G.E.
Moore.
A
cavallo tra ottocento e novecento la filosofie maggiormente affermate
sono quelle neopositiviste e quelle analitiche. In
tale contesto si inserisce la filosofia anglosassone, che riprende le
istanze hegeliane e sviluppa un pensiero affermante la supremazia
dello spirito rispetto a quelle correnti materialistiche e
positivistiche. L'egelismo viene spesso interpretato come “idealismo
gnoseologico”,
ossia come negazione della realtà sensibile o, comunque, sua
riduzione alla coscienza o a stati mentali.
Una
delle figure più importanti dell'idealismo anglosassone è quella di
Francis Herbert Bradley
(1846 – 1924), autore degli Studi
di etica,
del 1876; dei Principi
di logica,
del 1883 e dell'Apparenza
e realtà,
del 1893. Bradley, muovendo dalla tesi hegeliana “il vero è
l'intero”, giunge ad una forma di radicale scetticismo nei
confronti dell'esperienza. Ed infatti, se la verità può trovarsi
solo nella completa armonizzazioni delle contraddizioni, tale
requisito è sempre assente nel mondo dell'“apparenza”, che deve
essere, pertanto, giudicato come inconsistente e privo di coerenza
logica, oltre che di effettiva realtà.
Contro
questa posizione scettica, che in qualche maniera riprende la
dottrina berkeleyana “esse
est percipi”,
si muove la filosofia realistica di G.E.
Moore
(1873 - 1958), autore del saggio La
confutazione dell'idealismo.
Importanti sono anche i Principia
ethica,
del 1902; gli Studi
filosofici,
del 1922 e il saggio Alcuni
problemi essenziali della filosofia,
del 1953.
Per
Moore tutte le sensazioni hanno la caratteristica comune di
appartenere alla coscienza. Al contempo, però, ciascuna di essa ha
qualcosa di diverso (la sensazione del giallo, ad esempio, differisce
da quella del verde), che è il loro “oggetto”.
Avere una sensazione significa, pertanto, essere già fuori dalla
propria coscienza e conoscere qualcosa che non fa parte soltanto
della mia personale esperienza. Inoltre, uno scetticismo ed un
idealismo che volessero essere realmente coerenti dovrebbero negare
sia la materia che lo spirito. Ciò perché entrambi sono ugualmente
dotati o privi di evidenza. Per tale motivo, Moore sostiene la
validità del “senso
comune”
nella dimensione in cui viene accettata l'esistenza di un numero
enorme di oggetti materiali anche quando non li vediamo o non ne
siamo consapevoli. Importante è, anche, il metodo dell'“analisi
filosofica”.
Metodo che si ricollega alla sua posizione teorica sempre aperta e
problematica. L'analisi filosofica viene applicata soprattutto ai
problemi morali e interpreta la filosofia come lo strumento per
mettere in luce le ambiguità e le difficoltà inerenti al linguaggio
ordinario della vita e di individuarne con esattezza il significato.
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