giovedì 31 maggio 2012

La riforma protestante


La riforma
Con questo termine si intende il profondo rinnovamento religioso compiuto nel cinquecento a seguito delle lotte scoppiate contro la Chiesa cattolica, accusata di corruzione e impostura. Rinnovamento che avrà forti ripercussioni anche nella formazione di un nuovo assesto istituzionale e politico che preparerà le basi dell'epoca moderna.
Il promotore della riforma è Martin Lutero. Fra i seguaci di Lutero si ha Filippo Melantone (1497 – 1560): umanista, professore di greco all’università di Wittemberg. Questi fu grande amico e collaboratore di Lutero, e diede la prima sistemazione della teologia luterana con i Loci communes rerum theologicarum (1521). Le sue concezioni si contraddistinguevano da quelle di Lutero perché erano più miti, meno pessimistiche e cercavano di salvaguardare maggiormente la dignità dell'uomo. A lui si deve, oltre la redazione della Confessio augustana, anche la sua massima opera teologica, il Commentarius in epistulam Pauli ad romanos.
Totalmente diversa è, invece, l'origine della riforma anglicana in Inghilterra. Essa prende vita da un disguido politico impersonato da Enrico VIII, che nel 1534 sottomette il clero alla corona.
Martin Lutero, (1483 – 1546) fu dottore in teologia. Nel 1512 inizia il suo insegnamento a Wittemberg con un corso sull’epistola ai romani, in cui sono già presenti i primi elementi della sua teologia. Nel 1517 espone la questione delle indulgenze e stila in latino le 95 tesi, dal titolo Disputatio pro declaratione virtutis indulgentiarum, ben presto tradotte e diffuse in tutta la Germania. Nel 1521 il papa lo dichiara eretico e l’imperatore lo espelle dalla Germania. Torna a Wittemberg nel 1522 e ricomincia a predicare e a diffondere la propria dottrina. Esorta frati e monache ad abbandonare i conventi, condanna le rivolte contadine ed ottiene l’adesione sempre più massiccia dei principi, fino al riconoscimento nella Dieta di Augusta (1530) e alla pace di Norimberga (1532). Centrale nel suo pensiero è la dottrina dell’assoluta onnipotenza di Dio e della radicale contingenza della creatura.
Lutero pone, inoltre, una profonda distinzione tra teologia e filosofia, con radicale diffidenza verso l’aristotelismo scolastico. Fondamentale nella esperienza religiosa di Lutero è la formazione agostiniana. Forte è in lui la paura, di derivazione biblica, dell’ira di Dio. Paura data dall’impossibilità per l’uomo di capire i disegni di Dio. Prova terrore all’idea di un Cristo che giudica con grazia e condanna nel giorno del giudizio, ed è assertore dell’assoluta inutilità di ogni pratica penitenziale e ascetica perché l’uomo è soggetto a satana. Tutto ciò, insieme alla vendita delle indulgenze da parte della Chiesa con la promessa della remissione dei peccati e della salvezza ultraterrena, porta Lutero alla comprensione della paradossale situazione del cristiano, e cioè peccatore per sua stessa natura e insieme purificato dalla Fede in Cristo. Diviene centrale in Lutero la dottrina della giustificazione per fede. Dottrina che egli lega all’insegnamento di San Paolo apostolo e all’intuizione che ebbe nel 1515 meditando su un passo della lettera ai romani: “la giustizia di Dio si rivela da fede a fede, secondo che è scritto: ma il giusto vivrà per fede…l’uomo è giustificato mediante la fede, senza le opere della legge”. Ciò porta Lutero a pensare che è la fede, dono gratuito di Dio, a fare salvare l’uomo. Questa prende il nome di teologia crucis. Per la salvezza non hanno, quindi, valore e importanza le opere, ma la fede e l’abbandono totale dell’uomo verso Dio. Sostenere che la fede giustifica senza opera alcuna non significa che non si debba fare alcuna opera buona, perché le opere buone sono segni esteriori che derivano dalla fede, in quanto la fede non rimane oziosa. Lutero elimina, però, il valore dei meriti individuali che la teologia tradizionale faceva derivare dalle opere. Lutero afferma l'inutilità della classe sacerdotale, perché, a suo dire, il sacerdozio, come testimonianza della parola di Dio, è di tutti (sacerdozio universale). Infine, la fede, in quanto fiduciosa adesione alla parola di Dio, che trova manifestazione nella Sacra Scrittura, non ha bisogno della mediazione dell’interpretazione di un’autorità dottrinale e deve essere aperta ad ogni credente. I sacramenti vengono ridotti a 2, battesimo e cena cioè Eucarestia, che non sono efficaci per se stessi, ma per l’atto di fede del credente che li riceve.
Giovanni Calvino (1509 – 1564) è la massima autorità riformista dopo Lutero. Fondamentale è il suo lavoro dal titolo Cristianae religionis istitutio (Istituzione della religione cristiana - 1536) dove offre una sistemazione organica alla teologia riformata, con una forte interpretazione personale. Egli accoglie la dottrina luterana della giustificazione per fede (ove le opere buone sono dello stesso valore di quelle cattive, e quindi cattive esse stesse senza la fede in Dio) e della Bibbia come fonte esclusiva della rivelazione, ma, al contempo, accentua fortemente il tema della predestinazione. In maniera più specifica, per Calvino non sono le opere a dare la salvezza, ma Dio ha salvato nella propria grazia dall’eternità già alcuni uomini, e per manifestare la sua giustizia ne ha condannati altri. Quindi a rigor di logica non è neppure la fede che salva, ma è solo Dio, che nel suo disegno salva alcuni e danna altri. Allo stesso modo in ogni professione del singolo uomo si ha l’espressione del disegno divino, e quindi l’uomo è portato ad adoperarsi col massimo delle proprie forze nel proprio lavoro.
Huldereich Zwingli (1484 – 1531) operò una riforma a Zurigo prendendo le mosse dal pensiero di Erasmo e sostenendo un rinnovamento etico/religioso della vita cristiana, denunciando la corruzione della Chiesa di Roma, l’abuso del culto dei Santi, l’abuso delle indulgenze. Tra i suoi scritti si ha Esposizioni e fondamenti delle tesi o articoli, ovvero commento dalle 67 tesi che vennero accettate dal governo di Zurigo, il De vera et falsa religione e il De fidei ratio. L’insegnamento di Zwingli promuove la libera predicazione della Bibbia, accentua l’inutilità delle opere rispetto all’insondabile, afferma l’assoluta maestà di Dio, il valore simbolico dell’Eucarestia e sostiene che la Chiesa è un popolo di fedeli che deve identificarsi con lo Stato, con la conseguenza di una stretta dipendenza della politica dalla religione.
Martin Butzer (1491 – 1551) operò a Strasburgo e diffuse il pensiero di Lutero. Guglielmo Farel (1489 – 1565) operò senza successo a Ginevra, e fu dapprima vicino a Zwingli, in seguito vicino al Calvino. Michele Serveto (1511 – 1533), spagnolo, ebbe larga fortuna in Italia e in Europa orientale. Le sue opere sono il De trinitatis erroribus (1531) e il Cristianismi restituito (1553). Serveto rifiuta la Trinità, perché afferma di non averne trovato traccia nella Bibbia. Inoltre, nega la dottrina dell’incarnazione. Per Serveto, quindi, Cristo non è figlio di Dio dall’eternità, ma un uomo in cui la parola di Dio si è manifestata in maniera unica, così da divenire per grazia, e non per natura, figlio di Dio. Serveto negava anche la predestinazione di Calvino e ridava valore alle opere. Infine, affermava che il ritorno di una Chiesa austera si poteva realizzare solo con il ritorno al cristianesimo primitivo. Perseguitato nei paesi cattolici, si rifugiò a Ginevra ove Calvino lo fece imprigionare e bruciare sul rogo.

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