martedì 29 maggio 2012

Matematica, scienza e riforma del sapere nel medioevo


Mentre a Parigi i libri fisici e metafisici di Aristotele restarono esclusi dall’insegnamento per tutta la prima metà del secolo XIII, essi ebbero subito larga diffusione nell’ambiente scolastico inglese che aveva il suo centro a Oxford. Iniziatore della scuola di Oxford è Roberto Grossatesta, fautore di tutte quelle principali teorie che verrenno ulteriormente studiate all'interno della scuola. Notevoli sono i suoi interessi matematici, tecnici e sperimentali. Il tutto unito ed intriso di elementi agostiniani. Roberto Grossatesta nasce nel 1168 e muore nel 1253, ed è autore di commenti agli analitici secondi di Aristotele e alla fisica, oltre che autore di trattati di ottica, astronomia, fisica. L’orientamento matematico-sperimentale di Grossatesta si inserisce all’interno di una concezione metafisica platonica. Egli spiega così l’origine del mondo: Dio crea la materia e la forma (luce) come un punto; ciò posto, la luce, portata per sua natura ad estendersi in tutte le dimensioni, diviene immediatamente sfera e con sé estende la materia di cui è forma. La formazione del mondo viene così spiegata attraverso le leggi della propagazione della luce. I fenomeni vengono pertanto ridotti sotto i principi matematici dell’ottica e i processi qualitativi possono essere ricondotti entro schemi matematici. Particolarmente importante è la teoria della scienza del Grossatesta, che, come Aristotele, afferma che la conoscenza dei fenomeni avviene attraverso lo studio delle loro cause, e il discorso scientifico per eccellenza è il sillogismo, con la sua necessaria concatenazione di cause-effetti. Tuttavia, siffatta scienza è lontana dall’essere raggiunta dall’uomo che non può conoscere gli enti sia per la sottigliezza della loro natura sia per la lontananza dai sensi. Non è realizzabile nemmeno una scienza della natura, poiché essa è mutabile. Solo nella matematica, per la sua astrattezza può dare scienza e dimostrazioni. La matematica, per il fatto di essere profondamente separata dalla realtà, deve fare ricorso però all’esperienza come strumento di verificazione. La fisica si fonda sul doppio metodo della risoluzione e composizione, cioè analisi degli elementi primi del fenomeno e spiegazione di esso in rapporto ai principi generali. La spiegazione del fenomeno deve essere poi confermata dal metodo della verificazione o falsificazione (reductio ad impossibilem), per cui si dimostra la validità di un’ipotesi mostrando le conseguenze assurde dell’ipotesi opposta.

Ruggero Bacone (1214-1292) scrisse l’Opus maius, l’Opus minus, l’Opus tertium. Polemizza contro la cultura accademica che, rinchiusa all'interno delle università, diviene sterile ed inutile discussione. Pertanto, afferma il diverso valore di un sapere che nasce da una diretta osservazione della realtà, tutta legata alla pratica e alla scienza. Particolare importanza egli dà alla matematica, la quale, poiché la luce è la forma di tutte le cose, può spiegare la realtà con le leggi stesse dell’ottica, ovvero della propagazione della luce. Le azioni reciproche dei corpi vengono quindi ridotti a raggi che si propagano in linea retta. La matematica diviene il fondamento di tutta la scienza e principio di ogni dimostrazione necessaria. Nell’Opus Maius Bacone, oltre a riprendere il commento di Roberto Grossatesta agli Analiti secondi; si riconosce alla matematica lo statuto di scienza nel modo più proprio, in quanto essa procede dimostrativamente per causam propriam et necessariam. La matematica offre dunque un modello e un metodo esemplare rispetto al quale tutte le altre forme di sapere sono subordinate. Bacone insiste anche sul nesso che si ha tra matematica e scientia experimentalis: “non è sufficiente la dimostrazione, è necessario l’esperimento”. L’esperienza, per Bacone, apre le porte alla certezza e pone fine alle discussioni verbali. Essa va congiunta all’industria mannum, cioè all’attività manuale e tecnica, perché apre all’uomo immense possibilità di progresso e di dominio sulla natura. Si delinea in tal modo una nuova scientia experimentalis, la cui verità si misura sulla sua utilità, e il cui fine sta nel cogliere i segreti della natura. La scienza per Bacone è un conoscere che mette l’uomo in condizioni di leggere il futuro negli astri, di realizzare prodotti e strumenti che aumentano le sue conoscenze e possibilità operative. Bacone polemizza contro la magia, vista da lui come scienza arbitraria e fallace. Allo stesso tempo però la sua scienza, da lui ritenuta umana e razionale, rimane permeata da una forte componente magica. Bacone, infatti, crede che mediante la tecnica si possa intervenire sulla natura per piegarla ai propri fini. Tecnica che spesso si riduce alla potenza del pensiero e della parola, che se ben utilizzatala influenzerebbe il corpo. L’importanza del suo sapere non consiste nei risultati delle sue ricerche, quanto nella delineazione di un ideale di sapere che rompe gli schemi del sapere contemplativo, e che, a suo dire, può riorganizzare la repubblica cristiana e convertire gli infedeli.
Raimondo Lullo (1232/35-1315) fu un autore molto prolifico. Tra le sue opere dobbiamo ricordare l’Arte breve per trovare la verità, Arte generale, Libro della contemplazione in Dio, L’albero della scienza e il Libro dei cinque sapienti. La sua speculazione si focalizza sull'invenzione di un'arte, di un metodo, che possa portare a conoscenze certe e sicure. Di un'episteme che, per semplicità e per necessità, sia capace di dare dimostrazioni inconfutabili. Dimostrazioni che debbono servire per difendere la fede e convertire gli infedeli. La sua metodologia doveva essere una “scienza generale applicabile a tutte le conoscenze con dei principi generalissimi in cui è contenuto il principio delle scienze particolari come il particolare dell’universale”.
Gli elementi caratteristici dell’arte lulliana sono due:
  1. riduzione dei principi primi e dei concetti a simboli di carattere alfabetico. In questo modo si procede in maniera certa e sicura, perché si evitano di utilizzare parole dal significato incerto ed equivoco;
  2. carattere combinatorio della logica. La logica lulliana, infatti, utilizza i simboli combinandoli secondo regole ben precise. In tal modo la logica riprendeva nel suo svolgersi il metodo matematico, riproducendone, nei risultati conoscitivi, la sua esattezza

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