sabato 26 maggio 2012

Le divinità degli inferi maya


La morte, completamento necessario della vita, ebbe anch’essa un corrispondente divino: Cisin. Divinità androgina in quanto in alcuni casi presenta caratteristiche femminili; viene associato alla notte e alla malattia; esso risiede nella parte più profonda degli inferi, dove giungono le anime della maggior parte dei defunti. Deità che simboleggia il completamento dialettico della vita, nei codici viene rappresentato mentre compie azioni di vario genere, come fumare la pipa in stato di estasi, praticare l’ auto sacrificio del pene o nell’atto di celebrazione delle cerimonie per il nuovo anno. Il dio della morte presiede inoltre i sacrifici umani, effettuati con lo scopo di nutrire gli dei e il cosmo; ciò conferma il suo aspetto dialettico e sottolinea il principio dell’ unità degli opposti, oltre al fondamentale fatto che dalla morte nasce la vita. Scrive Pietro Bandini1 che

“nei codici è rappresentato perlopiù come scheletro con il teschio[…] le costole e la colonna vertebrale sono scoperte e, dove ha ancora carne, essa è gonfiata da gas e la pelle è piena di macchie nere. […] come ornamento predilige orecchini di ossa o di panno lacerato e un collare spaventoso zeppo di occhi di cadaveri”.
Nelle ceramiche del periodo classico viene rappresentato come scheletro danzante. Suoi attributi non sono solo quelli della morte, infatti per il suo ruolo dialettico porta anche gli elementi della vita come occhi, pene ed ano. Veniva associato al numero dieci, il quale veniva pitturato o con due linee orizzontali o con la variante-testa, ossia il profilo del dio della morte2. Guy Annequin3 ci informa del fatto che tale dio veniva accompagnato da alcuni animali di cattivo augurio come la civetta e il cane, considerato guida per i defunti, e che perciò veniva seppellito insieme al cadavere.
Ixtab era la dea del suicidio, raffigurata nei codici mentre è sospesa nel cielo per mezzo di una corda annodata al collo.
Il cosiddetto Vecchio dio del Giaguaro degli inferi appare spesso nelle numerose ceramiche maya classiche, ma solo raramente nei codici più recenti. Questa deità perse quindi di importanza nel periodo post-classico. Essa va annoverata tra quelli che venivano dèi “neri” dei Maya; ciò perchè è contraddistinto da alcune caratteristiche quali il corpo truccato di nero e il portare armi, che lega questo dio alla guerra e alle altri catastrofi. Risiede a Xibalba, e il suo viso e pieno di punti neri che non sono da interpretare né come macchie di purificazione né come motivi del giaguaro, bensì come segni distintivi degli dei degli inferi.
Il mistero che sta dietro questo dio è dato dal fatto che il suo glifo non è stato ancora decifrato. Veniva rappresentato anche con il numero sette, e in quanto dio del cielo notturno era in stretto rapporto con Ixquic, giovane deità della luna. Sulle spalle del Vecchio dio del Giaguaro degli inferi si trova sempre un uccello, che non si capisce bene se si tratti di aquila o di gufo. L’ uccello è comunque un animale del cielo, è il fatto che si trovi sulle sue spalle è da interpretare con il fatto che i maya ritenevano che la notte gli inferi si collocassero sopra il mondo degli uomini.4
1 Pietro Bandini, op. cit., pag 48.
2 Cfr. ibidem
3 Cfr. Guy Annequin, op. cit., pag. 175.
4 Cfr. Pietro Bandini, op. cit., pagg. 56-57.

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