Aristotele
nasce a Stagira nel 384 a.C. Nel 367, a 18 anni, entrò l’Accademia
e vi rimase per 20 anni, fino alla morte del maestro. Abbandona
l'accademia perché a Platone succedette l'avversario Speusippo. Si
trasferisce ad Asso, alla corte dell'ex allievo di Platone, Ermia, e
qui vi rimane per circa tre anni. Poi risiede per due anni a
Militene. Nel 342 si sposta in Macedonia per richiesta del re
macedone Filippo. Diviene, pertanto, maestro di Alessandro, che
allora aveva tredici anni. Nel 335 a.C ritornò ad Atene, e, ormai
cinquantenne, vi fonda il Liceo o il peritato. Rimane alla direzione
della propria scuola sino al 323, anno della disfatta dell'allievo
Alessandro il Grande. Si rifugia a Calcide di Eubea, dove muore nel
322, ossia l'anno seguente.
Dei
primi scritti arostotelici ci sono rimasti solo pochi frammenti. Da
essi si può ricostruire l'elaborazione del pensiero dello stagirita,
che maturando va emancipandosi sempre di più da quello del maestro.
Tutte
queste prime opere sono scritte in forma dialogica, ad eccezione del
Protrettico.
Ciò rispecchia il metodo di Platone, che faceva effettuare le
ricerche in un contesto di confronto e di domanda-risposte.
Questi
scritti giovani di Aristotele sono detti essoterici, cioè “destinati
al pubblico”, per lo stile semplice e di facile accesso. Gli studi
successivi, detti “esoterici”, cioè “destinati agli iniziati”,
più difficili e scientifici, obliarono i precedenti, che non vennero
più trascritti, e che, conseguentemente, si perdettero.
Alle
opere essoteriche o acromatiche appartengono Grillo
o Della
retorica,
Simposio,
Sofista,
Eudemo
o Dell’anima,
Erotico,
Protrettico,
Sulla
ricchezza,
Sulla
preghiera,
Sulla
nobiltà,
Il
piacere,
L’educazione,
Il
regno,
Il
politico,
Dei
poeti,
Della
giustizia,
Sul
bene,
La
filosofia di
Archita,
La
filosofia di Democrito,
Della
filosofia.
Opere
perdute sono: Alessandro,
Problemi,
Divisioni,
Ipomneata,
Categorie,
Dei
contrari,
Delle
idee,
Pitagorici.
Andronico
di Rodi, attivo nel I sec, filosofo peripatetico ed undicesimo
scolarca, ossia successore al Liceo, ordinò le opere di Aristotele
in una raccolta, detta Corpus
Aristotelicus,
disponendo
gli scritti in quattro gruppi, ordinati non in ordine cronologico, ma
per argomento trattato.
Al
primo gruppo appartengono gli scritti di logica, indicati con il
titolo complessivo di Organon, cioè strumento,
poiché per Andronico la logica era lo strumento necessario per tutte
le altre scienze, ed infatti solo sapendo ben ragionare si possono
fondare saperi certi e sicuri in tutte le altre scienze. A questo
gruppo appartengono i trattati dal titolo Dell’interpretazione,
Analitici Primi, Analitici
Secondi,
Topici,
Elenchi
Sofistici.
Alle
opere di fisica appartengono i trattati dal titolo Fisica,
Del
cielo,
Generazione
e Corruzione,
Meteorologia,
Storia
degli Animali,
le
parti degli animali, sul movimento degli animali, sull’incedere
degli animali, generazione degli animali, l’anima e opuscoli
relativi all’anima, parva naturalia.
Libri
relativi alla filosofia prima sono Metafisica
(14 libri) da metha ta phisyka, cioè dopo i libri di fisica. Il
titolo, quindi, in origine indicava soltanto la disposizione di
questi studi, che vennero collocati subito dopo quelli che trattavano
argomenti concernenti la natura. Il termine metafisica, però, ebbe
così tanto successo che alla fine andò ad indicare anche
l'argomento stesso trattato in questo gruppo di scritti, e cioè ciò
che va oltre il fisico, ciò che trascende il materiale, e con
metafisica verrano indicati tutte quelle opere che cercheranno di
rispondere ad interrogativi riguardanti Dio, l'immortalità o meno
dell'anima, la totalità del mondo, ecc.
Alle
opere politiche appartengono l'Etica
Eudemia,
Etica
Nicomachea,
Magna
Moralia,
Politica,
Costituzione
degli ateniesi,
Retorica
e Poetica.
Anche
per Aristotele, come per Platone, il problema principale è la
ricerca di un metodo che porti ad un sapere certo. Esso ci viene dato
dlla definizione, la quale è possibile solo se si chiariscono le
dinamiche del corretto ragionamento. Solo mediante il giusto
procedere della ragione si può giungere alla definizione, la quale
permette la genesi di una conoscenza sicura, ossia scientifica.
Nella
metafisica, Aristotele critica le idee di Platone, perché esse non
spiegano l’esistenza delle cose, ma, al contrario, non fanno altro
che duplicarle. Ed infatti la mimesi
(imitazione)
e metessi
(partecipazione)
sono per Aristotele immagini poetiche e non ragionamenti scientifici.
Inoltre, se si ammette da un lato le cose, e dall’altro le idee
delle cose, si dovrà ammettere un’altra idea che comprende sia la
cosa che l’idea della cosa (argomento del terzo uomo), aprendo in
tal modo la via ad un processo che procede all’infinito.
L'argomento
del terzo uomo evidenzia la presa di distanza di Aristotele dal
proprio insegnante, anche se ciò non deve far pensare
all'instaurazione tra i due di rapporti conflittuali. Anzi. I due
filosofi erano proiettati alla ricerca della verità, ed ognuno, a
loro parere, vi giunse seguendo strade diverse. Aristotele ebbe
sempre gran rispetto per il proprio maestro, e questi sin da subito
intuì l'ingegno e la fervida intelligenza dello scolaro. Ma, come
dice Aristotele, non si può fare a meno di dire come stanno
realmente le cose; non si può tacere il vero.
L'argomento
del terzo uomo mette ben in luce una difficoltà delle idee
platoniche. Queste, come già si è detto, erano prototipi perfetti
delle cose sensibili. Per cui, per esempio, l'uomo terreno è copia
imperfetta dell'uomo ideale che si ha nell'iperuranio. Ma non si
capiva bene come dal prototipo si generasse la copia, e le
spiegazioni date da Platone sembravano allo stagirita poco
scientifiche e poco rigorose. L'imitazione
e la partecipazione,
infatti, apparivano ai suoi occhi come delle immagini poetiche,
fantasiose, e non frutto di un ragionamento rigoroso e sillogistico.
Inoltre, se l'uomo terreno, copia dell'idea di uomo ultraterreno, è
solo partecipe di quest'ultimo, bisogna allora che vi sia un
ulteriore idea che esprima quest'insieme di concetti. A sua volta
deve esistere un ulteriore idea che abbracci quest'idea e un altro
ancora che la contenga. Così, per ogni idea, vi sarebbe associato un
numero infinito di idee. Questo creerebbe una incontrollata
espansione all'infinito delle idee eterne presenti nell'Iperuranio.
Ogni idea, infatti, che giunge all'intelletto dell'uomo deve avere la
sua controparte nell'iperuranio. Perché se io ho l'uomo ideale e
l'uomo reale che dell'ideale partecipa, devo avere un'altra idea di
uomo che abbia qualcosa in comune sia con l'uomo ideale che con
quello reale. Altrimenti non avrei partecipazione tra l'idea di uomo
e l'uomo sensibile. Si ha pertanto l'idea di un terzo uomo. A questo,
però, bisognerebbe aggiungerne un quarto, un quinto, un sesto, ecc.,
in un procedimento infinito. Ponendo con A l'uomo ideale e con As
l'uomo sensibile, che imita il precedente, dobbiamo avere, quindi, un
A1 che sia imitazione dell'idea di uomo reale ed imitazione dell'idea
di uomo sensibile. Da esso un A2 che è l'idea derivante
dall'imitazione dell'imitazione dell'idea di uomo ideale e dell'idea
di uomo sensibile. Ciò comporterebbe un susseguirsi infinito di idee
di uomini.
Come
già detto, il problema fondamentale di Aristotele fu quello di
definire le condizioni che permettono la scienza, ovvero “ciò che
non può essere diversamente da quello che è”. Tale scienza è
detta teoretica: essa studia le “cause e i principi primi”. La
teoretica si divide in tre parti, a seconda dell'oggetto studiato:
filosofia prima (metafisica), fisica e matematica.
La
fisica si occupa dei corpi naturali che hanno esistenza propria,
autonoma, e che hanno in sé il principio di movimento e di quiete.
La
matematica è la scienza di ciò che è immutabile, ma che non ha
un’esistenza propria.
La
filosofia prima, scienza generale, studia ciò
che è
in quanto è quello che è, e le condizioni che gli sono intrinseche.
Studia il principio o essenza (ousia) delle cose, ovvero la sostanza.
Nel
libro XII della metafisica diviene studio della realtà che ha
esistenza propria, e che in quanto priva di materia, non ha alcuna
forma di mutamento.
Poi
vi sono le scienze pratiche (praxis), concernenti l’agire umano
volto a realizzare un fine, pertanto la realizzazione del bene e
della felicità, cioè l’etica. Ciò trova il suo prolungamento
nella politica e nella retorica, come arte del convincimento.
Infine
vi sono le scienze poietiche, cioè quelle che riguardano le azioni
rivolte alla produzione (poiesis = fare) di qualcosa, che assume una
realtà per sé, che non era in natura, ma è dovuta ad un atto
creativo.
La
logica, ovvero l’analitica, risolve (analizza) il discorso nei suoi
elementi più semplici, ed è lo strumento (organon) che rende
possibile i ragionamenti corretti, in tutti gli ambiti scientifici.
Le premesse della logica devono essere vere, inconfutabili, colte,
quindi, non con dimostrazioni, ma con un’intuizione. Ciò dà i
principi primi logici comuni a tutte le scienze. Tali principi primi
sono: il
principio di identità, il principio di non – contraddizione, il
principio del terzo escluso.
Con
la formulazione del giudizio si ha la predicazione, dove due termini
sono posti in rapporto da un verbo, che afferma o nega. Alla dottrina
dei giudizi è connessa quelle delle categorie.
La
categoria è la classe in cui si raggruppano le determinazioni della
realtà. La prima categoria è la sostanza, ovvero ciò
che è in sé e per sé,
mentre ogni altra determinazione si riferisce alla sostanza e,
pertanto, non è
in sé e per sé,
ma in rapporto alla sostanza (sono gli accidenti).
Nella
predicazione si procede alle determinazioni (attributi del soggetto).
Quindi qualità
(bianco o nero), quantità
(lungo o corto), relazione
(maggiore o minore), luogo,
tempo,
posizione,
azione,
passione,
condizione.
Tali categorie sintetizzano tutti i possibili predicati entro cui è
lecito fare giudizi.
La
scienza è conoscenza certa, a cui si giunge mediante la formulazione
di sillogismi. quest'ultimo è, per Aristotele, un ragionamento in
cui, poste alcune premesse, ne derivano necessariamente una
conclusione.
Il
sillogismo si forma di tre proposizioni: due sono le premesse, una è
la conclusione, e per essere scientifico deve avere premesse
immediatamente vere e indimostrabili, oppure avere le premesse
costituite da conclusioni di un altro sillogismo scientifico. Il
sillogismo può essere dialettico o apodittico. Nel primo caso le
premesse sono probabili e, quindi, le conclusioni non rientrano nel
campo del sapere certo; nel secondo caso, invece, le premesse sono
necessarie e le conclusioni verità oggettive.
Per
Aristotele, al contrario di Platone, la dialettica offre un sapere
opinabile e confutabile. Solo i sillogismi sono, infatti,
ragionamenti dimostrativi.
Abbiamo
detto che la teoretica studia l'essere di ogni cosa, cioè quello che
fa essere una data cosa quella che è.
Per
Aristotele le essenze di ogni cosa nascono dal sinolo di materia e
forma. La materia, avendo in sé la possibilità di assumere una
forma, si può anche indicare come ente in potenza; la forma, in
quanto principio che realizza, determina la materia costituendo
questa o quella sostanza; nasce in tal modo la coppia potenza –
atto. La materia e la forma sono i principi primi senza i quali non
si può avere la realtà. Quindi, la causa materiale e la causa
formale, in seguito si ha la causa efficiente (ciò che fa sì che si
attui), e la causa finale (ovvero il fine).
Possiamo
fare un esempio a chiarimento di quello che abbiamo detto:
l'uomo
è sinolo, ossia unione, di materia e forma, che possiamo chiamare
anche potenza e atto. Ed infatti, un bambino è uomo solo in potenza,
ma in futuro lo sarà in atto. La materia o potenza è ciò che si
plasmerà in un certo modo; la forma o atto è la cosa che si
realizza, la quale può essere, però, potenza di altro, per esempio
il bambino è atto, ma è, anche, potenza di uomo.
A
maggiore chiarimento diciamo che la materia è privazione se deve
divenire qualcosa, ed è atto, se ha realizzato la cosa. Il divenire
della natura avviene, quindi, col continuo passaggio dalla potenza
all'atto secondo tre principi ben precisi, che sono forma, materia e
privazione, dove quest'ultima è ciò che ancora deve essere.
Ora,
se nella natura inanimata bastano i tre principi di forma, materia e
privazione a spiegare il divenire, per i prodotti costruiti dagli
esseri viventi si rendono necessarie quattro cause: la causa
materiale, la causa formale, la causa efficiente o motrice e la causa
finale. Facciamo un esempio a chiarimento di ciò: se dobbiamo
costruire una statua necessitiamo del bronzo (causa materiale), della
forma che essa deve assumere (causa formale), dello scultore (causa
efficiente o motrice) e di una destinazione (causa finale).
È
da notare che ogni causa efficiente presuppone a sua volta un'altra
causa efficiente. Per esempio il frutto che nasce dal fiore proviene
da un seme inseminato da altre piante. Il tutto avviene in un ciclo
che si ripete per chissà quante piante senza che, quindi, per
qualsiasi frutto si possa più sapere quale è la sua causa prima.
Ciò darebbe vita ad una catena di nessi causali che andrebbe
all'infinito, nella quale ogni causa per agire avrebbe bisogno di
un'altra causa, e questa di un'altra, e così via. Per evitare un
regresso all'infinito, occorre postulare l'esistenza di un motore
immobile (qualcosa che muova senza muoversi) e atto puro (cioè che
sia eternamente in atto senza bisogno di qualcosa che determini il
suo passaggio dalla potenza all'atto), che in ogni movimento dia
inizio a una serie di nessi causali. Questa causa viene identificata
con Dio. Esso è Principio Primo e Causa Primaria è Dio, ossia Atto
Primo, Sostanza Immateriale, assolutamente semplice ed immobile. La
sua attività immateriale è la forma di vita più alta.
Dio
pone fine alla successione infinita di cause, ed è, pertanto, Motore
Immobile. Ed infatti, se ogni oggetto è mosso da un altro, questo da
un altro ancora, e così via a ritroso, alla fine della catena si ha
deve necessariamente avere un motore immobile. Esso è "motore"
perché è la meta finale a cui tutto tende, "immobile"
perché causa incausata, cioè Atto Puro, non generato. Solo in Lui
l'essenza coincide con l'esistenza, e, pertanto, solo Lui è
necessario. Tutti gli enti sono possibili, in quanto la loro essenza
è possibile, ma non necessaria, e per tale motivo sono attratti da
lui. Nel Motore Immobile tutto è compiuto perfettamente, e non v'è
nessuna traccia del divenire, perché questo è appunto solo un
passaggio. Non vi è neppure l'imperfezione della materia, che
continua, invece, a sussistere negli enti inferiori; e non vi può
essere perché egli è Atto Puro, causa incausata.
Aristotele
esaminando i corpi in movimento distingue quattro tipi di movimento o
moto: la generazione e corruzione (cioè il moto sostanziale per cui
le cose nascono e muoiono); il mutamento (ovvero l’alterazione
qualitativa); l’accrescimento e diminuzione (cioè passaggio da
piccolo a grande) e la traslazione (ossia movimento locale distinto
dal movimento violento). Il movimento presuppone il divenire, cioè
passaggio da qualcosa a qualcos'altro, ove la sostanza rimane
invariata, e gli accidenti cambiano. Il movimento, come detto,
presuppone tre principi: materia (sostrato), forma e privazione.
Forma e materia sono cause e condizioni dell’esistenza di una cosa,
mentre la privazione è il principio di mutamento in quanto indica la
mancanza di una forma, in un soggetto avente già una forma. Ogni
essere o ente è, quindi, sinolo, unione, di materia e forma. Ogni
movimento però, comporta una causa del movimento (cioè una causa
efficiente) e un fine (una causa finale).
Aristotele
pone a fondamento della sua concezione fisica del mondo la dottrina
dei quattro elementi enunciata da Empedocle. Quattro sono, quindi,
gli elementi che costituiscono il mondo materiale (terra, acqua, aria
e fuoco), ai quali lo stagirita ne aggiunge un ulteriore, etere, la
materia speciale che costituisce il cielo. I quattro elementi sono
dotati di moto rettilineo, dall’alto al basso (terra e acqua) o dal
basso all’alto (aria e fuoco), a seconda della loro naturale
pesantezza o leggerezza; ogni elemento occupa infatti un luogo
naturale. Il moto dei quattro elementi è imperfetto, in quanto ha un
inizio e una fine; perfetto è, invece, quello circolare dei cieli,
in quanto non ha né un principio né una fine. La zona celeste va
dal cielo delle stelle fisse al cielo della luna, sotto il cielo
della luna inizia zona degli elementi. Oltre ai moti naturali, vi
sono anche quelli violenti, per esempio una pietra lanciata in alto.
Il moto si spiega con lo spostamento dell’aria dato dalla mano che
lancia la pietra.
Aristotele
nega il vuoto, in quanto renderebbe impossibile il movimento. Il
numero delle sfere celesti è di 55.
Nella
fisica rientra lo studio degli esseri viventi: sinolo di materia –
forma, ove la forma o atto è il principio di vita, e pertanto anima.
In quanto forma l’anima non esiste separata dal corpo e non è
quindi, pensabile un’anima che esista prima della nascita e dopo la
morte. L’anima può essere composta da tre aspetti: vegetativa,
sensitiva, razionale. La pianta si riduce al primo aspetto e svolge,
in tal modo, le sue funzioni nutritive; gli animali svolgono sia la
funzione vegetativa e nutritiva, infine l’uomo vive
vegetativamente, sente e pensa, giudica e realizza in sé la
conoscenza di tutta la realtà. La sensazione si conserva nella
memoria e l’accostamento di più sensazioni crea l’esperienza
della successione temporale.
L’etica
è la scienza pratica. Essa è sempre volta ad un fine, il bene,e,
pertanto, di volta in volta, il realizzarsi di questo o quel fine. Da
ciò, Aristotele dice che l’etica è una scienza architettonica. La
felicità consiste pertanto nella piena attuazione della propria
natura. L’etica si divide in virtù etiche e virtù dianoetiche.
Ove le prime sono attività proprie della vita politica, le seconde
sono l’attuazione dell’attività dell’intelletto. Le virtù
dianoetiche sono intelligenza, scienza, sapienza, ragionevolezza o
saggezza, arte. La vita etica si identifica nel continuo esercizio di
attuare di volta in volta il giusto mezzo tra due estremi. Per
Aristotele la virtù perfetta è la giustizia, in quanto esprime il
giusto non solo rispetto alla misura interiore che l’uomo deve
realizzare in se stesso, ma anche rispetto alla misura che realizza
in un ordinato equilibrio politico. La giustizia si determina come
giustizia distributiva e giustizia correttiva. La giustizia
distributiva dà ad ognuno ciò che gli spetta (onore, denaro, beni)
in proporzione ai propri meriti e condizione sociale; la giustizia
correttiva corregge gli squilibri che si vengono a creare nei
rapporti tra gli uomini (per esempio nei contratti, nei furti, ecc.).
L’uomo per Aristotele è per natura un animale politico. La prima
forma di associazione è la famiglia, poi il villaggio, e infine lo
stato. Aristotele distingue tre tipi di governo: monarchia (governo
di uno solo), aristocrazia (governo dei migliori o dei privilegiati)
e politeia ovvero repubblica, governo democratico o costituzionale.
Quest’ultima forma di governo è per Aristotele la migliore, in
quanto è il governo dove sono i più a governare, dove con i più si
intende la classe media. La corruzione delle tre forme di governo
sono la tirannide, degenerazione della monarchia; l’oligarchia,
degenerazione dell’aristocrazia; la democrazia, degenerazione della
repubblica. Gli schiavi, che per natura sono incapaci di realizzare
la natura dell’uomo e la vita intellettuale, sono alla guisa degli
animali e degli strumenti materiali.
Allo
studio del mondo umano appartiene la retorica, e cioè l’indagine
critica dei tipi di discorso capaci di persuadere. Siamo pertanto nel
mondo del possibile. La poesia è tale perché fa un mondo di parole,
di ritmi, di voci e segni che non si esaurisce nell’azione stessa
(come l’oratoria) ma che acquista autosufficienza. Il mondo poetico
è perciò imitazione, ma non in senso spregiativo, ma nel senso di
presentazione di realtà verosimili ove vi sono significati
universali. Nella poetica Aristotele attribuisce alla tragedia la
funzione di catarsi, cioè di purificazione delle passioni. La
tragedia deve attuarsi secondo regole formali quali l'unità di tempo
(tutto deve svolgersi nell’arco di un giorno) di luogo (tutto deve
svolgersi nello stesso luogo) e di azione (tutto devi svolgersi
attorno ad unico tema centrale).
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