Thomas
Hobbes nasce
a Malmesbury il 5 Aprile 1588.
Notevole
è la sua produzione. Del
1628 è la traduzione della Storia
della guerra del Peloponneso
di Tucidide. Nel 1640 pubblica Gli
elementi di legge naturale e politica.
Nel 1641 finisce la stesura delle Obbiezioni
alle Meditazioni
di Cartesio e nel 1642 pubblica il De
Cive.
Del 1651 è il suo capolavoro dal titolo Il
Leviatano,
scritto din lingua inglese. Nel 1655 pubblica il De
Corpore
e nel 1658 il De
homine.
Infine pubblica un’opera storica sul Lungo
Parlamento,
il Decameron
Physiologicum.
Muore ad Hardwicke il 4 Dicembre del 1679.
La
filosofia politica di Hobbes prende forma da una precisa concezione
materialistica – meccanica dell'uomo e del mondo.
La
costruzione di questo sistema parte da elementi
o principi
semplici,
che
vengono composti tra loro mediante un rigoroso ordine logico ripreso
dal metodo matematico degli Elementi
di Euclide.
Hobbes,
quindi,
sviluppa i propri studi da quegli elementi immediatamente evidenti e
certi, ovvero il corpo
e il moto.
Già solo questi bastano per spiegare qualsiasi fenomeno naturale.
Corpo e moto, infatti, sono il fondamento necessario ed
indispensabile per la costruzione di ogni altro concetto, tra cui
quello di spazio
e di tempo.
Lo
spazio, afferma Hobbes, per passare da rappresentazione puramente
mentale a concreta esistenza, deve contenere il concetto di corpo; il
tempo, a sua volta, si lega in maniera inscindibile al concetto di
moto; ed, infatti, solo attraverso un processo di successione nello
spazio è immaginabile un prima e un dopo. Il moto è la causa di
tutto. I fenomeni naturali, così come i concetti e le passioni
umane, altro non sono che l'effetto di azioni reciproche tra corpi in
movimento,
secondo un succedersi meccanico di causa ed effetto.
Hobbes
ritiene, peraltro, che non vi sia una sostanziale differenza tra i
processi fisico – materiali e quelli spirituali. Causa della
sensazione è la pressione esercitata da un corpo esterno in moto
sull’organo di senso. Attraverso i nervi il moto si trasmette al
cervello, il quale risponde a tale impulso con la genesi di un
fantasma
o
rappresentazione mentale.
Una volta cessata l’azione dell’oggetto sul corpo, l’effetto
permane e si forma l’immagine-fantasma
o
concetto.
L’immagine o concetto non è altro che il permanere in forma
attenuta della sensazione passata. Il ripetersi delle stesse
sensazioni dà vita alla memoria,
che è la capacità di confrontare l’immagine presente con la
passata.
Quindi,
dai
moti dei corpi nasce tutto il complesso delle idee e delle funzioni
mentali (ragione, riflessione, associazione fra idee). È da
precisare che per Hobbes tutto ciò che di qualitativo vi è nella
sensazione (colore, sapore, odore, suono, ecc.) altro non è che il
prodotto di un moto esercitato dal corpo su di noi e, pertanto, non
ha alcuna realtà fuori di noi. La realtà esterna, spoglia di
qualsiasi attributo qualitativo, si rivela come una realtà corporea
in perenne movimento. Le qualità, quindi, sono presenti solo nei
nostri organi di senso. Tutte le nostre conoscenze si riducono ad
esperienze di fatto, e, poiché l'esperienza non garantisce
necessità, il nostro sapere non può giungere ad alcuna
universalità, e l'unica garanzia ad esso è dato dal nostro
arbitrio.
Il
linguaggio ha un valore meramente convenzionale ed è lo strumento
con cui l'uomo fissa i correlati mentali (immagini – concetti)
degli oggetti presi in considerazione, dando ad essi un nome.
L’imposizione di un nome ad un oggetto è, pertanto, un atto
arbitrario, con cui gli uomini indicano una medesima cosa.
L’universalità di un concetto sta solo nell’uso di un nome che
si abbraccia ad una serie di cose simili. Il linguaggio della scienza
non è il linguaggio della natura, il vero e falso si sintetizza
nell’uso del rispetto formale del discorso scientifico.
La
mente, in altri termini, opera esclusivamente sui segni, i quali non
hanno una corrispondenza ontologica con il mondo esterno.
Conseguentemente, le conclusioni scientifiche hanno validità
soltanto all'interno del sistema dei segni stessi, e non potranno
essere mai riferiti ad una realtà extramentale.
Il
ragionamento logico si riduce per Hobbes ad un semplici processo si
addizione e sottrazione di idee semplici, per cui l'idea di uomo
nasce dalla somma di più idee semplici come corpo+animato+
razionale. Ovviamente, se sottraggo l'idea di razionale si avrà
animale, e se sottraggo animale si avrà corpo.
Le
scienze soggette al metodo sintetico-deduttivo, come la geometria e
la meccanica, sono in nostro potere perché
costruite dal nostro volontario arbitrio, e, quindi, perfettamente
trasparenti alla nostra comprensione. L'unico principio di verità
valido per le scienze deduttive è quello che ciò che è fatto da
noi è valido per noi. La scienza naturale, che usa un metodo
induttivo, rimarrà sempre una scienza ipotetica.
Da
tale concezione del conoscere deriva l’esclusione della teologia
dalla filosofia, in quanto gli argomenti teologici non rientrano
nelle competenze della mente. Anche
la morale viene spiegata e giustificata mediante una concezione
materialista, per cui se il moto esteriore favorisce il movimento del
cuore (e quindi la nostra conservazione) si ha piacere, al contrario
si ha dolore.
L’uomo
non è un animale
sociale
come affermava Aristotele, è, semmai, un individuo diffidente e
nemico (homo homini lupus). Infatti l’uomo cerca di soverchiare
l’altro per assicurarsi la sopravvivenza. Detto ciò, appare ovvio
che lo stato naturale dell’uomo è la guerra.
Hobbes
giunto
a questo punto opera una distinzione tra diritto di natura (ove il
singolo cerca di preservare la propria natura anche a costo di
sopraffare l’altro) e legge
di natura
(ovvero la legge razionale o anche divina perché viene data da Dio).
Se il diritto di natura preserva la guerra in quanto tutti vogliono
tutto, la legge di natura cerca di garantire la conservazione di
tutti. Per fare ciò si instaura un’istituzione governativa, al cui
vertice sta il sovrano, che ha il compito di perseguire e mantenere
la pace. Al sovrano appartiene un potere assoluto, perché i singoli
hanno rinunciato ai propri diritti e li hanno dati ad un terzo, il
sovrano per l’appunto. La sua volontà è imprescindibile e
assoluta, e il patto non è revocabile, almeno che il leviatano non
vada contro il diritto della vita del cittadino, il quale, vedendosi
negare la propria conservazione, può annullare quel patto, che era
nato proprio per garantire la vita e la conservazione del singolo. Al
sovrano spetta decidere ciò che è giusto e ciò che è ingiusto e
da lui deriva la morale. La religione, come ogni altra cosa,
dev'essere determinata dal sovrano nel suo carattere pubblico, anche
se rimane libera dal punto di vista privatistico. Infine, al sovrano,
unico e solo vicario di Dio, vanno anche le competenze spirituali.
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