martedì 29 maggio 2012

La cultura filosofica in Oriente e in Grecia nel V secolo.


Proclo resse la scuola di Atene dal 438 al 485, anno della sua morte. Egli è il rappresentante dell’ultima grande sintesi della tradizione platonica antica, che viene reinterpretata in chiave platonica - aristotelica. Questi argomenti avranno grande successo nel medioevo, nella filosofia araba e greco – biazantina. Proclo, prendendo spunto da Plotino, afferma che tutto procede dall’Uno, il quale rimane per noi inconoscibile. Pertanto, di Lui non possiamo fare alcuna affermazione, e dobbiamo procedere solo per negazioni. L’Uno si caratterizza per un procedimento triadico secondo il quale permane in sé (monade), esce da sé causando il molteplice (proodos), e ritorna, come fine a sé, epistrophe. Tale procedimento caratterizza anche gli esseri finiti. L’uomo giunge all’Uno attraverso un procedimento ascetico di contemplazione causato dall’amore. L’Uno si coglie non per conoscenza, bensì mediante un atto di intuizione, che è una sorta di illuminazione con cui ci perdiamo nel silenzio dell’Uno. L’universo di Proclo si regge in un'armonia che è risultante dall'azione di due forze, che si attraggono e respingono (simpatie ed antipatie).
Nel 529, per volere dell’imperatore cristiano Giustiniano, venne chiusa la scuola di Atene, perché non si inseriva nel filone del pensiero messianico.
Damascio, ultimo rappresentante della scuola ateniese diede una interpretazione aristotelica della dialettica di Proclo: ogni cosa si sviluppava secondo uno scandirsi traidico di atto-potenza-atto. Dell’unico essere non si può dire nulla e a Lui tutto ritorna. L’Uno, condizione necessaria dell’esistere fenomenico, resta un postulato inconoscibile teoreticamente. Egli è, infatti, assolutamente trascendentale, e quindi scevro da qualsiasi determinazione, inconoscibile, indefinibile, ineffabile, impredicabile.
L’Uno, che da un lato permane in sè ( intelligenza ipercosmica), dall’altro lato procede da sé ( intelligenze encosmica ) dando realtà al tutto, fino alle determinazioni materiali. Alla fine di questo processo ritorna in sé.
Il corpus dello Pseudo-Dionigi venne erroneamente attribuito a Dionigi, discepolo di Paolo. L’autore di tale corpus, invece, ci rimane ignoto. L'opera è formata da una serie di scritti, quali Teologia mistica, Nomi Divini, Gerarchia celeste, Gerarchia ecclesiastica, Lettere.
Centrale è la dottrina propria del neoplatonismo che colloca Dio, L’Uno, al di là dell’Essere e di ogni possibilità per l'uomo di poterLo conoscere. Egli è, infatti, assolutamente altro, rimanendo pertanto ineffabile. Dio è luce inaccessibile, che può essere colto solo con un atto di intuizione,e non con le categorie logiche e ontologiche. Da Dio tutto emana, secondo una precisa gerarchia discendente che vede prima di tutto gli ordini angelici, la gerarchia celeste. Nella emanazione, nel processo creativo, Dio si manifesta, e quindi possibile attribuire a Dio tutti gli aspetti e gli attributi degli esseri creati ( teologia affermativa o catafatica). Alla teologia affermativa si oppone la teologia negativa o apofatica, e cioè la via che procede per negazione, per cui non si può dire nulla di Dio. Teologia negativa e teologia affermativa sono due metodi che non si vanno a contrapporre tra loro, perché le affermazioni non si possono contrapporre alle negazioni. Ed infatti Dio, l'Uno, la Causa Universale è al di là di ogni affermazione e negazione. Pertanto, solo chi supera ogni forma di conoscenza, il principio di non contraddizione, le categorie proprie della filosofia classica, può unirsi al principio del tutto, all’Uno inconoscibile: “ proprio perché non conosce più nulla, conosce al di là dell’intelligenza”.
Anche il duplice metodo teologico dell’affermazione e della negazione resta al di fuori dell’Uno. Nella totale assenza di parole e di pensieri si realizza l’unione (henosis ) della mente umana con l’Uno.

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