Nasce
in Inghilterra nel 1292/1300, ed
entrato nell’ordine francescano, compie gli studi universitari a
Oxford. Importante è il suo viaggio ad Avignone, in cui si reca per
difendere alcune sue concezioni tacciate di eretismo. Non riuscendo a
confutare del tutto le accuse che gli vengono mosse, viene obbligato
a risiedere nella città. Nonostante ciò continuò la sua
predicazione di povertà evangelica e insieme a Michele
da Cesena
rompe con il papa di Avignone Giovanni XXII.
Si
rifugia
insieme al Michele presso l’imperatore Ludovico il Bavaro, il
quale, nel frattanto, aveva fatto eleggere un antipapa, Nicolò V. Il
papa di Avignone, ovviamente, condanna sia l’imperatore, che
Guglielmo, Michele e Marsilio
da Padova
come eretici.
Essi
continuano, però, ugualmente
a sostenere la predicazione della povertà evangelica, rifacendosi al
cristianesimo originario, ed entrano in polemica con le istanze
temporali del papa e del clero. Sconosciuta ci rimane la data di
morte di Ockham, di cui si perde ogni notizia dal 1349. Notevoli sono
le sue opere, di cui vanno ricordate il Commento
alle sentenze, Summa totius logicae.
Alcuni suoi saggi sono rivolti contro il papa di Avignone. Tra essi
vanno menzionati l’Opus
nonaginta dierum, il Contra Johannem XXII, Compendium errorum papae,
il Dialogum de imperatorum et pontificium potestate.
Guglielmo
di Ockham asserisce
che il pensiero cristiano è di una originalità così radicale da
non permettere una sua utilizzazione ed interpretazione in chiave
aristotelica.
Egli
assume una posizione caratteristica già a partire dalla
dimostrazione dell’esistenza di Dio. Secondo Ockham si può
dimostrare Dio come causa efficiente conservante, in quanto se non
esistesse una causa prima che una volta create le creature non li
conservi (cioè che non li faccia permanere nel loro essere) avremmo
l’assurda contraddizione di esseri creati e non creati in quanto
capaci di esistere di per sé, una volta creati. Creazione e
conservazione
coincidono negli esseri finiti. Da ciò la fondamentale importanza
della causa agente conservante o primum conservans. Ockham sottolinea
fortemente l'estrema potenza divina e la sua assoluta libertà, tanto
che afferma che le creature sono contigenti, sospese nel libero atto
del Creatore, il quale può anche mutare le leggi che egli stesso ha
definito. Si ha quindi la distinzione tra potenza
ordinata e potenza assoluta
di Dio. Distinzione che non abbiamo in Dio, il quale per la sua
assoluta semplicità non ammette distinzioni nella sua essenza. La
potenza ordinata indica quanto Dio fa secondo le leggi da lui stesso
stabilite nel corso normali degli eventi; la potenza assoluta indica
quanto Dio può fare in quanto non implica contraddizione. Questo
comporta che non esiste nel mondo creato alcuna intrinseca necessità,
tanto che Egli potrebbe fondare altri mondi con leggi diverse dal
nostro. La dottrina della potenza assoluta offre uno spazio
amplissimo di riflessione filosofica e teologica che permettono
l’introduzione di ipotesi che vanno a scardinare il pensiero
aristotelico. La più nota e importante per gli sviluppi successivi è
l’ipotesi della conoscenza intuitiva del non esistente, cioè la
possibilità di conoscere come presente un oggetto assente, per
l’intervento dell’assoluta potenza di Dio. Ciò significa che la
visione di un oggetto è distinta dall’oggetto visto, quindi la
prima (notizia intuitiva) può essere causata da Dio senza l’oggetto
corrispondente. Ciò non significa che Dio ci inganna in quanto non
implica giudizio sull’esistenza. Altra dottrina di particolare
interesse è quella riguardante la struttura della realtà: usando
quello che è stato detto il suo rasorio
semplificatore, per
cui non si devono moltiplicare gli enti se non è necessario.
Ockham pertanto nega
la differenza tra essenza ed esistenza in quanto l’esistenza non
significa alcunché di distinto dalla cosa stessa: l’essenza di una
cosa è la sua stessa esistenza, tra essenza ed esistenza non si ha
distinzione né reale né mentale.
Peraltro, per Ockham, l’essere esistente è sempre singolare in
quanto “ogni
individuo è individuo di per sé”.
Affermazione questa di radicale importanza perché elimina la
dicotomia tra conoscenza sensibile e conoscenza intellettuale –
astrattiva – dell’universale, ciò nega una presunta natura
soggiacente ai particolari sentiti. La conoscenza deriva, quindi,
dalla realtà nella sua concreta individualità, avviando in tal modo
una concezione del sapere scientifico legato alla conoscenza
sperimentale. Ockham respinge in tal modo il realismo degli
universali, e rifiuta anche l’idea dell’universale come segno
convenzionale e lo riconduce dapprima ad una rappresentazione mentale
(fictum), cioè a un modello che si riferisce a un complesso di cose
singolari, e poi ad una qualità della mente: come le parole sono
segni delle cose per convenzione, così questi segni (concetti o
termini mentali) si dicono universali in quanto si possono predicare
in rapporto a cose singolari e hanno valore intenzionale, in quanto
si riferiscono e portano verso più individui. Importanti sono anche
i suoi scritti politici che entrano in forte contrasto con la chiesa
del tempo e con il papa di Avignone Giovanni XII. Il papa affermava
di possedere il potere di disporre di ogni cosa nell’ordine
temporale e spirituale. Ockham dichiara tale concezione contraria
alla dottrina del Vangelo. Cristo non ha affidato a Pietro alcuna
giurisdizione temporale, bensì solo un compito di governo spirituale
( potere non come dominio, ma come servizio). Il Papa non può quindi
esercitare alcuna forma di potere temporale sull’imperatore, sul re
e sugli uomini, fedeli o infedeli. Inoltre conformemente alla legge
cristiana, e di contro alla legge mosaica, il papa non può imporre
nemmeno la natura spirituale, perché altrimenti la chiesa sarebbe
una comunione di servi e non di liberi.
Marsilio
da Padova (1275/1342),
è da ricordare per l'opera Defensor
pacis.
In
essa
si sostiene l’indipendenza dello stato rispetto alla Chiesa, perché
compito dello stato è la felicità degli uomini sulla terra e non
nella vita futura.
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