Pirrone,
fondatore
del movimento scettico, nacque ad Elide nel 365 a.C. circa. Nel 324,
stabilitosi ad Elide diede il suo insegnamento senza lasciare alcuno
scritto. Suo discepolo fu Timone
nato
a Flimite nel 325 a.C. circa. Si trasferì nel 295 ad Elide per
ascoltare il maestro. Tra le sue opere sono celebri: Pitone,
I Silli, Apparenze, Le sensazioni, Contro i Fisici, Il Banchetto
funebre di Arcesilao.
Quindi va ricordato Arcesilao,
nato nel 315 circa a Pitane nell’Eolide. Nel 300 si recò ad Atene,
studiò al Liceo sotto Teofrasto e alla morte di Cratete divenne
scolarca dell’Accademia. Morì nel 240 a.C.
La
posizione di Arcesilao venne approfondita da Carneade,
nato a Cirene tra il 219 – 214 a.C. Importante il viaggio di questi
a Roma. Nel 155 a.C., infatti, Carneade fece parte, con Critolao e
Diogene di Babilonia, della celebre ambasceria inviata a Roma dagli
Ateniesi multati per aver saccheggiato Oropo. Qui si distinse per
aver argomentato in due giorni a sfavore dell'esistenza di una legge
universale di giustizia. Le sue tesi scandalizzarono i benpensanti di
Roma; egli, infatti, giunse alla conclusione che la saggezza e la
giustizia non vanno necessariamente d'accordo. A prova di questa
proposizione affermava che se i Romani avessero voluto essere giusti
avrebbero dovuto restituire i loro possessi, guadagnati con la guerra
e lo sterminio, agli altri e andarsene, ma in tal caso sarebbero
stati stolti.
A
chiarimento di quello che abbiamo detto riportiamo un passo di
Cicerone:
« ...ed
espose tale tesi: tutti i popoli dominatori, innanzitutto i Romani
capi del mondo, se avessero voluto essere giusti con il rendere le
altrui proprietà, avrebbero dovuto ritornare come poveri alla vita
nelle capanne1 »
Carneade
fu uno scettico radicale e, a dire il vero, il primo filosofo a
sostenere il fallimento dei metafisici, che credevano di poter
spiegare in maniera razionale le credenze religiose. Oltre ad essere
stato un accanito avversario dello stoicismo, fu anche scolarca
dell'Accademia. Queste sono le argomentazioni che avanza a critica
dello stoicismo: alla dottrina di una comune ragione a tutti gli
uomini, Carneade controbatte la radicale diversità di opinioni dei
vari popoli e dei vari uomini; neppure l’idea di Dio è comune a
tutti in quanto vi sono sempre stati gli atei; contro la dottrina
della provvidenza e della ragione universale oppone la presenza del
male e dell’ingiustizia nel mondo; contro l’idea di un diritto
naturale oppone la diversità tra le leggi dei vari popoli, tali che
non permettono di elaborare alcun concetto universale di giusto e
ingiusto. Carneade afferma che ogni discorso si costituisce, come
vogliono gli stoici, di implicazioni dovute al ricordo di
impressioni, le quali, ognuna presa per sé, non è né vera né
falsa. Per dire che l’impressione è vera dovremmo conoscere
l’oggetto, ma sull’oggetto non possiamo fare alcun giudizio e,
pertanto, dobbiamo sospenderlo (epochè). Ogni discorso, in quanto
ipotetico, può opporsi ad un altro (antiloghia) e la validità di un
discorso può mutare se diverse sono le impressioni ed i ricordi. Una
volta rinunciata alla verità delle cose in sé, l’uomo si deve
attenere alla rappresentazione persuasiva (probabile – pithonon):
le rappresentazioni probabili si possono concatenare tra loro per
dare un sapere, insieme, coerente.
Lo
scetticismo (da skepsis
= ricerca) esprime un atteggiamento di stanchezza verso i sistemi
definiti, nonché una posizione critica verso i filosofi dogmatici, i
quali pretendono di cogliere l’essenza della realtà, la verità
delle cose. Il primo scetticismo si deve, come già detto, a Pirrone,
il quale critica la logica aristotelica per rifarsi alla scuola
megarica e a Democrito.
Pirrone
afferma che nulla possiamo conoscere che vada al di là
dell’apparenza, cioè di come le cose ci appaiono ai sensi e alla
ragione. Le essenze sono pertanto inconoscibili e le nostre
sensazioni non sono né vere né false. Tutte le rappresentazioni
sono ugualmente validi, così come sono ugualmente incerte, nel senso
che possono essere, ma possono anche non esserlo. Pirrone, però, non
nega la realtà, ma la pretesa di conoscerla nell’essenza. L’uomo
non può avere, infatti, sulla realtà alcuna conoscenza certa, e per
tale motivo non deve assumere un atteggiamento di fede o fiducia
innanzi a nessuna cosa. Non deve credere ad alcuna cosa; deve,
semmai, assumere un atteggiamento disincantato e imperturbabile, il
quale lo libera dal dogmatismo e gli permette una ricerca limitata al
probabile.
Pirrone
rifiuta di considerare come assoluti e eterni i valori delle varie
dottrine morali; tutto, infatti, è provvisorio e relativo alle
diverse situazioni umane. Il secondo momento dello scetticismo si
deve ad Arcesilao e a Carneade nell’arco di periodo in cui furono
capiscuola dell’Accademia. Arcesilao,
in contrapposizione allo stoicismo, afferma che non si possono
distinguere le fantasie catalettiche da quelle che tali non sono.
Nessuna fantasia (rappresentazione) ci si presenta con un’evidenza
maggiore di un’altra, sicché nessuna ci fa conoscere la realtà.
Quindi per non cadere nell’errore si dovrà sospendere l’assenso
(tale rappresentazione prende il nome di epoché). L’uomo nella sua
condotta deve invece agire in modo ragionevole. Nella sospensione
dell’assenso e nella condotta ragionevole si realizza
l’imperturbabilità (Atarassia) del saggio. Arcesilao e Carneade
sono i maggiori rappresentanti del cosiddetto secondo scetticismo.
I
maggiori rappresentanti del terzo periodo dello scetticismo furono,
invece, Enesidemo,
Agrippa e Sesto Empirico.
Alla fine del I secolo a.C. si venivano compilando le summae del
sapere stoico, platonico, aristotelico. Allo stesso modo si vennero
ordinando un complesso organico di argomenti, i modi (tropi) propri
della tradizione scettica. Celebri sono i 10 tropi di Enesidemo,
della II metà del I secolo a.C., ed i 5 di Agrippa del I sec. d.C.
In
tali tropi viene affermato che i
sensi non possono offrire alcun fondamento valido al conoscere;
vengono criticate le varie religioni e teologie; viene confutata
l'esistenza di un criterio logico universalmente valido. Resta,
pertanto, solo la sospensione del giudizio come posizione non
dogmatica del saggio.
Sesto
Empirico, autore
di Scrizzi
Pirroniani e Contro i matematici.
(II – III sec. d.C) richiama il pensiero ai limiti della
conoscenza. Per questi si tratta di non assumere a definitiva alcuna
tesi, e di cogliere, pertanto, di volta in volta, i dati che
permettono di capire i fenomeni, senza mai andare al di là di essi.
La ricerca deve essere sempre aperta (scepsi) come quei pensatori del
passato che hanno assunto un atteggiamento aperto. Sesto Empirico
critica fortemente lo scolasticismo e il dogmatismo.
1
Cicerone, De re publica, 3,21
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