La
riforma
Con
questo termine si intende il profondo rinnovamento religioso compiuto
nel cinquecento a seguito delle lotte scoppiate contro la Chiesa
cattolica, accusata di corruzione e impostura. Rinnovamento
che avrà forti ripercussioni anche nella formazione di un nuovo
assesto istituzionale e politico che preparerà le basi dell'epoca
moderna.
Il
promotore della riforma è Martin Lutero. Fra i seguaci di Lutero si
ha Filippo
Melantone
(1497 – 1560): umanista, professore di greco all’università di
Wittemberg. Questi fu grande amico e collaboratore di Lutero, e diede
la prima sistemazione della teologia luterana con i Loci
communes rerum theologicarum
(1521). Le sue concezioni si contraddistinguevano da quelle di Lutero
perché erano più miti, meno pessimistiche e cercavano di
salvaguardare maggiormente la dignità dell'uomo. A lui si deve,
oltre la redazione della Confessio
augustana, anche
la sua massima opera teologica, il Commentarius
in epistulam Pauli ad romanos.
Totalmente
diversa è, invece, l'origine della riforma anglicana in Inghilterra.
Essa prende vita da un disguido politico impersonato da Enrico VIII,
che nel 1534 sottomette il clero alla corona.
Martin
Lutero,
(1483 – 1546) fu dottore in teologia. Nel 1512 inizia il suo
insegnamento a Wittemberg con un corso sull’epistola ai romani, in
cui sono già presenti i primi elementi della sua teologia. Nel 1517
espone la questione delle indulgenze e stila in latino le 95 tesi,
dal titolo Disputatio
pro declaratione virtutis indulgentiarum,
ben presto tradotte e diffuse in tutta la Germania. Nel 1521 il papa
lo dichiara eretico e l’imperatore lo espelle dalla Germania. Torna
a Wittemberg nel 1522 e ricomincia a predicare e a diffondere la
propria dottrina. Esorta frati e monache ad abbandonare i conventi,
condanna le rivolte contadine ed ottiene l’adesione sempre più
massiccia dei principi, fino al riconoscimento nella Dieta
di Augusta
(1530) e alla
pace di Norimberga
(1532). Centrale nel suo pensiero è la dottrina dell’assoluta
onnipotenza di Dio e della radicale contingenza della creatura.
Lutero
pone, inoltre,
una profonda distinzione tra teologia e filosofia, con radicale
diffidenza verso l’aristotelismo scolastico. Fondamentale nella
esperienza religiosa di Lutero è la formazione agostiniana. Forte è
in lui la paura, di derivazione biblica, dell’ira di Dio. Paura
data dall’impossibilità per l’uomo di capire i disegni di Dio.
Prova terrore all’idea di un Cristo che giudica con grazia e
condanna nel giorno del giudizio, ed è assertore dell’assoluta
inutilità di ogni pratica penitenziale e ascetica perché l’uomo è
soggetto a satana. Tutto ciò, insieme alla vendita delle indulgenze
da parte della Chiesa con la promessa della remissione dei peccati e
della salvezza ultraterrena, porta Lutero alla comprensione della
paradossale situazione del cristiano, e cioè peccatore per sua
stessa natura e insieme purificato dalla Fede in Cristo. Diviene
centrale in Lutero la dottrina della giustificazione
per fede.
Dottrina che egli lega all’insegnamento di San Paolo apostolo e
all’intuizione che ebbe nel 1515 meditando su un passo della
lettera ai romani: “la giustizia di Dio si rivela da fede a fede,
secondo che è scritto: ma il giusto vivrà per fede…l’uomo è
giustificato mediante la fede, senza le opere della legge”. Ciò
porta Lutero a pensare che è la fede, dono gratuito di Dio, a fare
salvare l’uomo. Questa prende il nome di teologia
crucis.
Per la salvezza non hanno, quindi, valore e importanza le opere, ma
la fede e l’abbandono totale dell’uomo verso Dio. Sostenere che
la fede giustifica senza opera alcuna non significa che non si debba
fare alcuna opera buona, perché le opere buone sono segni esteriori
che derivano dalla fede, in quanto la fede non rimane oziosa. Lutero
elimina, però, il valore dei meriti individuali che la teologia
tradizionale faceva derivare dalle opere. Lutero afferma l'inutilità
della classe sacerdotale, perché, a suo dire, il sacerdozio, come
testimonianza della parola di Dio, è di tutti (sacerdozio
universale). Infine, la fede, in quanto fiduciosa adesione alla
parola di Dio, che trova manifestazione nella Sacra Scrittura, non ha
bisogno della mediazione dell’interpretazione di un’autorità
dottrinale e deve essere aperta ad ogni credente. I sacramenti
vengono ridotti a 2, battesimo e cena cioè Eucarestia, che non sono
efficaci per se stessi, ma per l’atto di fede del credente che li
riceve.
Giovanni
Calvino
(1509 – 1564) è la massima autorità riformista dopo Lutero.
Fondamentale è il suo lavoro dal titolo Cristianae
religionis istitutio
(Istituzione
della religione cristiana
- 1536) dove offre una sistemazione organica alla teologia riformata,
con una forte interpretazione personale. Egli accoglie la dottrina
luterana della giustificazione per fede (ove le opere buone sono
dello stesso valore di quelle cattive, e quindi cattive esse stesse
senza la fede in Dio) e della Bibbia come fonte esclusiva della
rivelazione, ma, al contempo, accentua fortemente il tema della
predestinazione. In maniera più specifica, per Calvino non sono le
opere a dare la salvezza, ma Dio ha salvato nella propria grazia
dall’eternità già alcuni uomini, e per manifestare la sua
giustizia ne ha condannati altri. Quindi a rigor di logica non è
neppure la fede che salva, ma è solo Dio, che nel suo disegno salva
alcuni e danna altri. Allo stesso modo in ogni professione del
singolo uomo si ha l’espressione del disegno divino, e quindi
l’uomo è portato ad adoperarsi col massimo delle proprie forze nel
proprio lavoro.
Huldereich
Zwingli
(1484 – 1531) operò una riforma a Zurigo prendendo le mosse dal
pensiero di Erasmo e sostenendo un rinnovamento etico/religioso della
vita cristiana, denunciando la corruzione della Chiesa di Roma,
l’abuso del culto dei Santi, l’abuso delle indulgenze. Tra i suoi
scritti si ha Esposizioni
e
fondamenti
delle
tesi
o
articoli,
ovvero commento dalle 67 tesi che vennero accettate dal governo di
Zurigo, il De
vera et falsa religione
e il De
fidei ratio.
L’insegnamento di Zwingli promuove la libera predicazione della
Bibbia, accentua l’inutilità delle opere rispetto all’insondabile,
afferma l’assoluta maestà di Dio, il valore simbolico
dell’Eucarestia e sostiene che la Chiesa è un popolo di fedeli che
deve identificarsi con lo Stato, con la conseguenza di una stretta
dipendenza della politica dalla religione.
Martin
Butzer (1491
– 1551) operò a Strasburgo e diffuse il pensiero di Lutero.
Guglielmo
Farel
(1489 – 1565) operò senza successo a Ginevra, e fu dapprima vicino
a Zwingli, in seguito vicino al Calvino. Michele
Serveto
(1511 – 1533),
spagnolo,
ebbe larga fortuna in Italia e in Europa orientale. Le sue opere sono
il De
trinitatis erroribus
(1531) e il Cristianismi
restituito
(1553). Serveto rifiuta la Trinità, perché afferma di non averne
trovato traccia nella Bibbia. Inoltre, nega la dottrina
dell’incarnazione. Per Serveto, quindi, Cristo non è figlio di Dio
dall’eternità, ma un uomo in cui la parola di Dio si è
manifestata in maniera unica, così da divenire per grazia, e non per
natura, figlio di Dio. Serveto negava anche la predestinazione di
Calvino e ridava valore alle opere. Infine, affermava che il ritorno
di una Chiesa austera si poteva realizzare solo con il ritorno al
cristianesimo primitivo. Perseguitato nei paesi cattolici, si rifugiò
a Ginevra ove Calvino lo fece imprigionare e bruciare sul rogo.
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