gentiles, Quaestiones disputatae de potentia e de
spiritualibus creaturis, De divinis nominibus, Summa teologica, De
redimine principum, De unitate intellectus contra averroistas, De
aeternitate mundi.
Tommaso
si viene a configurare come una delle menti filosofiche più
raffinate del medioevo e, certamente, come la
mente speculativa metafisica più raffinata dell'occidente.
Egli
opera una distinzione ben precisa tra l’essenza
e l'esistenza. Ed infatti, l'essenza è possibile, ma non necessaria.
Se, per esempio, pensiamo ad un uomo non è detto che necessariamente
esista. Ciò significa che l’essenza è distinta dall’esistenza.
Tommaso distingue tra esseri materiali ed esseri spirituali. Negli
esseri materiali l’essenza è il risultato dell'unione, e cioè del
sinolo di materia e forma, il quale costituisce la sostanza.
Tale
sostanza diviene esistente mediante l’atto di essere. Le sostanze
spirituali (le intelligenze motrici dei cieli e gli angeli) sono
forme pure senza materia. Non sono però atti puri, in quanto sono
finiti e l’atto
d’essere
viene dato da Dio. Esso è l’Atto Puro, desistente necessariamente,
per sua stessa essenza, e che come tale è incausato e infinito.
L’esistenza di Dio non può essere dimostrata con le argomentazioni
di Anselmo, infatti tale argomentazione comporta un ingiustificato
passaggio dall’esse in intellectu all’esse in re.
Tommasso passa quindi ad indicare cinque vie per dimostrare
l’esistenza di Dio:
- partendo dalla fisica aristotelica riafferma il classico argomento che suona in tal modo: “tutto ciò che si muove è mosso da un altro”. Secondo tale teoria si giunge necessariamente ad un primo motore non mosso come principio di movimento. Questo primo motore è Dio;
- il secondo argomento, anch'esso classico e ripreso dalla fisica aristotelica, parte dalla nozione di causa efficiente, esso può essere sintetizzato con queste parole: nell’ordine delle cause non si può andare all’infinito, dunque si deve arrivare ad una causa incausata, e questa è Dio;
- la terza prova consegue necessariamente dalla distinzione operata da Tommaso tra essere ed esistente: gli esseri contigenti sono, infatti, quelli in cui l’esistenza è distinta dall’essenza e per questo rinviano a un essere in cui essenza e esistenza coincidono, causa dell’esistenza di tutti gli esseri contigenti;
- la quarta prova, riprendendo le istante neoplatoniche, osserva che si ha una graduale perfezione nel mondo, che porta ad una perfezione massima, che è Dio;
- l'ultima prova parte della constatazione che ogni cosa tende ad un fine ben preciso, e, pertanto, si deve avere un Essere Primo che ha dato ordine al tutto. Questo essere è il Dio biblico.
Tommaso
afferma
che si ha proporzione (ovvero analogia) tra la causa (Dio) e gli
effetti (le creature). Si può dire, quindi, che la causa possiede
in sé tutte le perfezioni che si trovano nell’effetto. Tali
perfezioni (essere, bontà, saggezza, intelligenza), che esistono
limitate e separate nelle creature, esistono in Dio nel massimo grado
di perfezione. Di Dio possiamo parlare solo per analogia,e la sua
natura ci rimane inconoscibile. In ciò il nostro filosofo segue la
teoria della teologia
negativa,
per cui di Dio non possiamo affermare nulla.
In
contrapposizione con i teologi agostiniani Tommaso afferma che la
creazione del mondo nel tempo non è filosoficamente dimostrabile,
come non è neppure dimostrabile l’eternità del mondo. Per Tommaso
gli esseri creati sono nature reali, esistenti nella loro concreta
individualità, non imitazioni,
partecipazioni di forme eterne. Nella Summa
contro gentiles
Tommaso polemizza contro coloro che negano ogni valore causale agli
esseri reali, affermando che è Dio che interviene in ogni momento.
Pertanto, per esempio, il fuoco non scalda perché è causa di
calore, bensì perché interviene Dio ogni volta che si accende,
rendendolo caldo. Tale teoria, che svuota di ogni valore le cause,
prende il nome di tesi occasionalista, e vide come maggiori
rappresentanti i teologi musulmani. Per Tommaso è assurdo pensare
che Dio possa aver creato degli esseri privi di ogni capacità
causativa, e cioè perfettamente inutili. Dio, infatti, ha creando
l'uomo a propria immagine, gli ha dato tutta quella dignità che si
esplica nel suo libero agire.
Gli
esseri creati si dividono in sostanze spirituali e sostante corporee.
Le sostanze spirituali sono gli angeli, le
forme pure, che muovono i cieli. Esse sono prive di materia, e,
poiché per Tommaso la materia è principio di individuazione, queste
forme pure non sono individuate all’interno della specie, ma
costituiscono ognuno una sola e intera specie. Al vertice delle
sostanze corporee si ha l’uomo, sinolo di materia e forma, corpo e
anima. L’anima è la forma del corpo. L’anima razionale è un
unico principio per cui l’uomo vive, sente, intende; ma mentre
l’anima è legata al corpo nell'attività di vivere e sentire, è
indipendente da esso per quella operazione sua propria che è
l’intendere. L’intendere, come capacità di conoscere ciò che è
universale e necessario, mostra che l’anima razionale svolge
un’attività autonoma rispetto al corpo. Svolge cioè un’attività
spirituale, e ciò prova che essa è sussistente per sé,
indipendentemente dalla materia. La dottrina della conoscenza di
Tommaso d’Aquino riprende l’insegnamento di Aristotele. Per cui
la conoscenza deriva dal sensibile tramite i cinque sensi. Tramite
essi si formano le immagini delle cose, le quali sono conservate
nella memoria sensitiva. Le immagini sono connesse tra loro da una
facoltà di comparazione e di giudizio che si chiama aestimativa per
gli animali e cogitativa nell’uomo. L’uomo è, però, capace di
una conoscenza superiore alla sensitiva. E tale conoscenza è propria
dell’intelletto. Esso coglie l’astratto delle cose, ovvero i
concetti universali, e si realizza con la collaborazione
dell’intelletto potenziale o possibile e l’intelletto agente. Il
primo è la capacità di conoscere, di ricevere l’universale; il
secondo è la capacità di astrazione, di formulazione degli
universali. Tommaso afferma che sia l’intelletto possibile che
l’agente sono individuali, ciascuno in un uomo; e non unico per
tutti come dicono gli averroismi. Se fosse unico, infatti, si avrebbe
un unico pensiero comune per tutti. Nell’intelletto si ha la radice
della libera scelta della volontà. All'intelletto, pertanto, spetta
la conoscenza del bene – cui tende ogni essere razionale – e dei
mezzi per ottenerlo. In Tommaso l’intelletto è il fondamento della
libertà.
La
moralità presuppone la presenza nel soggetto di una legge divina,
una tensione naturale al bene. Questa trova il suo completamento
nell’etica cristiana della redenzione. Muovendo dalla precisa
rivalutazione del concetto di natura, Tommaso d’Aquino ricava il
fondamento dello Stato dalla natura dell’uomo: l’uomo
è per natura un animale socievole, quindi gli uomini nello stato di
innocenza sarebbero vissuti in società.
Ma non può esserci vita sociale in una moltitudine, senza il comando
di uno, il quale abbia di mira il bene comune. È propria la
considerazione del bene comune a rendere giusto il governo di una
società di uomini liberi, mentre ingiusto sarà il governo che mira
al bene privato del governatore. Si avranno così varie forme di
governo giuste (monarchia, aristocrazia, politeia) o ingiuste
(tirannide, oligarchia, democrazia). Tommaso sottolinea l’importanza
fondamentale del bene comune rispetto al bene individuale. Infine,
opera una dicotomia tra regnum e sacerdotium. Il primo si occupa del
bene comune in ambito naturale; il secondo indirizza gli uomini al
fine ultimo. Il secondo svolge un ruolo di supremazia verso il primo.
Supremazia che non nega la validità dell’ordine politico, così
come la grazia non nega, ma perfeziona la natura umana.
La
ripresa del pensiero aristotelico da parte di Tommaso non comportava
solo una piena rivalutazione
dei compiti della ragione, e una concezione della natura che
riconosce agli esseri creati un proprio autonomo valore. Nel lavoro
teologico di Tommaso è evidente la sua preoccupazione non solo di
distinguere filosofia e teologia, ma anche di congiungerle, senza
però fargli perdere le loro reciproche differenze. Anzitutto è
possibile una teologia naturale che costituisce il culmine della
filosofia ed ha per oggetto alcune verità che, contenute nella
rivelazione, sono pienamente accessibili alla ragione. Ancora di più
è possibile una teologia (o sacra scrittura) che si fonda su certe
verità di fede rivelata, e cioè sugli articoli di fede. Su tali
articoli di fede si costruisce una teologia come scienza. Scienza
naturale e scienza sacra si integrano a vicenda in un complesso di
sapere che si riallaccia l’uno con l’altro.
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