mercoledì 27 novembre 2013

Alessandro Magno


La Grecia del IV secolo a.C. era stata spettatrice di duri scontri tra Sparta, Tebe ed Atene. Queste città-stato si confrontavano per l'egemonia sul mondo greco. Atene era riuscita a riprendere vigore dopo la disastrosa sconfitta subita da Sparta. Nonostante ciò, essa non aveva più il predominio del territorio. Nel frattempo si andava presentando una nuova minaccia, proveniente dal nord. Era il regno di Macedonia, il cui popolo era semi-greco e semi-barbaro.

La Macedonia, da piccolo regno limitrofo di poca importanza, si trasformò in una grande potenza grazie all'opera del sovrano Filippo II (382-336 a.C.).Questi, con intrighi e lotte, riuscì a conquistare tutto il continente greco. Le sue intenzioni, però, non finirono qui e si rivolsero verso l'Impero Persiano, l'antico potente nemico della grecità. Le sue mire espansionistiche non poterono realizzarsi, perché venne assassinato nel 336 a.C. Ciò, però, non significò la fine del progetto, che, anzi, venne ripreso dal figlio Alessandro. Nel 334 a.C. Alessandro attraversò l'Ellesponto penetrando nell'Asia Minore con un esercito di 5000 cavalieri e 32.000 fanti. Ciò diede inizio ad una delle più stupefacenti vicende storiche: l'esercito di Alessandro attraversò tutta l'Asia Minore, sconfisse un esercito persiano inviato da Dario III, conquistò l'Egitto, la Mesopotamia, penetrò l'intera Persia, la Battriana, l'Afganistan e giunse persino al fiume Indo. A questo punto, l'esercito, stanco e prostrato dalle lunghe battaglie, si rifiutò di andare oltre. Alessandro, contro la sua volontà, dovette tornare indietro. Inaspettatamente si ammalò di febbri malariche. Morì in Babilonia alla giovane età di 32 anni. In soli 12 anni era diventato il padrone di quasi tutto il mondo orientale conosciuto.

Subito dopo la sua morte l'impero cadde nel caos. Ciò fu dovuto essenzialmente al fatto che Alessandro, tutto intento nella sua politica espansionistica, aveva avuto poco tempo per organizzare il suo impero. Vi furono 50 anni di lotte intestine tra i suoi generali e i suoi congiunti per la supremazia. Alla fine la questione venne risolta con la spartizione dell'impero in tre regni, tutti governati da un re macedone: Tolomeo in Egitto, Antigono in Macedonia e in Grecia, Seleuco in Siria e in Mesopotamia. Questi sovrani si rifecero alle usanze degli orientali ed adottarono il loro modello assolutistico, per cui il sovrano era ritenuto un dio in terra, e, in quanto tale, vi si doveva massima obbedienza. Cessa, quindi, la democrazia, anche se il mondo di Alessandro, detto Ellenistico, conservò una fiorente unità culturale. Il Greco divenne la lingua franca di tutto il Mediterraneo orientale e l'arte greca si diffuse sino in India. Il commercio ebbe dei fiorenti risvolti e nuove vie mercantili collegarono, attraverso la Persia, il mondo del Mediterraneo con la Cina. Ad Alessandria d'Egitto venne istituita la biblioteca più grande del mondo antico. Si ebbero anche notevoli innovazioni in campo tecnico e scientifico. I Greci, infatti, poco propensi all'utilizzo del metodo sperimentale, iniziarono, grazie all'incontro con la cultura orientale, a dedicarsi all'osservazione e a sviluppare un sapere non solo contemplativo, ma anche produttivo. Sono di questo periodo le scoperte con finalità pratiche di Archimede e di Eratostene. In medicina si ebbero notevoli progressi grazie agli studi di Erofilo (300 a.C. circa), che descrive in maniera accurata e dettagliata il cervello ed i nervi.

Si diffusero le religioni orientali, che offrivano maggiore conforto e sicurezza agli uomini del tempo, fortemente provati da un'epoca di cambiamento. In seguito avrà larghissima diffusione il Cristianesimo. Prima di ciò si fece strada, però, un altro grande impero, quello romano, che assoggettò tutto quanto il territorio ellenistico.


Filosofia ed arte in Grecia


Le conquiste greche in campo scientifico ed umanistico furono di una tale importanza che il mondo contemporaneo non sarebbe così com'è se loro non fossero esistiti. Ciò desta ancora di più meraviglia se si pensa che furono ben pochi in confronto ai milioni di persone che hanno costituito imperi nell'antichità. I Greci furono i fondatori del pensiero scientifico, della medicina, della matematica, dell'arte drammatica, della storia, della poesia lirica e della filosofia. Ciò fu possibile perché essi non furono soverchiati da governanti crudeli e non furono fatti schiavi da altre nazioni. Ciò li mise nella condizione di essere liberi di ricercare e di utilizzare la ragione per indagare le cose della natura. L'organizzazione del sapere unita ad un amore sincero per la conoscenza li portò a compiere delle scoperte mirabili.

Talete di Mileto (640-546 a.C. circa) affermò che ogni cosa della natura ha come principio un'unica sostanza, l'acqua. Nel 400 a.C. Democrito offrì una spiegazione meccanicistica e materialistica della realtà: tutto l'universo era composto da milioni di piccolissimi atomi, fatti dalla medesima sostanza, ma combinati tra loro in maniera diversa in modo tale da formare cose differenti.

I massimi pensatori del mondo greco furono tre: Socrate (470.399 a.C. circa), il discepolo Platone (427-347 a.C) e il discepolo di Platone, Aristotele (384-322 a.C.). essi inventarono il ragionamento logico ed effettuarono ricerche che vertevano su più campi.

La matematica con i Greci assunse un significato del tutto nuovo. Già secoli prima gli Egiziani ed i Babilonesi si erano serviti della matematica per costruire piramidi e per misurare campi. La matematica ebbe, però, una mera applicazione pratica. Con i Greci, invece, essa stessa diventa un modo di pensare.

Tre sono i matematici che si distinsero su tutti: Pitagora (VI secolo a.C.), Euclide (300 a.C. circa) ed Archimede (287-212 a.C.). Essi ricercarono i fondamenti, i principi primi dell'aritmetica e della geometria. Gli Elementi di Euclide fu un testo di così tanta importanza da essere stato per 2000 anni l'opera fondamentale di geometria. La matematica, quindi, venne liberata da applicazioni pratiche e divenne un metodo da applicare all'esperienza per la ricerca e la risoluzione di problemi.

L'applicazione del metodo matematico permise ad Archimede di inventare le vite senza fine, che serviva per sollevare l'acqua; e di scoprire il sistema per trovare il peso specifico dei metalli (ossia il rapporto tra il loro peso e quello di un eguale volume d'acqua). Eratostene (III secolo a.C.) utilizzò le proprie conoscenze geometriche ed astronomiche per determinare le misure della terra, concepita da lui e dai Greci in genere di forma sferica. Il medico Ippocrate (460-377 a.C.) mise da parte la magia e cercò di curare le malattie tramite un metodo basato sull'osservazione del sintomo e sull'analisi della malattia.

I Greci elaborarono un'arte che ha alla base la creazione del concetto di bello così come ancora oggi noi lo intendiamo. Bello è, infatti, ciò che è armonico e proporzionale. Anche l'arte, pertanto, era legata alla matematica e l'opera doveva sottostare a delle precise norme di proporzione. La scultura si andò sempre più ad allontanarsi dalla rigidità delle forme egizie e prese delle connotazioni realistiche. Molteplici erano le figure rappresentate: eroi, soldati, nobili, governanti, ma anche divinità. Queste ultime venivano concepite di forma umana.

I Greci, oltre ad eccellere nella scultura, inventarono arti nuove: la poesia lirica, che raggiunse il massimo sviluppo nel VII secolo a.C.; la storia con Tucidite ed Erotodo (V secolo a.C.) e l'arte drammatica. Tre furono i grandi autori drammatici: Eschilo (525-456 a.C.), Sofocle (496-406 a.C.) ed Euripide (480-406 a.C.).Essi ebbero la capacità di trasformare le antiche processioni religiose in opere drammatiche con parti interpretate da personaggi ben distinti. I critici di oggi classificano tali opere come quelle tragedie migliori.

I Greci, però, non utilizzarono la loro intelligenza per l'invenzione di macchine ed utensili che risparmiassero loro fatica. Ciò per vari motivi. In primis non si aveva bisogno di una tecnologia che limitasse il dispendio di energia fisica. Ciò perché era diffusissima la schiavitù e, quindi, inutile la meccanizzazione. I Greci, inoltre, consideravano il mondo come una falsa copia del mondo vero (concezione platonica). Conseguentemente, l'osservazione basata sull'esperienza era ritenuta inutile. Infine, i Greci utilizzavano lettere invece di numeri, con il risultato di un effettivo limite dell'applicazione pratica della matematica.

Vita e società ad Atene


Le città-stato greche non erano per nulla paragonabili alle nostre, abitate da centinaia di migliaia di individui. Si trattava, infatti, di piccoli centri, ove, nella maggior parte dei casi tutti gli abitanti si conoscevano. I modi, gli usi e i costumi di un cittadino ateniese erano del tutto diversi dai nostri. Ci sembra interessante mostrare a grandi linee la quotidianità ad Atene nel V secolo a.C. A quel tempo un bottegaio, un falegname, un vasaio o un artigiano viveva in una casa dal pavimento di terra e dalle pareti di pietra. I muri esterni dell'abitazione erano privi di finestre. Ciò perché tutte le stanze guardavano verso l'interno, ove si aveva il cortile.

La moglie ogni giorno dettava le cose da fare allo schiavo o agli schiavi. Le loro attività erano molteplici e varie: filare e tessere il lino e la lana per farne delle tuniche e dei mantelli, che venivano indossati dai familiari. Le bimbe ricevevano un'educazione finalizzata alla gestione della casa. La donna greca, infatti, svolgeva quasi unicamente il compito di governare la dimora familiare. Ad ella non veniva impartita alcuna educazione. Al contrario, i maschietti andavano a scuola, ove imparavano leggere e scrivere utilizzando un alfabeto ereditato dai loro antenati da parte dei Fenici. Si studiava poesia, geometria e ginnastica.

La vita di un ateniese ricco era molto lussuosa e sontuosa. Egli poteva possedere anche mille schiavi, ossia uomini che erano stati bottino nelle guerre contro altre città-stato e che ora venivano impiegati in qualsiasi genere di lavoro: dall'amministrazione delle terre e dall'educazione dei lavori domestici, sino all'estenuante mansione di scavare nelle miniere di argento.

Cosa ben diversa era per i poveri, la cui vita non era molto diversa da quella di uno schiavo; come loro svolgevano mansioni manuali sottopagate.

Il cittadino greco, povero o ricco che potesse essere, aveva un grande vantaggio verso le donne, gli schiavi e gli stranieri, e cioè il diritto di partecipare personalmente all'assemblea e di dare il proprio voto per l'elezione del governo e dei magistrati. Il Greco, anche se povero, poteva essere eletto o sorteggiato per una carica pubblica e aveva la reale possibilità di assolvere il proprio compito, dato che la città gli retribuiva una speciale indennità.

La città-stato di Atene si basava su una democrazia diretta, diversa da quella contemporanea rappresentativa, dove il cittadino elegge colui che lo rappresenta alle assemblee. La città ateniese era fatta a misura dell'uomo: tutti i cittadini avevano la possibilità e la libertà di riunirsi per discutere nell'Agorà, o piazza del mercato, o nella stoà, ossia sotto il colonnato costruito intorno alla piazza. Ricorrenti erano le pubbliche cerimonie che si tenevano negli stadi sportivi, nelle palestre e nei teatri all'aperto. In questi luoghi accorrevano migliaia di uomini e di donne. Il teatro rivestì in Grecia un ruolo fondamentale, e non solo perché era un luogo di socializzazione (basta pensare che il teatro di Epidauro poteva ospitare sino a 14.000 persone) ma anche perché era un luogo di divertimento e di rappresentazione dei drammi ispirati dalla religione greca. Due erano le festività ateniesi più importanti: quelle tenute durante la primavera al teatro in onore del dio della fertilità Dioniso e quella tenuta in luglio al tempio sull'Acropoli per onorare Atena, dea della saggezza. Atena era una delle divinità più importanti del vasto pantheon greco. Essa veniva onorata in tutta la Grecia e da tutti coloro che condividevano la lingua greca. Ella era, come altre divinità, proveniente dalla religione minoica e micenea. Altre divinità, come Zeus, vennero portate in un secondo tempo con la discesa dei greci indoeuropei. Queste divinità avevano delle caratteristiche simili alle deità di altri popoli indoeuropei: Zeus, dio del cielo, aveva elementi in comune con il dio scandinavo Thor e con il romano Jupiter. Le credenze e le conseguenti festività religiose svolsero il fondamentale compito di unire le indipendenti e separate città-stato. Esse, infatti, si riunivano in occasione delle grandi feste religiose, principalmente ad Atene per quelle Panatenaiche in onore di Atena; a Delfi per i giochi Pitici in onore di Apollo e ad Olimpia per i giochi olimpici in onore di Zeus. Queste ultime erano certamente le più importanti. Si svolgevano ogni quattro anni e per l'occasione si poneva fine a qualsiasi conflitto. Le armi venivano deposte dai guerrieri, che si scontravano in lotte pacifiche per cercare di vincere. A tal fine davano il massimo e il meglio di sé. Ciò non perché volessero guadagnare gloria e fama personale, ma in onore della propria patria.


La polis di Atene


La cultura greca raggiunse il suo massimo sviluppo ed apogeo nel V secolo a.C. in Atene, il più importante centro dell'Attica. Il punto di forza di questa città-stato fu il governo di tipo democratico, che permise agli ateniesi di sviluppare una delle più raffinate civiltà del mondo antico. Al contempo, però, costituirà un punto di debolezza che li porterà alla rovina, perché si formarono delle ambizioni sempre maggiori.

Nel VII secolo a.C. Atene si era costituita in una oligarchia di tipo aristocratico, in cui il potere era suddiviso tra nove nobili detti Arconti, o reggitori. Gli arconti venivano eletti ogni anno da un consiglio di nobili detto Areopago, in cui essi stessi entravano a farne parte dopo il loro anno di carica. Il capo degli arconti era il capo dello stato. Gli altri, invece, avevano funzioni militari, religiose e giudiziarie. Questo tipo di governo era a misura di poche centinaia di nobili, ossia di ricchi proprietari terrieri, che, impoverirono la classe dei contadini, privandoli dei loro terreni. Questi, quindi, erano costretti ad indebitarsi verso quei ricchi feudatari, divenendo sempre più poveri. Secondo la legge un contadino che non pagava i debiti doveva dare un sesto dei suoi prodotti al creditore; se mancava anche in un solo pagamento, ne diveniva automaticamente schiavo. Ciò favorì un'ampia diffusione della schiavitù. Questa situazione non piacque a tutti i nobili, che tra il 600 e il 450 a.C. diedero avvio a tutta una serie di riforme sconvolgenti. Quattro sono le figure più importanti in tal senso: il legislatore Solone, il tiranno Pisistrato, il riformatore Clistene e Pericle. Solone per alleviare le condizioni dei contadini annullò i loro debiti e fece liberare coloro che erano divenuti schiavi perché non erano riusciti a pagare i creditori. Pisistrato addirittura concesse prestiti ai contadini bisognosi. Solone, inoltre, emanò un codice di leggi che doveva essere osservato sia dai ricchi che dai poveri. Concesse il diritto di voto in assemblea ai cittadini, i quali discutevano le proposte di legge ed eleggevano i magistrati. La riforma fece sì che il potere non si fondasse più sulla nobiltà, bensì sulla ricchezza. Ciò permise l'ingresso in politica di nuove classi sociali, come i mercanti. In seguito Clistene diede vita ad un consiglio di 500 membri, scelti in tutta l'Attica. Con il trascorrere del tempo l'oligarchia lasciò il posto alla democrazia. Dopo il 461 a.C. Pericle ed Efialte approvarono una legge che stabiliva che ai membri del consiglio e dei giurati fosse dato un compenso per il loro lavoro. Questa iniziativa venne, in seguito, allargata a tutti i partecipanti dell'Assemblea e permise di potere accedere alla politica anche ai cittadini poveri.

Nel frattempo, però, ai problemi interni si affacciava la minaccia di un potente impero straniero, la Persia. Nel 540 a.C. circa i Persiani avevano umiliato ed assoggettato l'Asia Minore, compreso le città greche. Nel 499 a.C. Atene si pose a difesa di queste città, rispondendo alla loro richiesta di aiuto. Il re persiano Dario I, uomo abile ed ambizioso, soffocò la rivolta e partì alla conquista di Atene. Una tempesta, però, fece naufragare la lotta persiana. La Persia non si diede per vinta, ed ancora assetata di vendetta, spedì altre due milizie. La prima partì nel 490 a.C. e constava di 20.000 uomini. Gli Ateniesi, con un esercito più piccolo, riuscirono a vincere sui campi di Maratona. Il conflitto riprese 10 anni dopo, quando la Persia inviò un esercito di 200.000 persone, che sbarcarono sulle coste orientali della Grecia. Essi massacrarono 300 Spartani guidati da Leonida alle Termopoli. Fatto ciò si volsero ad Atene. Il condottiero ateniese Temistocle attuò una politica accorta: dopo aver messo il suo popolo in salvo a Salamina, inviò la sua flotta contro quella persiana. Le veloci e snelle navi greche ebbero una inaspettata, quanto sorprendente, vittoria.

La vittoria di Salamina cambiò del tutto il corso degli eventi. Atene divenne la paladina della grecità e, grazie all'aiuto delle altre città-stato, scacciò i Persiani rimasti e attaccò le città-stato dell'Asia Minore assoggettate ancora da loro. Esorcizzato il pericolo persiano, venne meno la necessità dell'alleanza delle città-greche. In un primo momento Atene sottomise una serie di città e creò un proprio “impero”, riunendole nella Lega Ateniese. Ciò creò l'ostilità di Sparta, che, preoccupata dell'egemonia ateniese, fondò una lega rivale, quella del Peloponneso. Le ostilità iniziarono nel 431 a.C. La guerra del Peloponneso ebbe termine solo 27 anni dopo, nel 404, e vide Atene costretta alla resa. Da allora in poi gli Ateniesi ebbero una parte di poco conto, e non più di protagonisti, nella storia greca.

Le polis greche


La cultura greca, sia sul continente che nelle colonie, si sviluppò in centinaia di città-stato. Ognuno di essa aveva un proprio governo indipendente.

All'origine della città greca si aveva l'acropoli o “città alta”. Con il trascorrere del tempo l'acropoli divenne un luogo di rifugio dagli attacchi dei governanti rivali per i contadini delle terre limitrofe e circostanti.

Il popolo si recava al tempio per partecipare alle cerimonie religiose e per barattare i loro prodotti con utensili in metallo e con ceramiche prodotte dagli artigiani della città o con pesce e merci straniere vendute da pescatori e mercanti.

Ogni città era divisa dai popoli confinanti del mare o dalle montagne. Ciò ne favorì uno sviluppo autonomo e compatto, che ebbe realizzazione politica nelle città-stato.

Atene, uno dei centri urbani più importanti, non ebbe mai una popolazione superiore alle 250.000 unità. In tale calcolo rientrano gli abitanti del territorio circostante dell'Attica. Sparta, situata nel Peloponneso, era la città-stato più estesa. Nonostante ciò la sua superficie potrebbe sembrarci irrisoria.

Tra l'800 e il 400 a.C. assistiamo a dei bruschi e drammatici cambiamenti. Nell'800 a.C. la maggior parte delle città-stato erano governate da ricchi proprietari terrieri. Essi, per la maggior parte, discendevano dai Dori. I rapporti tra questi ed i contadini erano molto tesi. Ciò per almeno tre motivi:

  1. i feudatari avevano privato i contadini delle loro terre;
  2. non permettevano ai contadini di avere un loro rappresentante al potere;
  3. avevano il pieno controllo della giustizia, che amministravano a proprio piacere, inclusa la pena di morte.

Questa situazione divenne insostenibile per gli agricoltori, decisi a rovesciare il governo appena se ne fosse presentata l'occasione. La parte più consistente dei rivoltosi era costituita proprio da quei gruppi che erano stati assoldati dagli aristocratici per combattere contro le città rivali.

Ogni soldato aveva il compito di provvedere da sè all'equipaggiamento: i ricchi aristocratici combattevano a cavallo, potendoselo permettere. I contadini, invece, andavano a costituire la fanteria degli opliti, ossia dei “portatori di armi”. Essi, non potendosi permettere un cavallo, combattevano a piedi. La loro armatura consisteva in un elmo, una corazza, i gambali, lo scudo di bronzo, la lancia e la spada. In battaglia si disponevano in file, in maniera tale che lo scudo di ciascuno proteggesse la parte destra di colui che si trovava alla sua sinistra.

Questi erano comandati da aristocratici ambiziosi, che, approfittando del malcontento, rovesciarono i governanti e si fecero eleggere loro stessi come amministratori.

In tal modo, le città ebbero nuovi e potenti condottieri; è il caso di Cypselo e il figlio Periandro, governatori di Corinto (650-580 a.C.), Tegene di Megara (640 a.C) Trasibulo di Mileto (600 a.C), Pisistrato di Atene (561 a.C.). Questi nuovi regnanti presero il nome di tiranni, ossia di “signori” e, in un primo momento, migliorarono il livello di benessere del popolo, che videro utilizzare il denaro delle tasse per il bene pubblico e per abbellire le città da loro governate.

Con il trascorrere degli anni il potere dei tiranni prese una piega ben diversa, divenendo crudele, spietato ed odiato. Ciò fece sì che il termine acquisisse il significato attuale.

I motivi del malcontento furono molteplici: i tiranni, per evitare che gli antichi aristocratici potessero insediarsi nuovamente al potere, utilizzarono metodi feroci e crudeli, che si ripercuotevano anche sugli altri cittadini. Il risentimento divenne odio quando uno di essi volle ereditare il potere del padre, invece di lasciare che il popolo eleggesse il nuovo signore. I tiranni, capendo la gravità della situazione, cercarono ed ottennero alleanze con i tiranni delle altre città-stato. Ciò, però, non risolse il loro problema. Anzi, i contadini esasperati iniziarono a sollevarsi al fine di avere governanti non perché nobili, ma perché dotati di un'attitudine al governo.

La Grecia del VI secolo a.C. si ribellò tutta ed i contadini scacciarono i loro tiranni. Le rivoluzioni ebbero dinamiche e risultati diversi. In Atene si sviluppò una democrazia; in Corinto un'oligarchia delle famiglie più facoltose; in Argo vi furono nel corso del V secolo a.C. più rivoluzioni con il risultato di un susseguirsi di democrazie e di oligarchie. L'unica città a non avere vissuto alcuna insurrezione fu Sparta. Essa, infatti, verso la metà del V secolo a.C. era organizzata in una democrazia da almeno 200 anni. Questo tipo di governo democratico interessava solo i Dori, ossia i discendenti degli antichi conquistatori. Fu un governo stabile che si avvalse di un altrettanto ben addestrato esercito, costituito sempre da Dori. Essi, pur essendo una minoranza, riuscirono a tenere in pugno il resto della popolazione. Al di là di Sparta, tutta la Grecia tra l'VIII e il IV secolo a.C. visse profondi rivolgimenti e cambiamenti che portarono ad un unico risultato: leggi scritte garanti di determinati diritti per i cittadini.

La colonizzazione greca


La colonizzazione greca ha tre cause fondamentali:

  1. in un primo momento le colonie servirono come patria agli esuli;
  2. in seguito come luogo in cui si recarono i Greci per la sovrappopolazione nella propria madrepatria;
  3. infine come centri commerciali.

La prima ondata migratoria si ha tra il 1200 e il 900 a.C., in conseguenza alla invasione dei feroci Dori. Gli Achei e altri popoli greci furono obbligati a spostarsi e si spinsero a Cipro ed oltre, sino all'Asia Minore.

La seconda ondata migratoria risale al 750-600 a.C. ed interessò delle aree geografiche che vanno molto al di là del Mare Egeo. La causa di questa seconda migrazione è da vedere nel rapido aumento della popolazione. L'incremento demografico venne dato dall'utilizzo di utensili in ferro, innovazione tecnologica portata dai Dori, che sostituì quelli in bronzo. Questa nuova tecnologia permetteva una più semplice rottura della terra sassosa, con la conseguenza di un notevole aumento del terreno coltivabile e della quantità dei prodotti agricoli. Nonostante ciò i Greci aumentarono troppo rispetto alla quantità di terre coltivabili. I latifondisti dorici, inoltre, accrebbero i propri possessi a discapito dei contadini greci, che caddero in miseria.

Nel 750 a.C. le città-stato del continente e delle isole iniziarono ad inviare gruppi di contadini sulle coste del Mediterraneo per stabilizzarvi e fondarvi colonie. Corinto fondò la città-stato di Siracusa; Clacide ed Eretria, città collocate all'interno dell'isola Eubea, popolarono Cuma sulla costa occidentale italiana; Sparta fondò il centro di Taranto. Vennero istallate altre colonie in Spagna, Francia, Corsica, Nord-Africa e Jugoslavia.

Possiamo esemplificare il processo di colonizzazione adducendo all'episodio della nascita di Siracusa; fondata da Corinto nel 734 a.C.. L'iniziativa ebbe come protagonista un nobile di nome Archia. Questi si autoelesse ecista (il termine greco oikistes significa “fondatore della colonia”) e si consultò coi sacerdoti dell'oracolo di Delfi. Questi presero informazioni dai commercianti circa i luoghi più adatti. Venne consigliata Siracusa sia per il suo posto naturale sia per le terre fertili e coltivabili.

Archia partì con una piccola flotta di navi e centinaia furono i contadini che si avventurarono con il nobile. Erano tutti poveri e pieni di speranze. Siracusa divenne uno dei più grandi ed importanti centri della Magna Grecia e nel V secolo a.C. vantava una popolazione di circa 250.000 persone, superando di gran lunga la madrepatria.

Le città coloniali erano indipendenti. Un esempio è offerto sempre da Siracusa, che si autogovernava e che aveva raggiunto la maggior parte della propria ricchezza commerciando grano con Corinto, che in cambio le dava pregiata ceramica ed altra merce.

Le colonie divennero grandi produttrici di grano e superarono di gran lunga le città native. La stessa Atene importò molto più grano di quanto fosse in grado di produrne. Si sviluppò, quindi, un ricco commercio tra la madrepatria e le colonie greche. Ciò incoraggiò ancora di più l'emigrazione; sorsero nuove colonie, specialmente in Oriente. Questa terza migrazione interessò il VII secolo a.C. Vennero fondati centri urbani in Asia Minore e più di 90 colonie intorno al Mar Nero. Qui si barattarono ceramiche greche, olio, vino e lavori in metallo con frumento, orzo, legumi, frutta e metalli di qualsiasi genere.

I Greci non divennero mai fondatori di imperi. Le loro colonizzazioni nacquero per scopi prettamente economici e i coloni tendevano a vivere pacificamente con la gente del posto. Il loro interesse fu fondamentalmente di tessere dei rapporti commerciali, così come avvenne con gli Sciti del Mar Nero, i Celti dell'attuale Francia e i Berberi del nord-Africa.

L'unico popolo ad opporsi alle colonie greche fu quello fenicio. Ciò perché i Punici basavano la propria ricchezza sul commercio marittimo e il Mediterraneo era un loro luogo di commercio da molto tempo prima che nascesse la prima colonia.

E Fenici riuscirono ad impedire ai Greci di commerciare nell'Atlantico e, verso la fine del VI secolo a.C., diedero avvio ad una serie di battaglie dall'esito incerto. I due popoli riuscirono a conservare i propri porti sulla Sicilia per altri tre secoli, ossia sino a quando Roma non li conquistò.


La cultura achea


A partire dal 4000 a.C. si hanno ondate migratorie da parte di gruppi di indoeuropei dai capelli biondi. Essi si spinsero verso il sud, nella penisola balcanica.

Era gente bellicosa. Contadini che utilizzavano armi ed utensili in bronzo e che parlavano un'antica forma di greco. A poco a poco, le varie tribù (Arcadi, Achei, Ioni, Beoti, Illiri e Traci) oltrepassarono le valli montane e si stabilirono nel territorio.

Nel 1600 a.C. i Greci achei erano in pieno sviluppo ed edificarono piccoli e potenti staterelli. A Micene costruirono una solida fortezza, e da qui controllavano Argo e il porto marittimo di Nauplia. Non mancò la fondazione di altri cittadelle nei pressi di Tirinto, Dendra ed Asine.

Fondamentale per la ricostruzione e la conoscenza della primissima storia greca è il lavoro svolto a partire del 1876 dall'archeologo tedesco Heinrich Schliemann. Questi inaugurò degli scavi all'interno dell'acropoli di Micene. Vennero portati alla luce dei profondi pozzi, al cui interno si avevano deposti parecchi corpi, disposti l'uno accanto all'altro, secondo le usanze funerarie del tempo. Gli ornamenti dei defunti testimoniano lo sviluppo di un eccellente artigianato.

L'archeologo tedesco rinvenne anche antiche tombe reali micenee, risalenti al 1600-1450 a.C.

Verso il 1400 a.C. la civiltà micenea conobbe una fase di splendore ed i governanti che abitavano l'acropoli sulla cima delle colline migliorarono ed ingrandirono il loro palazzo-fortezza. Vennero aggiunte nuove porte di ingresso, che vennero sormontate da due leoni in pietra. Le mura, invece, vennero allargate per contenere le tombe a fossa. All'esterno delle mura edificarono tombe gigantesche a forma di alveare. Queste venivano scavate nelle falde della collina. All'interno della fortezza scavarono 93 gradini che portavano ad un pozzo che, abbondante d'acqua, serviva in caso di assedio.

Come già detto, verso il 1400 a.C. Micene era al massimo della sua floridezza e del suo splendore. I regnati governavano i sudditi con pugno di ferro e con il trascorrere del tempo vollero estendere i propri domini al di là delle cittadelle fortificate per assoggettare e sottomettere i vicini regni achei.

Tra il 1400-1200 a.C. i governanti micenei si estesero in tutta la penisola balcanica e i regni achei, al massimo della loro potenza ed uniti, cercarono di superare gli stessi confini del continente greco. Le loro mire espansionistiche erano rivolte soprattutto alla città di Troia, un centro fondato da genti di stirpe indoeuropea in Asia Minore. Agamennone, sovrano di Micene, Tirinto ed Argo, messosi a capo di una flotta achea, attraversò il Mare Egeo e con navi a vela e a remi giunse sino a Troia. I Greci combatterono contro Troia per ben 10 anni e la battaglia decisiva si ebbe nel 1184. L'episodio viene raccontato nel poema epico di Omero, l'Iliade (da Ilio, altro nome di Troia). L'altro famoso poema epico di Omero, l'Odissea, racconta le vicende di Ulisse, un eroe acheo, che, finita la guerra, si mette in viaggio da Troia per ritornare a casa. Le vicende dei due poemi sono narrati 300 anni dopo da Omero o da chi per lui. Nonostante ciò, vi sono elementi rispondenti al vero, come la descrizione delle armi, delle vesti e della vita feudale achea. Ovviamente i poemi omerici hanno idealizzato la guerra e lo stesso pretesto è frutto di un atto di creatività artistica. La guerra, racconta il poema, sarebbe scoppiata a seguito del rapimento da parte del principe troiano Paride della bellissima Elena. Ella, infatti, era la moglie del re acheo di Sparta Menelao.

La distruzione di Troia è da collocare cronologicamente intorno al 1200 a.C., coincidente con il massimo splendore della civiltà achea.

La crisi ebbe inizio verso il 1000 a.C., quando si fece reale l'offensiva dei Dori, un popolo greco che penetrò funestamente a sud del Peloponneso, con il risultato di cacciare i governanti di Pilo e di Micene. Ad Argo e a Micene si ebbe la fusione del nuovo elemento greco, degli antichi abitanti greci e della popolazione indigena. Cosa del tutto diversa avvenne a Sparta, dove gli sconfitti vennero tutti schiavizzati.

L'unica regione ad essere sfuggita ai Dori fu l'Attica, che, trovandosi lontana dal percorso degli invasori, conservò intatta la sua cultura e riuscì a mantenere i propri re. Iniziò un periodo oscuro per la Grecia che gli archeologi non sono riusciti a ricostruire e che durò dal 1100 a.C. al 900 a.C.

La civiltà minoica


L'isola di Creta è collocata a circa 100 chilometri a sud-est del territorio greco, toccando i confini meridionali del territorio egeo. Questa isola è stretta e lunga, avendo una larghezza di appena 13 chilometri e una lunghezza di 260.

La cultura cretese prende avvio circa 5000 anni or sono, quando i cretesi sostituirono il bronzo alla pietra per la costruzione di strumenti e di armi.

Rimane ancora sconosciuto il loro luogo di origine. Forse erano in rapporto con gli Ittiti dell'Asia Minore. La loro civiltà venne detta minoica ad onore del leggendario re Minosse. Molte delle nostre informazioni su questo popolo derivano dagli scavi archeologici, che ci hanno confermato che tra il 2500 e il 1400 a.C. i governanti cretesi costruirono grandi palazzi, tra i quali si distinsero quello di Festo, nella costa meridionale, e quello di Cnosso, sulla costa settentrionale.

L'archeologo Arthur Evans nel 1900 iniziò degli scavi che permisero di capire la struttura del palazzo di Cnosso di 3500 anni oro sono. La costruzione era enorme e costituiva un vero e proprio labirinto di stanze, finalizzate alle esigenze del re. Nella sala del trono abbiamo il primo esempio europeo di trono. Esso è costituito da un'alta sedia dipinta con un'alta spallina. Vicino al trono si avevano le panche, su cui sedevano i consiglieri del governante. Oltre a questa sala, il palazzo di Cnosso aveva stanze adibite a magazzini, in cui veniva conservato il tesoro. All'interno di enormi giare, invece, veniva riposto l'olio d'oliva ed il grano. Altre sale erano prettamente ricreative e rappresentative. In esse abbiamo splendidi dipinti e scaloni. Non mancavano nemmeno bagli e gabinetti forniti di tubi di scolo in terracotta.

La splendida arte è prova che nel palazzo la vita era intensa e ricca. Le ceramiche erano finemente decorate con raffigurazioni di immagini di animali e della vegetazione dell'isola. Gli utensili e gli ornamenti erano decorati con oro e con avorio. Ci sono rimasti esempi di mirabili tavolini da gioco. Non mancano nemmeno gli affreschi sui muri. Alcuni di essi mostrano atleti che compiono acrobazie su tori in un probabile rituale religioso. Altre pitture ci testimoniano la vita lussuosa condotta dai regnanti minoici e dalle loro consorti.

Tutto ciò ha reso chiaro il fatto che la vita di Cnosso era florida e prospera e che i loro governanti fossero uomini ricchi e potenti, la cui nazione era al sicuro degli attacchi esterni.

Il commercio era una delle attività maggiormente sviluppate: si esportava olio d'oliva e ceramiche in Egitto, che venivano scambiate con merci egizie, tra cui vasi di alabastro. Si commerciava con il nord dell'isola, in cui venivano portati vasi e lavori in metallo. Si ritiene che i Cretesi estendessero il loro controllo anche sulla città di Atene.

La civiltà cretese crollò improvvisamente verso il 1400 a.C., nel periodo del suo massimo sviluppo e splendore. Rimangono ancora non del tutto accertate le cause del crollo. Forse vi furono dei catastrofici terremoti, o, forse, vi fu la conquista di un nemico esterno. Quello che è certo è che in questo periodo tutti i palazzi vennero distrutti. Alcune tavolette d'argilla ci fanno intendere che la crisi e la fine della civiltà cretese è da vedere nei cataclismi naturali. Le iscrizioni vennero redatte in due diverse lingue sillabiche. La scrittura più antica viene chiamata lineare A, l'altra lineare B. La prima rimane sconosciuta e tutt'ora non decifrata; la seconda invece, è stata risolta dall'architetto inglese Michael Ventris. Queste tavolette elencano proprietà, schiavi ed artigiani; beni deposti nei palazzi. La lingua è una forma di greco arcaico parlato dai popoli micenei del territorio greco.

Ciò potrebbe indurre a pensare che i Greci micenei avessero distrutto la civiltà cretese. Prova sarebbe la scrittura in lineare B. In realtà essa risale a prima della distruzione ed era utilizzata dalla civiltà minoica. Sembrerebbe, quindi, che i due popoli vivessero pacificamente.

La civiltà egea


Il territorio egeo raccoglie le isole e le coste all'interno e intorno al Mar Egeo. Qui il territorio per due terzi è montuoso e la pianura è poco coltivabile, se non per appena un sesto. Il clima è caratterizzato da estati caldi ed asciutte e da inverni miti ed umidi.

All'interno di questa regione si svilupparono due grandi culture: quella cretese circa 3500 anni or sono e quella di Atene 1100 anni dopo.

Nonostante la poca fertilità del terreno, le popolazioni egee raggiunsero un elevato grado di sviluppo. All'inizio queste genti sfrutto l'abbondante pesce presente nel mare Egeo e nel Mar Mediterraneo e il clima caldo dell'estate, che faceva maturare olive, uva e frumento.

I Cretesi ed i Greci proliferarono e fondarono città, la cui economia si incentrava fondamentalmente sul commercio. Alcune di queste città si autogovernavano in maniera del tutto indipendente. La mancanza di un sacerdozio forte e di testi sacri favorì lo sviluppo di un pensiero ragionativo che, al contrario della cultura sumera ed egiziana, riteneva di potere risolvere mediante il logos i misteri ed i problemi del mondo. Essi, quindi, svilupparono una forma di pensiero che prende il nome di filosofia. I Greci furono i primi a produrre una letteratura, le cui condizioni sono tutt'ora diffuse e che vengono considerate delle conquiste imperiture dell'umanità. Ciò è un fatto strabiliante se si pensa che in realtà essi occupavano una estensione di territorio ridottissima.

sabato 23 novembre 2013

L'Impero Assiro


Gli Assiri furono un popolo guerriero che verso il 2000 a.C. circa si era stabilito intorno alla città di Assur, nella parte superiore della Valle del Tigri. Qui vivevano in durissime condizioni, conseguenti ad un terreno davvero poco coltivabile. Cercarono più volte di allargare i propri confini a dispetto delle popolazioni limitrofe, ma vennero ripetutamente sconfitti dagli Ittiti, dai Babilonesi, dagli Egiziani e dagli Aramei.

La guerra fu per loro un'arte necessaria e grazie al temperamento e all'eccellenza di alcuni loro governanti riuscirono ad attuare una politica espansionistica.

Assurnazirbal II (883-859 a.C.) sconfisse gli Aramei all'ovest e giunse sino al Mediterraneo. Gli Assiri si contraddistinsero per la crudeltà dimostrata verso gli sconfitti e per tutto l'VIII e il VII secolo a.C. impalarono ed arsero vivi i nemici vinti.

Questi metodi vennero utilizzati dal sovrano Tiglatpileser III, che conquistò la Babilonia e la Siria; da Sargon II che espugnò 10 delle 12 tribù di Israele e da Sennacherib, che distrusse i centri babilonesi ribelli e fondò una nuova capitale a Ninive. Il successo di questi regnanti nasceva dall'unione di una congenita crudeltà all'organizzazione militare migliore del mondo antico. Tutti gli uomini erano obbligati ad assolvere il servizio militare. I sodati erano organizzati in squadre di 10 uomini. Queste squadre venivano raggruppate da un minimo di 5 ad un massimo di 20 e davano vita ad una compagnia guidata da un comandante. L'esercito era formato da uomini a cavallo e da arcieri su carri. Essi combattevano con delle tecniche ben precise e avevano elaborato l'arte di ricognizione, le manovre di accerchiamento e le battaglie di assedio. Molte delle energie militari venivano utilizzate nel perfezionamento della tecnica dell'assedio. A tal fine costruivano delle enormi piattaforme armate, che facevano rotolare sino alle mura della città da espugnare. In questa maniera favorivano gli arcieri, che potevano tirare frecce al nemico all'interno. Inventarono, inoltre, arieti a testa di ferro per demolire le mura. Infine, cosa del tutto estranea ai popoli contemporanei, le truppe assire combattevano con armi di ferro, di tremenda efficacia.

Le regioni conquistate venivano governate in maniera diversa, a seconda della posizione e della necessità. Si avevano coloro che pur pagando un tributo all'Assiria mantenevano un proprio governatore; si avevano coloro che si trovavano nella posizione precedentemente descritta con la variante di avere un ufficiale assiro stanziato alla corte che riferiva all'Assiria sulle loro attività; si avevano coloro che venivano governati da un delegato assiro con poteri assoluti.

Il re assiro si preoccupava di nominare personalmente tutti gli ufficiali governativi e di costruire eccellenti strade per meglio tenere in contatto gli avamposti del vasto impero.

Imponente e maestosa fu l'architettura, che doveva dare prova della grandiosità e della potenza dell'impero.

Sennacherip, per esempio, quando ampliò Ninive fece costruire un acquedotto lungo 50 chilometri.

Gli Assiri rimasero fondamentalmente un popolo di guerrieri. Per tale motivo impararono poco dagli sconfitti, anche se subirono l'influsso della cultura babilonese. Un'eccezione venne offerta dal sovrano Assurbanibal (669-631 a.C.) che imparò a leggere il sumero, che fece redigere un dizionario sumerico e che si costruì una biblioteca di 22.000 tavolette di argilla, su cui si avevano opere inerenti rituali religiosi babilonesi, scritti di storia, di medicina, di astronomia e di matematica. Il regno di Assurbanibal fu l'ultimo esempio di potenza della cultura assira. Dopo di lui le rivolte simultanee di Medi a nord-est e dei Caldei a sud provocarono la completa distruzione di Ninive nel 612 a.C. e l'annientamento di Assiria. Quasi contemporaneamente, entro il 525 a.C., sia l'Egitto che la rinnovata potenza babilonese caddero sotto gli attacchi persiani dei re Achemenidi.

Babilonia



La Mesopotamia, al contrario dell'Egitto, fu maggiormente esposta ad invasioni ed attacchi esterni. La storia del territorio compreso tra il fiume Tigri ed il fiume Eufrate è intrisa di conflitti e di distruzioni, in special modo in quel periodo che va dal declino di Ur sino alla conquista da parte della Persia.

Verso il 2000 a.C. popolazioni amorite uscirono dai deserti siriani e si diressero verso Sumer ed Accad. Esse vennero conquistate e riunite in un solo stato con capitale Babilonia. Il re babilonese Hammurabi (1728-1686 a.C.) assoggettò l'Assiria a Nord, l'Elam ad est e la Siria ad ovest.

Hammurabbi cercò di accentrare il proprio potere. A tal fine sostituì i principi con governatori provinciali e per difendere i diritti del popolo emanò un codice di leggi scritte, alcune delle quali si contraddistinguevano per la crudeltà.

Il Codice di Hammurabi riconosceva solo tre classi sociali. Esse sono:

  1. i grandi nobili ed i proprietari terrieri;
  2. la gente più povera, che poteva possedere qualche bene e degli schiavi;
  3. gli schiavi, spesso bottino di guerre, che potevano possedere un qualche bene e i cui figli erano liberi se nati da donna libera.

Le leggi venivano fatte osservare da giudici, che, a loro volta, venivano controllati dai consiglieri privati del re.

In Babilonia sorse un fiorente commercio, regolato mediante un sistema di affari per molti aspetti simile al nostro. Esso, infatti, prevedeva i contratti legali, pesi e misure in metallo prezioso di tipo unico, l'assicurazione contro le inondazioni e prestiti in denaro con tassi di interesse, calcolati in grano o in peso d'argento.

Sotto il regno del sovrano Hammurabi la Babilonia conobbe un periodo di splendore e di prosperità.

Ciò non scongiurò le invasioni di popoli alla ricerca di ricchezze e di terre fertili.

I successori di Hammurabi combatterono senza successo contro i Cassiti a nord-est. Questi erano un popolo semibarbaro stanziato sulle colline che a poco a poco si infiltrò in Babilonia. Altro potente popolo invasore fu quello Ittita che, guidato dal sovrano Mursili I (verso il 1530 a.C) entrò ed espugnò la Mesopotamia. Gli Ittiti provenivano dai monti dell'Anatolia, la moderna Turchia.

L'attacco di Mursili, in realtà, fu poco più di una scorreria. Che, però, segnò l'inizio di una lunga dominazione straniera in Babilonia.

Dapprima il controllo fu in mano ai Cassiti; poi, nel 721 a.C., passò ai Assiri, che rimasero al potere della regione sino al 626 a.C. Dopo di ciò, per poco meno di un secolo, si ebbe la dinastia fondata da Nabopolassar, che fece di Babilonia ancora una volta uno stato potente. Questi nuovi governanti erano Caldei provenienti dal deserto arabico. Anticamente erano nomadi, ma divennero sedentari dopo essersi collocati nella Babilonia meridionale nel 1100 a.C. circa. Il figlio di Nabopolassar, Nabucodonosor (605-562 a.C.) umiliò Neco, sovrano d'Egitto, nella battaglia di Carchemish. Il nuovo impero babilonese estese i confini dall'Elam all'Egitto. Nabucodonosor si preoccupò di ricostruire e riprogettare le città di Babilonia, rendendola una delle più magnifiche del mondo antico. Poderose e pesanti furono le mura esterne, che si estendevano per 17 chilometri e che avevano una larghezza di ben 24 metri. Esse potevano ospitare ben 200.000 persone. Le mura interne avevano otto porte. La più importante di essa era quella di Ishtar, alta 10 metri e fiancheggiata da torri di quasi 20 metri di altezza. Il tutto era decorato con dozzine di tori e draghi di svariati colori.

Da questa porta si estendeva una lunga strada lastricata in pietra che si direzionava a sud per giungere alle tre cittadelle, dove si trovavano i palazzi reali. Alla fine essa portava al tempio centrale e principale di Babilonia, che copriva una superficie di 20 ettari. Il tempio di Babilonia era la più grande Zigguarat della Mesopotamia. L'edificio si innalzava, mediante otto palchi, a quasi 90 metri di altezza.

Questi templi vennero utilizzati dai sacerdoti per gli studi astronomici. I progressi effettuati in questo campo furono notevoli, tanto che si riuscì a predire le eclissi di Luna e di Sole in maniera quasi del tutto precisa. Da questi templi i sacerdoti caldei studiarono la volta celeste e disegnarono una cartina con sette fra i gruppi di stelle formanti lo zodiaco. Ad alcuni pianeti diedero il nome delle proprie divinità: chiamarono Marduk il pianeta Giove e Ishtar il pianeta Venere.

La nuova civiltà babilonese ebbe vita breve, solo 87 anni. Essa decadde quando il grande sovrano persiano Ciro attaccò e sconfisse il re babilonese Nabonedo.