La
morte, completamento necessario della vita, ebbe anch’essa un
corrispondente divino: Cisin.
Divinità androgina in quanto in alcuni casi presenta caratteristiche
femminili; viene associato alla notte e alla malattia; esso risiede
nella parte più profonda degli inferi, dove giungono le anime della
maggior parte dei defunti. Deità che simboleggia il completamento
dialettico della vita, nei codici viene rappresentato mentre compie
azioni di vario genere, come fumare la pipa in stato di estasi,
praticare l’ auto sacrificio del pene o nell’atto di celebrazione
delle cerimonie per il nuovo anno. Il dio della morte presiede
inoltre i sacrifici umani, effettuati con lo scopo di nutrire gli dei
e il cosmo; ciò conferma il suo aspetto dialettico e sottolinea il
principio dell’ unità degli opposti, oltre al fondamentale fatto
che dalla morte nasce la vita. Scrive Pietro Bandini1
che
“nei
codici è rappresentato perlopiù come scheletro con il teschio[…]
le costole e la colonna vertebrale sono scoperte e, dove ha ancora
carne, essa è gonfiata da gas e la pelle è piena di macchie nere.
[…] come ornamento predilige orecchini di ossa o di panno lacerato
e un collare spaventoso zeppo di occhi di cadaveri”.
Nelle ceramiche del periodo classico viene
rappresentato come scheletro danzante. Suoi attributi non sono solo
quelli della morte, infatti per il suo ruolo dialettico porta anche
gli elementi della vita come occhi, pene ed ano. Veniva
associato al numero dieci, il quale veniva pitturato o con due linee
orizzontali o con la variante-testa, ossia il profilo del dio della
morte2.
Guy Annequin3
ci informa del fatto che tale dio veniva accompagnato da alcuni
animali di cattivo augurio come la civetta e il cane, considerato
guida per i defunti, e che perciò veniva seppellito insieme al
cadavere.
Ixtab
era la dea del suicidio, raffigurata nei codici mentre è sospesa nel
cielo per mezzo di una corda annodata al collo.
Il
cosiddetto Vecchio dio del Giaguaro degli
inferi appare spesso nelle numerose ceramiche
maya classiche, ma solo raramente nei codici più recenti. Questa
deità perse quindi di importanza nel periodo post-classico. Essa va
annoverata tra quelli che venivano dèi “neri” dei Maya; ciò
perchè è contraddistinto da alcune caratteristiche quali il corpo
truccato di nero e il portare armi, che lega questo dio alla guerra e
alle altri catastrofi. Risiede a Xibalba,
e il suo viso e pieno di punti neri che non sono da interpretare né
come macchie di purificazione né come motivi del giaguaro, bensì
come segni distintivi degli dei degli inferi.
Il
mistero che sta dietro questo dio è dato dal fatto che il suo glifo
non è stato ancora decifrato. Veniva rappresentato anche con il
numero sette, e in quanto dio del cielo notturno era in stretto
rapporto con Ixquic,
giovane deità della luna. Sulle spalle del Vecchio
dio del Giaguaro degli inferi si trova sempre
un uccello, che non si capisce bene se si tratti di aquila o di gufo.
L’ uccello è comunque un animale del cielo, è il fatto che si
trovi sulle sue spalle è da interpretare con il fatto che i maya
ritenevano che la notte gli inferi si collocassero sopra il mondo
degli uomini.4
1
Pietro Bandini, op. cit., pag 48.
2
Cfr. ibidem
3
Cfr. Guy Annequin, op. cit., pag. 175.
4
Cfr. Pietro Bandini, op. cit., pagg. 56-57.
Nessun commento:
Posta un commento