Quello
dei Maya fu un popolo che eccelse nelle arti e nelle scienze, di
grande spirito religioso, la cui cultura, come dice Eric Thompson
nel suo La civiltà maya,1
“produsse uomini di genio, e li produsse in una atmosfera per noi
incredibile[…]si tratta di gente che trionfò nelle attività
impratiche e fallì nelle pratiche”. I Maya riuscirono a disegnare
una carta della volta celeste, ma non seppero utilizzare la ruota;
elaborarono una delle più elevate concezioni dell’eternità
nell’antichità, si prodigarono nel computo di milioni di anni
eppure non riuscirono a trovare il modo di pesare un sacco di grano.
Il loro è un popolo il cui comportamento non è comprensibile se si
fa esclusivo ricorso alle nostre categorie abituali di pensiero e
analisi. Ritorneremo però su questo aspetto nel prossimo capitolo,
quando faremo una panoramica sugli aspetti più specificamente
culturali di questo popolo. In relazione alla storia di questo
popolo, ci sembra importante proporre una osservazione: i Maya al
contrario di ciò che pensava Eric Thompson, non furono mai un popolo
pacifico: al contrario, la loro storia è costellata di guerre, di
invidie e gelosie all’interno delle corti, di tradimenti. Ciò si è
potuto comprenderlo grazie alla traduzione della scrittura maya (i
glifi), che ci ha
permesso di comporre un quadro più esatto della loro storia e
abbandonare la tesi di Thompson circa la natura prevalentemente
pacifica dei Maya, che, insieme a Guy Annequin, dipingeva un popolo
tutto intento alla contemplazione e alle scienze. Studi successivi
come quelli di Martin Brennan nel suo Il
segreto dei Maya e di David Webster nella
Misteriosa fine dell’impero maya hanno
mostrato con chiarezza il carattere bellicoso di questo popolo; anzi,
nel crescere del numero e dell’intensità dei conflitti David
Webster vede uno dei motivi principali della loro decadenza.
Nella
suddivisione e classificazione delle epoche della storia maya ci
rifacciamo alla tesi di Thompson sia perché, come dice Alberto
Guaraldo nella introduzione alla Civiltà
maya di Thompson, egli rappresenta uno dei
massimi studiosi di questa cultura, sia perché la validità della
sua suddivisione è riconosciuta dalla gran parte degli storici e
archeologi che si sono occupati di questa civiltà. Seguendo dunque
questa suddivisione thompsoniana abbiamo un periodo
formativo o pre-classico che va dal 1500 a.c.
circa al 200 a.c. circa, un periodo classico
che va dal 200 a.c. circa al 925 d.c. circa, un periodo
post-classico che
va dal 925 d.c. al 1200 d.c. e un periodo
messicano che va dal 1200 d.c. al 1519 d.c.
Guy Annequin, in una sua importante opera, a proposito
dei Maya, scrive:
[i
Maya] “sono situati nel cuore dell’America centrale, all’estremo
sud-orientale dell’altopiano centrale messicano. Il territorio dei
Maya occupava una superficie grande come l’Italia, estendendosi per
circa 900 chilometri, dalle coste del pacifico, a sud, fino
all’estremità settentrionale dello Yucatan, una specie di sperone
che si spinge verso nord, in direzione del Tropico del Cancro[…].
In quella zona maya, tra il mare dei Carabi ed il Pacifico, si
succedono tre zone diverse dal punto di vista naturale: ambiente,
vegetazione, clima, tipo di vita cambiano man mano che ci si sposta
da una costa all’altra e da sud verso nord. Quindi abbiamo una
tripartitica divisione geografica del territorio maya e cioè le
terre del sud, il territorio centrale e la provincia
settentrionale2”.
L’autore
descrive questa “tripartitica divisione geografica” con queste
parole:
La
prima [regione geografica] si estende sulle alte terre montuose “del
Chiapas e del Guatemala[…]e quelle adiacenti del Salvador, fertili
e caratterizzate da un clima sano, in cui abbondano la pietra e il
legno[…]. Il clima temperato, la fertilità del suolo, quasi tutto
vulcanico, l’abbondanza di selvaggina rendono questa regione
particolarmente accogliente e adatta ad una vita non troppa
difficile[…]. Stranamente, questa zona ben popolata e favorevole
sotto molti aspetti non conobbe uno splendore culturale paragonabile
a quello delle altre due zone, situate più a nord. Le località di
Chinkultic, Kaminal-juyu, Mixco-Viejo, Ixminche, Zaculeu, per quanto
importanti non raggiunsero mai lo splendore delle località più
settentrionali del Petèn[…]. La zona centrale che segue
immediatamente, più bassa, dal terreno calcareo, ricoperta da una
foresta immensa, nel Tabasco (Messico), nel Petén (Guatemala) e
nell’Honduras, percorsa da fiumi lenti, ricca di lagune, satura di
umidità, in una parola inospitale al massimo, fu paradossalmente il
teatro delle più alte realizzazioni culturali della Mesoamerica.
Proprio in questa zona, che ha una piovosità pari a quattro metri
d’acqua all’anno, si trovano le città più belle dell’epoca
d’oro dei Maya, dell’epoca cosiddetta classica. In questa zona
tropicale e malsana…si poteva coltivare la terra solo dopo aver
formato degli spiazzi nella foresta, dopo aver abbattuto con le asce
di pietra gli alberi e averli bruciati. I raccolti cominciavano a
diminuire dopo tre o quattro anni ed i contadini erano costretti a
lasciare i loro campi e a cominciare altrove un nuovo lavoro di
disboscamento. Eppure, proprio in quella terra ingrata, che
richiedeva continue cure, lavoro, sforzo sono nate le più splendide
città del mondo maya: Palenque, Pietras Negras, Yaxchilan, Tikal,
Uaxactun, Quirigua, Copan[…]per citare soltanto quelle
conosciute[…]Man mano che si procede verso il nord[…]ci
addentriamo nella terza zona, quella settentrionale, molto più secca
e totalmente priva di fiumi, se si escludono tre piccoli corsi
d’acqua costieri, e il cui rilievo è costituito solo da piccole
colline. Ci troviamo negli stati messicani del Campeche, del Quintana
Roo e dello Yucatan. In quest’ultimo, il cui suolo è calcareo,
gessoso e poroso, la vita è possibile solo attorno ai “cenotes”,
grandi crateri di sfondamento, simili a voragini[…]Lo Yucatan come
la Florida è formato da tavolati calcarei, emersi in ere geologiche
relativamente recenti[…]Questa zona soffre inoltre di una quasi
completa mancanza di risorse naturali e l’agricoltura dà risultati
assai magri, se si esclude il cotone. La fauna è parimenti scarsa,
sia per quanto riguarda il numero delle specie che per quanto
riguarda il numero degli esemplari. Comunque, malgrado questa
relativa povertà, la regione fu molto popolata e conobbe una fase di
splendore durante il periodo classico; poi, prima dell’ anno mille
subì l’apporto di un gruppo etnico, proveniente dal Messico e da
Tula in particolare. Quest’unione provocò una seconda fioritura
culturale, nell’XI e XII secolo, una specie di rinascimento
maya[…]in questo periodo si diffuse lentamente l’impiego del
rame[…]
La
temperatura è calda dappertutto, a causa della vicinanza al tropico
di tutta la penisola”.3
Il
clima in questione va da un minimo di 22° a un massimo di 40°. Eric
Thomson , a proposito delle lingue maya, scrive:
“esistono
quindici tra lingue e dialetti principali maya ancora parlati, e
altre due varietà si sono estinte di recente. Diverse presentano
delle sottovarietà che sfumano nelle lingue o dialetti di territori
contigui. Il caso è vagamente simile a quello delle lingue
neolatine. Vi sono lingue maya ancora più vicine tra loro di quanto
lo è il portoghese allo spagnolo, altre non si assomigliano più che
il francese all’italiano. Forse non sarebbe improprio parlare di
due sole lingue maya, quella degli altipiani e quella della pianura,
e considerare le altre varietà come dialetti. Il gruppo maya non ha
parentela stretta con alcun altro linguaggio dell’America centrale
o centro-settentrionale. Nel territorio settentrionale e nella parte
settentrionale del territorio centrale si parla solo lo yucateco, che
molti considerano il Maya per antonomasia. A sud-est e sud-ovest di
questa zona un tempo si parlavano il chontal e il mopan, e alla base
del territorio centrale il chontal e due varietà del chol; infine a
Copan e intorno a Copàn si parlava il chorti, un dialetto della
lingua chol. Nel Chiapas orientale si parlano lo tzotzil, lo tzeltal,
il chaneabal e il chuh; sono varietà abbastanza imparentate tra
loro. Se dallo Yucatan si scende più a sud, si nota un passaggio
graduale dallo yucateco allo tzotzil. Nel territorio maya la
differenza tra due dialetti è proporzionale alla distanza geografica
tra le aree rispettive; e ciò ci dimostra che da molti secoli a
questa parte non si è verificato nessun movimento etnico di una
certa importanza[…]Lo stesso rapporto tra distanza e varietà
linguistica si ritrova presso i Maya degli altipiani. Qui i
principali gruppi linguistici sono il quichè, il cakchiquel, il mam,
il kekchi e il pokoman. Il passaggio da una sfera linguistica o
dialettale all’altra è così graduale che spesso è difficile dire
dove comincia una e finisce l’altra. Come osservò Andrade, una
grande autorità in fatto di lingue maya, per fare una carta
topografica di queste lingue bisognerebbe dosare i pannelli in
infinite sfumature[…]. Le lingue dei Maya sono musicali, gradevoli
all’orecchio. E mantengono il suono di d e di f; la r
appare in un solo dialetto di pianura…”4
Anche
David Webster afferma che “i principali ceppi linguistici maya si
somigliano molto l’uno con l’altro, e le differenze sono
all’incirca quelle che sussistono tra le lingue romanze europee.
Tale somiglianza fornisce una decisa argomentazione a favore di una
origine comune in tempi relativamente recenti e/o di un alto gradi di
interazione”5.
A
questo punto possiamo forse farci un’idea più precisa
sull’identità dei Maya.
Chiarificatore
in questo senso è ancora David Webster:
“sebbene
sia allettante cedere alla tentazione di pensare ai Maya come ad una
etichetta generica, è assai probabile che i Maya precolombiani non
abbiano mai pensato a se stessi in termini di collettività, come ad
un gruppo etnico nel senso moderno del termine, così come, se non in
tempi assai recenti, non lo fecero i loro discendenti[…]. Gli
scribi nativi (al tempo dei conquistadores) assai raramente
utilizzavano il termine maya per descrivere se stessi, addirittura lo
consideravano dispregiativo. Anche se la parola ha certamente origine
nel nuovo mondo, di fatto sono stati gli esterni a creare i moderni
significati di maya in quasi tutti gli utilizzi specifici, vale a
dire linguistici, geografici e culturali. Cosa più importante, maya
o mayano è un termine linguistico che si riferisce ad un insieme di
circa 31 lingue e dialetti strettamente correlati tra loro, molti
dei quali sono ancora diffusamente parlati nel centro-America
meridionale e orientale. Presi assieme, essi comprendono quella che i
linguisti chiamano la famiglia linguistica macro-maya[…] Dal
momento che individui di lingua maya hanno occupato per lungo tempo
la vasta regione dell’America centrale[…]la parola maya possiede
anche una connotazione geografica, che fondamentalmente coincide con
la zona di distribuzione linguistica[…] Un terzo significato della
parola maya si riferisce a quella tradizione culturale, sviluppatasi
nell’arco di migliaia di anni, che caratterizza ampiamente le
popolazioni di lingua maya. Tale tradizione non comprende solo il
linguaggio, bensì tutti gli aspetti della cultura generalmente
condivisa, o quello che potremmo chiamare il folklore:
modalità di lavorare la terra, cucina e cibo, erezione di strutture,
riconoscimento di legami parentali, sistemi di distribuzione di
ricchezze ed eredità, definizione e regolazione di genere e
sessualità, atteggiamenti verso la morte, la ricchezza e il rango, e
molti altri aspetti essenziali della vita[…]”6.
Quindi,
per “Maya” si intende quel vasto popolo che, insediatosi
nell’America centrale, condivide lo stesso ceppo linguistico e che
si riconosce in una medesima tradizione culturale.
6
Ibidem, pagg.40 -45.
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