Il sole, poiché veniva considerato come un aspetto di
Itzamna, rappresentò la deità suprema. Secondo il Popol
Vuh il titolo di divinità del sole dovrebbe
toccare solo a Hunahpu,
ma i Maya si preoccuparono sempre di rendere giustizia agli
antenati.1
Senza le due divinità originarie Xmucane
e Xpiyacoc, non ci
sarebbe stato Hunahpu, pertanto tutto ciò che è venuto dopo deriva
da essi. Anche per questo motivo alla dea Xmucane
spetta il titolo di Signora della Luna
e al suo sposo di dio del sole. Il sole costituiva per i Maya un
astro di rilevante importanza, perchè grazie ad esso si sviluppava
la vita. Il sole, per i Maya, era il generatore della vita, l’origine
del divenire in generale e delle quattro stagioni. La rilevanza che
assumeva il suo culto ci viene suggerita anche dal fatto che egli era
il signore del numero quattro. Veniva rappresentato per mezzo di un
fiore con quattro petali, e il profilo della sua testa veniva usato
come variante di tale numero.2
Il quattro assumeva grande importanza, in particolare nel calendario
solare: quattro portatori dell’ anno si danno il cambio nella
signoria sull’anno Haab, il quale è il prodotto di quattro per 90 giorni. I
noltre il quattro è il risultato della differenza tra i
tredici cieli e i nove livelli degli inferi; infine, quattro sono i
cieli, quattro i punti cardinali e quattro i colori sacri che vi
vengono associati. Ricordiamo che il numero associato al dio del mais
è l’otto, mentre il dio della pioggia viene assciato al sei. Le
tre divinità sono quindi molto legate le une alle altre, in quanto
il sole e la pioggia sono due elementi che non possono mancare
affinché si abbia un buon granoturco. Le tre divinità hanno
ciascuna dei compiti che non potrebbero essere espletati senza l’
aiuto dell’ altro dio successivo. Tutto questo porta ad una
crescita numerica che diviene metafora del fluire della vita: dal
quattro al sei, dal sei all’ otto, e quindi dal sole alla pioggia e
da queste due al mais.3
Il suo ciclo giornaliero gli conferisce
attributi contraddittori e ambivalenti: quando si innalza nel cielo è
vita, fonte di luce, ordine e bene, quando si inabissa negli inferi
diventa energia di morte, distruzione, e prende le sembianze del
giaguaro. Nella iconografia classica viene rappresentato con grandi
occhi quadrangolari e stra-bici, dente limato, lingua sporgente e
zanne spilariformi agli angoli della bocca. A volte sulla fronte ha
presente un simbolo simile al nostro otto, rappresentante il corpo di
un serpente.4
Il dio solare è relazionato a molti animali che ne sintetizzano
alcuni suoi aspetti sacri, come il giaguaro (sole morto del mondo
sotterraneo), il cervo, il colibrì (il potere sessuale del sole), e
l’aquila (l’aspetto guerriero del sole). Vi sono altri animali
che entrano in contatto con questa divinità per discendere sulla
terra e comunicare la sua natura divina ad alcuni uomini, inviare
messaggi, ricevere offerte oppure solo per comunicare la comparsa
dell’astro. Questi animali sono per la maggior parte uccelli: la
gallinella selvatica, la gazza e l’ara. Nello Yucatan si pensava
che in quest’ultimo animale si incarnasse il sole per scendere a
Izamal e ricevere le
offerte degli uomini. Questa città era dedita al culto di Itzamna,
cosa che pertanto proverebbe l’identificazione delle due divinità.
Nella sua relazione con la terra, il drago personifica sia la
superficie terrestre sia la forza generatrice che essa racchiude,
pertanto è connesso con le divinità della morte che vi risiedono, e
naturalmente, con il giaguaro, che, come già detto, è portatore di
una forte simbologia, in quanto personifica sia il sole morto che il
mondo sotterraneo e il cielo notturno.
Nella stele di Copan esso viene
raffigurato come un grande mascherone, a volte dai tratti scarniti,
congiuntamente a simboli relativi all’acqua e al mondo vegetale.
Nei testi coloniali è rappresentato sotto forma di grande caimano o
di coccodrillo fantastico.
1
Cfr ibiem, pag. 61.
2
Cfr. ibidem.
3
Cfr. Martin Brennan, op. cit., passim.
4
Cfr Pietro Bandini, op. cit., pagg. 61-62.
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