Nasce
nel 1401 e muore nel 1464. Molti sono i suoi scritti: De
concordantia cattolica e
il
De auctoritate presidenti in concilio generali, De docta ignorantia,
Apologia doctae ignorantiae, l’Idiota, De pace fidei, il
Complementum theologicum, De visione dei, il De berillo, De non
aliud, De venatione sapientiae, De ludo globi, De apice theoriae.
Nella
Dotta
Ignoranza
Cusano affronta il problema della natura e dei limiti della
conoscenza umana. Facendo ciò, mette in evidenzia come la conoscenza
proceda sempre attraverso definizioni e comparazioni. Appare chiaro,
quindi, che la conoscenza è sempre comparativa, cioè fondata su
una comparazione tra oggetti finiti definiti. L’infinito non può
essere oggetto di conoscenza, ciò perchè l'infinito non può essere
né definito né comparato ad altro.
Cusano
critica
fortemente la logica tradizionalista, che poi altro non è che la
logica aristotelico – scolastica, mostrando come questa sia legata,
sempre e comunque, all’ambito del finito. L’infinito, proprio
perché non può essere paragonato ad altro e non può essere
definito, resta inconoscibile. In tal modo Dio è anche al di là
della distinzione aristotelica di atto e potenza. Detto ciò, Cusano,
oltre ad evidenziare i limiti della logica discorsiva, afferma un
concetto di assoluto che, andando al di là di ogni principio logico
umano, diviene irriducibile alle categorie della conoscenza
discorsiva. Ci ritroviamo nuovamente di fronte alla teologia
negativa, la quale asseriva l'impossibilità di dare definizioni di
Dio: di Dio si può meglio dire che non è piuttosto di quello che è,
cioè ci si può avvicinare meglio a Lui negando tutti i concetti
umani, piuttosto che riferendoli a Lui positivamente. Ancora meglio,
dice Cusano, sarebbe quello di affermare e negare insieme (teologia
copulativa).
Per
Cusano, quindi, la nostra conoscenza è limitata, ed infatti la
ragione è vincolata dal principio di contraddizione. Bisogna,
pertanto, superare questo vincolo mediante l'intelletto, che,
intuendo l'Assoluto, supera qualsiasi tipo di distinzione. Tuttavia
anche questa visione rimane negativa, è infatti un intelligere
incomprehensibiliter
(cioè
sapere come l’Inattingibile si colga in maniera inattingibile),
la dotta
ignoranza.
La dotta
ignoranza
presuppone la raggiunta consapevolezza di non sapere e si contrappone
alla sapienza dell’Idiota
(gli oratori e i filosofi), che chiuso nella sua scuola vede la
cultura solo come quella data dai libri. Per Cusano è, invece,
necessario liberarsi dal sapere scolastico e dall’autorità per
riconoscere il carattere congetturale della conoscenza. Il procedere
in tal modo ci apre la strada della dotta
ignoranza.
Connesso al tema della dotta ignoranza è quello della conoscenza
per via di congetture,
ciò perché “un
intelletto finito non può raggiungere con precisione, mediante
similitudine, la verità delle cose…; la quiddità delle cose che è
la verità degli enti è inattingibile nella sua purezza e, ricercata
da tutti i filosofi, da nessuno è stata scoperta nella sua realtà”;
resta quindi alla mente umana la possibilità di costruire un sapere
attraverso congetture, attraverso cioè l’elaborazione di enti
razionali. Come Dio crea gli enti reali – e solo egli li conosce in
quanto li crea – così la mente umana, immagine di Dio, imita in
qualche modo la creatività divina costruendo enti razionali a
imitazione degli enti reali. Ma tra gli enti razionali – nostra
creazione – e gli enti reali resta una diversità e differenza
radicale, e gli uni e gli altri costituiscono come due mondi
distinti: il loro rapporto non si fonda sul fatto che gli enti
razionali rispecchiano i reali, ma sull’analogia (seppur
lontanissima) tra creatività divina e creatività umana, in quanto
questa è partecipazione e imitazione di quella. Per approssimarsi al
concetto di assoluto come comprendente e superante gli opposti,
Cusano ricorre frequentemente a paragoni matematici ove
l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo vengono a
coincidere. Questo tipo di ragionamento supera la fisica finita
aristotelica e concepisce un universo che esplica una molteplicità
tutta implicata o complicata nell’assoluta unità di Dio. Come
l’unità contiene (o complica) tutti i numeri, come il punto
contiene (o complica) tutte le linee, così Dio contiene in sé tutto
l’universo che è molteplicità esplicata, unità contratta nella
molteplicità, cioè determinata, divisa nello spazio e nel tempo. E
come i numeri sono nulla senza l’unità, così l’universo è
nulla senza Dio: tutto ciò che esiste è in Dio. La mediazione tra
l’unità assoluta e l’unità dell’universo contratta nella
pluralità è indicata dalla dottrina dell’incarnazione di Cristo:
questa unisce la natura divina con la natura umana. L’universo è
pertanto illimitato, indefinito e al suo interno non si può
assegnare né una periferia né un centro assoluto poiché se
fissassimo un centro, esso sarebbe un minimo assoluto, mentre nel
creato nulla può avere carattere assoluto. La precisione assoluta
compete solo a Dio e tutte le descrizioni fatte dagli uomini non
esistono nella reale fisicità cosmica. In questo cosmo, concepito da
Cusano, la terra non è al centro dell’universo, è bensì
anch’essa una stella come tutte le altre. Legato al concetto della
dotta ignoranza è l’impostazione del rapporto tra le diverse fedi
religiose. Il problema si pone a Cusano nell’ambito dei rapporti da
tenere con l’islam e vengono discussi nel De
Pace Fidei, ove
si prospetta una pacifica convivenza tra cristiani e musulmani;
infatti, Cusano, vedendo una profonda unità di fede tra le varie
filosofie e religioni, Cusano afferma che vi si ha un’unità di
fede pur nella diversità dei riti e delle dottrine.
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