Uno
degli
argomenti più interessanti del pensiero di questo secolo è
costituito dalle discussioni attorno al valore della dialettica e
alla sua utilizzazione nella riflessione teologica.
Uno
dei massimi esponenti di questo periodo è
Berengario
di Tours
(morto nel 1088), il quale riteneva la dialettica lo strumento
indispensabile per lo studio della sacra scrittura (la Bibbia). Per
Berengario fondamentale è la ratio
nella comprensione dei misteri religiosi. Inoltre, è dell'opinione
di potere spiegare tramite la dialettica il mistero dell’eucarestia.
Lanfranco,
arcivescovo
di Canterbury, nasce a Pavia nel 1005 e muore a Canterbury nel 1089.
Egli vede nella dottrina di Berengario un metodo che cerca di
giustificare e spiegare tutto mediante la dialettica. Quando in
realtà è solo il risultato di un abbandono delle auctoritates
scritturali e patristiche. Lanfranco non porta elementi filosofici
nuovi, bensì raccoglie e coordina i principali insegnamenti della
tradizione.
Un’altra
personalità di rilievo nella vita della chiesa è Pier
Damiani.
Nato a Ravenna, nel 1006 o 1007, morto a Faenza nel 1072, fu uno dei
più ferventi sostenitori della riforma monastica e della riforma
della Chiesa. Pier Damiani è un convinto sostenitore della vita
claustrale nella sua forma più ascetica. Tale tematica circola in
tutti i suoi scritti e, in special modo, in quelli dedicati alla vita
religiosa: De
perfezione monacorum, De ordine eremitarum, De comtemptu speculi.
Polemici furono i suoi toni contro le ordinazioni simoniache e i
corrotti costumi del clero. Pier Damiani è stato, inoltre, collocato
tra gli anti-dialettici. Ed, infatti, egli, oltre ad affermare la
supremazia del potere religioso su quello temporale, critica ogni
forma di sapere profano come inutile e dannoso.
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