Maurice Merleau – Ponty (1908 – 1961),
filosofo francese, fu autore di una Struttura del comportamento,
del 1942; di una Fenomenologia della percezione, del 1945; di
un Umanesimo e terrore, del 1947; di un Senso e non –
senso, del 1948; di un Elogio della filosofia, del 1953;
delle Avventure della dialettica, del 1955; dei Segni,
del 1960 e de Il visibile e l'invisibile, postuma, del 1964.
La fenomenologia di Merleau – Ponty approda ad un
mondo di percezione come ambiguità di senso e di non – senso, di
organicità e di ragione. In altre parole, la fenomenologia porta a
riconoscere che l'io è situato sempre nel mondo. L'io, a sua volta,
è sempre incarnato. E, pertanto, è sempre corporeità. Ciò
significa che l'io è sempre intersoggettività, nel senso specifico
che solo rapportandosi con l'altro si rapporta con se stesso e
viceversa. Il mondo, quindi, “è la culla di tutti i
significati” e “il senso di tutti i sensi”. E in ciò
trova spiegazione l'ambiguità di senso e di non – senso. Ed
infatti, l'uomo è sempre contestualizzato, appartenente ad una
dialettica storica, ad un rapportarsi con l'altro. E in tale
condizione l'uomo esplica dei significati sempre mutevoli, intrisi di
significati che col tempo si svuotano per cedere il posto a
significati del tutto nuovi. Un mondo, quindi, di libertà. Di una
libertà che si esplica grazie all'intersoggettività, e che comporta
delle scelte e delle decisioni. Basta pensare ad un prigioniero che
torturato non confessa perché non vuole tradire i suoi compagni.
Compagni che non sono lì con lui, ma che nella sua coscienza e nella
sua esistenza vivono realmente. E proprio questa intersoggettività,
questo rapportarsi con l'altro, implica una decisione che è libertà
dell'individuo, dell'essere uomo.
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