giovedì 31 maggio 2012

Michel De Montaigne, Pierre Charron, Pierre Bayle


Lo scetticismo tra cinquecento e seicento
La fine della civiltà medioevale, la scissione della Chiesa cattolica per le riforme protestanti, le nuove scoperte geografiche con la conseguente consapevolezza dell'esistenza di costumi e scale valoriali diverse da quelle europee, la crisi di tutto l'apparato sistemico aristotelico – tolemaico e la riscoperta della filosofia di Sesto Empirico favorirono la nascita e lo sviluppo di un atteggiamento scettico.
Illustre rappresentante di questo movimento è Giovan Francesco Pico della Mirandola, che, nel suo Examen vanitatis doctrinae gentium et veritatis christianae disciplinae, afferma che la varietà e diversità delle posizioni filosofiche assunte dai pensatori nel corso della storia non fanno altro che confermare e provare l'incapacità della ragione umana di giungere a una verità stabile.
Michel De Montaigne (1533-1592), sindaco di Bordeaux, nel 1580 pubblica la prima raccolta dei Saggi, con avrà stesura definitiva nel 1588 in tre libri.
La speculazione scettica di Montaigne scaturisce dalla lettura di Sesto Empirico, dalla scoperta delle Americhe e dalle accese polemiche religiose.
Dal confronto dei costumi europei con quelli degli indios del Nuovo Mondo scaturisce la conclusione della relatività dei codici etici e religiosi. Lo stesso concetto di barbarie è del tutto relativo ed effimero, ed infatti questo termine viene applicato a ciò che non rientra nei nostri schemi mentali.
Montaigne avvia tutta una discussione critica del concetto di antropocentrismo, indicato come il peggiore dogmatismo dato dal considerare le proprie idee e i propri costumi quali canoni universali di giudizio. Gli usi e costumi sono, quindi, il risultato di un complesso di norme condivise ed accettate all'interno di una società non per ragione, bensì per tradizione.
Il costume, in pratica, si sostituisce alla natura e determina i comportamenti dei vari gruppi sociali. Al costume, per la sua forza coattiva è inutile resistere. Pertanto, il saggio, potrà, nella sua solitudine, seguire la ragione, ma dovrà comportarsi esternamente sempre secondo le leggi e le norme imposte dal costume. Dalla considerazione dei diversi modi di vita da popolo a popolo, e dalla critica degli strumenti della conoscenza, emergeva tutta la validità della posizione scettica, consistente nella sospensione del giudizio, nel riconoscimento della propria ignoranza, nella liberazione di ogni assunzione dogmatica. Tutti questi temi sono trattati nel capitolo XII che prende il titolo di Apologia di Raimondo Sabunde. Solo una verità è possibile all’uomo e può venire solo dalla fede e dalla grazia di Dio. Lo scetticismo qui si congiunge al fideismo, con l’invito ad ammettere la rivelazione di Dio, senza ricorrere a dispute teologiche, e senza volere sottoporre in alcun modo i contenuti all’esame della ragione.
Pierre Charron (1541 – 1603), fu filosofo e teologo francese. L'opera a cui deve il suo successo è Sulla Saggezza (1601). Importante è anche lo scritto apologetico Le tre verità (1594), che gli costò una condanna della Chiesa per eresia.
Il suo pensiero, oltre ad incentrarsi in una serratissima critica contro ogni dogmatismo filosofico e religioso, difende coloro che sono dotati di spirito forte, i soli che possiedono la libertà interiore, e polemizza con gli spiriti deboli, ovvero coloro che passivamente seguono il costume dei più.
Notevole è la distinzione che opera tra la morale e la religione. A proposito di ciò afferma che il vero comportamento morale trova fondamento in se stesso, ovvero nell'esercizio stesso della virtù, e non in un'etica servile ad una religione, che incute paura con la promessa di premi e pene ultraterrene.
Proprio del saggio è un'etica libera da ricompense. Un'etica che egli deve raggiungere nella propria intimità, senza cercare di imporla al popolo.
Lo scetticismo di Charron sottolinea ancora di più rispetto a quello di Montaigne come la ragione non debba essere mai dogmatica, ma, anzi, debba liberarsi da pregiudizi, limitarsi alla conoscenza delle sole questioni umane, senza porsi inutilmente domande metafisiche, a cui non può dare nessuna risposta certa. Charron invita a non concedersi in discussioni riguardanti le verità religiose. Bisogna, infatti, credere per fede e in virtù della tradizione.
Feroce è la critica contro quel fideismo dogmatico che pretende di possedere un sapere e un codice valoriale assoluto. Da ciò deriva la testardaggine e la bestialità umana di imporre ad altri le proprie opinioni con ogni mezzo. Caratteristica fondamentale della Saggezza è l’apologia del dubbio, la difesa della ricerca che corrisponde al non essere mai istupiditi dalla convinzione di posseder la verità. Il dubbio, non la verità dogmatica, rende l’uomo libero saggio che, proprio perché sa che la ricerca non è mai definitiva o totalizzante, non finisce mai di utilizzare ed esercitare la ragione. In ciò diviene l’immagine di Dio in terra.
Lungo il 1600 la cultura scettica troverà ampio svolgimento nella corrente “libertina” (detta così dagli avversari che consideravano lo scetticismo come abbandono di leggi morali fondamentali) che sottometterà a critica sottile ed erudita tutta il patrimonio della cultura tradizionale, soprattutto filosofica, etica e religiosa. Lo scetticismo diviene il momento fondamentale di una battaglia contro la cultura dogmatica e la premessa di una nuova teoria della ragione.
Alla tradizione scettica si deve lo sviluppo del concetto di tolleranza che deriva dalla critica di ogni norma universale di comportamento e che giungerà a riconoscere la libertà della coscienza, anche della coscienza errante. A questo complesso quadro si rimanda l’opera di Pierre Bayle (1647 – 1706) autore del Dizionario storico – critico, ove si insinua, con approfonditi studi, il dubbio in conoscenze date per vere e certe. Ne I Pensieri sulla cometa, critica i pregiudizi di carattere astrologico, condanna l’intolleranza e il fanatismo religioso e prospetta il costituirsi di una repubblica di atei. Cosa questa che veniva ritenuta impossibile al tempo, perché gli atei, in quanto non riconoscevano e rinnegavano l’esistenza di Dio, venivano considerati incapaci di seguire la legge e la morale . Il tema della tolleranza era svolto nel Commento filosofico sulle parole di Gesù Cristo “Costringili ad entrare”. Infine, si interessa di problemi teologici e afferma che la realtà del male resta inconciliabile con l’affermazione dell’esistenza di un primo principio perfetto: solo la fede può risolvere quest’ordine di problemi in radicale e sottolineato contrasto con ogni analisi razionale.

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