Mentre
a Parigi i libri fisici e metafisici di Aristotele restarono esclusi
dall’insegnamento per tutta la prima metà del secolo XIII, essi
ebbero subito larga diffusione nell’ambiente scolastico inglese che
aveva il suo centro a Oxford. Iniziatore della scuola di Oxford è
Roberto
Grossatesta,
fautore di tutte quelle principali teorie che verrenno ulteriormente
studiate all'interno della scuola. Notevoli sono i suoi interessi
matematici, tecnici e sperimentali. Il tutto unito ed intriso di
elementi agostiniani. Roberto Grossatesta nasce nel 1168 e muore nel
1253, ed è autore di commenti agli analitici secondi di Aristotele e
alla fisica, oltre che autore di trattati di ottica, astronomia,
fisica. L’orientamento matematico-sperimentale di Grossatesta si
inserisce all’interno di una concezione metafisica platonica. Egli
spiega così l’origine del mondo: Dio crea la materia e la forma
(luce) come un punto; ciò posto, la luce, portata per sua natura ad
estendersi in tutte le dimensioni, diviene immediatamente sfera e con
sé estende la materia di cui è forma. La formazione del mondo viene
così spiegata attraverso le leggi della propagazione della luce. I
fenomeni vengono pertanto ridotti sotto i principi matematici
dell’ottica e i processi qualitativi possono essere ricondotti
entro schemi matematici. Particolarmente importante è la teoria
della scienza del Grossatesta, che, come Aristotele, afferma che la
conoscenza dei fenomeni avviene attraverso lo studio delle loro
cause, e il discorso scientifico per eccellenza è il sillogismo, con
la sua necessaria concatenazione di cause-effetti. Tuttavia, siffatta
scienza è lontana dall’essere raggiunta dall’uomo che non può
conoscere gli enti sia per la sottigliezza della loro natura sia per
la lontananza dai sensi. Non è realizzabile nemmeno una scienza
della natura, poiché essa è mutabile. Solo nella matematica, per la
sua astrattezza può dare scienza e dimostrazioni. La matematica, per
il fatto di essere profondamente separata dalla realtà, deve fare
ricorso però all’esperienza come strumento di verificazione. La
fisica si fonda sul doppio metodo della risoluzione e composizione,
cioè analisi degli elementi primi del fenomeno e spiegazione di esso
in rapporto ai principi generali. La spiegazione del fenomeno deve
essere poi confermata dal metodo della verificazione o falsificazione
(reductio ad impossibilem), per cui si dimostra la validità di
un’ipotesi mostrando le conseguenze assurde dell’ipotesi opposta.
Ruggero
Bacone (1214-1292)
scrisse l’Opus
maius, l’Opus minus, l’Opus tertium.
Polemizza contro la cultura accademica che, rinchiusa all'interno
delle università, diviene sterile ed inutile discussione. Pertanto,
afferma il diverso valore di un sapere che nasce da una diretta
osservazione della realtà, tutta legata alla pratica e alla scienza.
Particolare importanza egli dà alla matematica, la quale, poiché la
luce è la forma di tutte le cose, può spiegare la realtà con le
leggi stesse dell’ottica, ovvero della propagazione della luce. Le
azioni reciproche dei corpi vengono quindi ridotti a raggi che si
propagano in linea retta. La matematica diviene il fondamento di
tutta la scienza e principio di ogni dimostrazione necessaria.
Nell’Opus Maius Bacone, oltre a riprendere il commento di Roberto
Grossatesta agli Analiti secondi; si riconosce alla matematica lo
statuto di scienza nel modo più proprio, in quanto essa procede
dimostrativamente per
causam propriam et necessariam.
La matematica offre dunque un modello e un metodo esemplare rispetto
al quale tutte le altre forme di sapere sono subordinate. Bacone
insiste anche sul nesso che si ha tra matematica e scientia
experimentalis:
“non
è sufficiente la dimostrazione, è necessario l’esperimento”.
L’esperienza, per Bacone, apre le porte alla certezza e pone fine
alle discussioni verbali. Essa va congiunta all’industria
mannum,
cioè all’attività manuale e tecnica, perché apre all’uomo
immense possibilità di progresso e di dominio sulla natura. Si
delinea in tal modo una nuova scientia
experimentalis,
la cui verità si misura sulla sua utilità, e il cui fine sta nel
cogliere i segreti della natura. La scienza per Bacone è un
conoscere che mette l’uomo in condizioni di leggere il futuro negli
astri, di realizzare prodotti e strumenti che aumentano le sue
conoscenze e possibilità operative. Bacone polemizza contro la
magia, vista da lui come scienza arbitraria e fallace. Allo stesso
tempo però la sua scienza, da lui ritenuta umana e razionale, rimane
permeata da una forte componente magica. Bacone, infatti, crede che
mediante la tecnica si possa intervenire sulla natura per piegarla ai
propri fini. Tecnica che spesso si riduce alla potenza del pensiero e
della parola, che se ben utilizzatala influenzerebbe il corpo.
L’importanza del suo sapere non consiste nei risultati delle sue
ricerche, quanto nella delineazione di un ideale di sapere che rompe
gli schemi del sapere contemplativo, e che, a suo dire, può
riorganizzare la repubblica cristiana e convertire gli infedeli.
Raimondo
Lullo (1232/35-1315)
fu un autore molto prolifico. Tra le sue opere dobbiamo ricordare
l’Arte
breve per trovare la verità, Arte generale, Libro della
contemplazione in Dio, L’albero della scienza e il Libro dei cinque
sapienti.
La sua speculazione si focalizza sull'invenzione di un'arte, di un
metodo, che possa portare a conoscenze certe e sicure. Di un'episteme
che, per semplicità e per necessità, sia capace di dare
dimostrazioni inconfutabili. Dimostrazioni che debbono servire per
difendere la fede e convertire gli infedeli. La sua metodologia
doveva essere una “scienza
generale applicabile a tutte le conoscenze con dei principi
generalissimi
in cui è contenuto il principio delle scienze particolari come il
particolare dell’universale”.
Gli
elementi caratteristici dell’arte lulliana sono due:
- riduzione dei principi primi e dei concetti a simboli di carattere alfabetico. In questo modo si procede in maniera certa e sicura, perché si evitano di utilizzare parole dal significato incerto ed equivoco;
- carattere combinatorio della logica. La logica lulliana, infatti, utilizza i simboli combinandoli secondo regole ben precise. In tal modo la logica riprendeva nel suo svolgersi il metodo matematico, riproducendone, nei risultati conoscitivi, la sua esattezza
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