martedì 29 maggio 2012

La filosofia araba


La civiltà musulmana iniziò il suo periodo di maggiore splendore culturale nel IX secolo d.C. La prima scuola venne fondata nell’ 832, a Bagdad. La cultura araba aveva subito l'influsso di una serie di opere dell'antichità filosofica classica, in particolare dei principali scritti del pensiero greco. Molte sono le connotazioni comune tra la filosofia araba e quella occidentale, ed, infatti, entrambe cercano di accedere razionalmente alla verità rivelata dai testi sacri. La filosofia araba apprende e rielabora due filoni principali: quello neoplatonico, seguito dai primi filosofi e da Avicenna, e quello aristotelico, seguito da Averroè, il più grande pensatore musulmano.
Al-Kindi (morto nell’873) elabora la dottrina aristotelica dell’intelletto attivo, riprendendo i commenti dei neoplatonici alle opere di Aristotele. Al-Kindi afferma l’esistenza di un unico intelletto agente, per mezzo del quale i singoli intelletti degli individui passano dalla potenza all’atto. Il fine ultimo della filosofia è l’avvicinamento a Dio.
Al-Farabi (morto nel 950) interpreta Aristotele secondo le tematiche del neoplatonismo. Nel suo sistema filosofico Dio viene visto come l'unico essere necessario e libero, nel quale esistenza ed essenza vengono a coincidere. Negli esseri finiti, invece, essenza ed esistenza sono distinte, nel senso che l'essenza non coincide necessariamente con l'esistenza. Ciò connota la contingenza di tutti gli altri esseri rispetto a Dio. Quindi il mondo non è né autonomo rispetto a Dio né necessario. Può, infatti, esistere o perdere la propria esistenza.

Nessun commento:

Posta un commento