Pierre
Gassendi (1592 – 1655)
si oppose sia al sistema aristotelico (Esercitazioni
in forma di paradosso contro gli aristotelici)
che a quello cartesiano (Obbiezioni
alle meditazioni di Cartesio),
difendendo la validità della posizione scettica. Importante è anche
il saggio dal titolo Sintagma
philosoficum.
Gassendi
è dell'opinione che il sapere debba costruirsi su un uso empirico e
critico della ragione. A tal ragione si oppone a qualsiasi
costruzione
metafisica.
Nelle
Esercitazioni,
contro
la dottrina aristotelica – scolastica, contrappone una scienza
sperimentale e fenomenica che procede attraverso l’osservazione
attenta dei fenomeni naturali e la loro puntuale descrizione, senza
pretendere mai di giungere ad un sapere assoluto e definitivo.
Notevole è la distinzione che opera, in base ad un preciso criterio
gnoseologico, tra tra il sapere metafisico e la scienza
sperimentale. Per Gassendi, infatti, l’uomo è nella condizione di
conoscere solo quello che è capace di costruire e di fare, e cioè
gli oggetti artificiali e i fenomeni (soltanto se riesce a coglierli
nel loro formarsi). In altri termini, per Gassendi, l’uomo è
capace di conoscere per
causas
solo quando è capace di costruire l’oggetto o intendere i modi del
suo prodursi. Nelle Quinte
Obbiezioni
alle Meditazioni
di Cartesio, alle cui risposte replicherà con le Instantiae,
Gassendi si impegna non a confutare le tesi metafisiche che Cartesio
voleva dimostrare (esistenza di Dio e immortalità dell’anima),
bensì a falsificarne le prove e, quindi, la pretesa di costruire una
metafisica come scienza chiara e distinta. Cosa che Gassendi avverte
come l’inizio di un nuovo dogmatismo. La critica di Gassendi è
radicalmente empiristica. Per egli non si può separare il cogito con
la res cogitans perché la sostanza pensante, essendo inconoscibile,
è inseparabile. Inoltre non si può nemmeno escludere l’ipotesi di
un’unica sostanza che sia nel medesimo tempo pensante ed estesa,
infatti per Gassendi si ha una forte connessione tra pensare e
sentire. Inoltre, Gassendi denuncia un’incoerenza interna tra
cogito e Dio, e richiama Cartesio ad essere coerente nel suo sistema.
Incoerenza data dal fatto che Cartesio dovrebbe trovare solo nel
cogito il fondamento primo del filosofare. Dal cogito, ergo sum
dipende, a sua volta, anche la certezza dell’esistenza di Dio.
Inoltre, non è nemmeno accettabile la prova dell’esistenza di Dio
come idea innata nell’uomo. Ciò perché per Gassendi tutte le idee
hanno un’origine sensibile, e la stessa idea di Dio come essere
eterno, infinito, creatore, onnipotente non è altro che il frutto di
un processo storico, che ha portato a tale idea di Dio grazie ad un
processo di astrazioni e di negazioni del finito. Per Gassendi non è
valida nemmeno la seconda prova che pone Dio come causa
dell’esistenza del Cogito. Questa prova trova le proprie origini da
un principio aristotelico secondo il quale, non potendo retrocedere
all’infinito nella ricerca delle cause, bisogna porre una causa
priva. Ma nelle scienze naturali è possibile una ricerca di cause
all’infinito. Infine nemmeno la terza prova ontologica di Dio è
sostenibile, infatti l’esistenza non è una perfezione tra le
altre, ma è il fondamento stesso di tutte le perfezione. La
posizione di Gassendi non si ferma allo scetticismo, ma riesce a
superarla, infatti nella De
vita et moribus Epicurei, nell’Animadversiones in X librum
Diogeniis Laertii, e nel Sintagma philosophicum,
Gassenti accetta come alternativa valida alla filosofia aristotelica,
la speculazione democritea – epicurea. Questa, infatti, legando la
conoscenza alla sensazione, ponendo fine, con la concezione
atomistica, alla ricerca delle qualità e essenze occulte, riducendo
tutto al mondo dell’esperienza (ove le qualità reali sono
grandezza, figura, peso, ponendo invece come secondarie e soggettive
le altre), sembrava l’unica dottrina capace di dare una spiegazione
meccanicistica della realtà. Il radicale empirismo di Gassendi
comporta la costruzione di una filosofia sempre limitata al
fenomenico, al descrittivo, alla ricerca di nessi orizzontali di
cause, rinunciando alla ricerca delle cause ultime e dei principi
primi. La scienza non trova più il suoi grado di dignità nella
purezza e immutabilità dell’oggetto conosciuto, bensì nel grado
di certezza che si è capaci di raggiungere. la metafisica può
esserci come cauta estensione della conoscenza umana oltre il
fenomenico. Ma la metafisica non incide in nulla i principi fisici,
infatti atomismo
e flos
materiae
spiegano a sufficienza i fenomeni vitali senza fare bisogno ad
un’anima creata da Dio, inoltre l’etica democriteo – epicurea
non va contro la cristiana, ma fonda un comportamento autosufficiente
dell’uomo.
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