I
più diretti seguaci di Alberto Magno svilupparono i temi platonici e
neoplatonici, già presenti nell’opera del maestro, con una netta
accentuazione verso sbocchi mistico-speculativi. Un posto di primo
piano occupa Ulrico
di Strasburgo,
che così scrive di Alberto: “uomo
in ogni scienza così divino da potere essere giustamente definito
stupore e miracolo del nostro tempo”.
Autore
di una
Summa
de bono,
rispecchia il neoplatonismo albertino e di Avicenna. Ciò si mostra
evidente nella dottrina della derivazione (fluxus, processus) degli
esseri da Dio: “la
prima causa è pura luce formale e intellettuale e, poiché essa
causa in virtù della sua essenza, altrimenti non sarebbe prima
causa, ne segue necessariamente che il suo effetto è diffusione di
questa luce e di questa forma”.
Dalla
diffusione della prima luce e della prima forma procedono le
intelligenze o angeli, motori delle sfere celesti e ministri della
grazia.
Teodorico
di Vriberg, appartenente
all'ordine domenicano,
fu studente a Parigi. Qui vi muore nel 1310.
Egli
è uno dei pensatori più particolari della
storia del neoplatonismo medioevale. Ed infatti, oltre ad essere il
primo ad utilizzare largamente Proclo, intuisce, rifacendosi a
Grossatesta e a Bacone, l'importanza della ricerca fisica secondo
moduli scientifici. Nella metafisica di Teodorico rifluisce lo schema
neoplatonico del fluxus e della reversio, i testi di Agostino, quelli
di Proclo e quelle di Avicenna. Anzi Teodorico ritiene che tutti i
filosofi concordano nell’indicare i momenti della processione del
molteplice dall’Uno. Teodorico riprende quindi Avicenna ma apporta
una modifica essenziale che dà un senso cristiano a tutto il sistema
e a tutta la processione del molteplice. Egli infatti sottolinea che
il procedere da una cosa all’altra non significa che l’una crei
l’altra, sicchè la causalità delle cause seconde resta
subordinata alla causalità della causa prima. La discesa degli
esseri si scandisce secondo lo schema neoplatonico: l’Uno, le
intelligenze, le anime, i cieli, il mondo sublunare, e per una
inversa tensione gli esseri tendono all’Uno. Si chiude in tal modo
il circolo. Il conoscere è un’attività retta dall’intelletto
agente, il quale contiene in sé, contemplandole in Dio, le rationes
aeternae, fondamento del conoscere vero. Questa dottrina
dell’intelletto agente, legata alla dottrina agostiniana, culmina
nella dottrina della visione beatifica: “la
beatitudine si realizza per la nostra unione a Dio con la
contemplazione beatifica, nella quale vedremo Dio per essenza, poiché
non è verosimile che quanto più nobile e alto Dio mise in noi
manchi di quella beatitudine”.
Importanti anche gli studi di Teodorico sulla luce, vista non come
forma costitutiva del mondo, ma come forma accidentale del mondo
trasparente. Da Aristotele prende la concezione della scienza come
ricerca delle cause, ma scinde tra un sapere certo, che consiste
nella definizione propria della causa in questione, da un sapere
probabile che si fonda sull’universale dialecticum come
generalizzazione provvisoria dell’esperienza. Infine va
sottolineata proprio l’importanza che riveste l’esperimento, sia
come falsificazione di dottrine opposte sia come conferma nelle varie
ricerche.
Witelo
nasce nella Slesia attorno al 1230, studente a Parigi, poi a Padova.
Egli sviluppa la metafisica di Grossatesta e Bacone della luce sul
piano della ricerca matematica e della dimostrazione naturale. Ciò è
evidente nella sua Prospectiva o Ottica scritta intorno al 1270.
Nella Perspectiva Witelo riassume i temi dell’influenza di Dio, che
scalarmene si determina nelle sostanze intelligibili e, tramite
queste, nel mondo corporeo, diversamente operando nei diversi gradi
della realtà. Il medium che realizza la connessione e
l’assimilazione delle sostanze corporei con i corpi superiori e
perpetui è la luce. In tal modo Witelo riduce le azioni reciproche
dei corpi alle leggi della propagazione della luce che si diffonde
secondo linee rette ed esercita la sua influenza secondo gli angoli
di incidenza che i raggi formano con la superficie dei corpi. Dal
punto di vista metodologico è sostenuto il congiungimento di
esperienza e di tecnica, necessari per la costruzione di strumenti
ottici e di misurazione, e quindi legata alla concreta opera di
ricercatore che congiunge esperienza e dimostrazione, privilegiando
la prima che trova poi appoggio nella dimostrazione.
Bertoldo
di Moosburg discepolo
di Teodorico di Vriberg è un autore che ha molta importanza nello
sviluppo del neoplatonismo medievale e che sarà ancora letto e
utilizzato nel quattrocento. Domenicano, è autore fra l’altro di
una Expositio
super Elementationes Theologicam Procli.
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