martedì 21 agosto 2012

G.E. Moore.


G.E. Moore.
A cavallo tra ottocento e novecento la filosofie maggiormente affermate sono quelle neopositiviste e quelle analitiche. In tale contesto si inserisce la filosofia anglosassone, che riprende le istanze hegeliane e sviluppa un pensiero affermante la supremazia dello spirito rispetto a quelle correnti materialistiche e positivistiche. L'egelismo viene spesso interpretato come “idealismo gnoseologico”, ossia come negazione della realtà sensibile o, comunque, sua riduzione alla coscienza o a stati mentali.
Una delle figure più importanti dell'idealismo anglosassone è quella di Francis Herbert Bradley (1846 – 1924), autore degli Studi di etica, del 1876; dei Principi di logica, del 1883 e dell'Apparenza e realtà, del 1893. Bradley, muovendo dalla tesi hegeliana “il vero è l'intero”, giunge ad una forma di radicale scetticismo nei confronti dell'esperienza. Ed infatti, se la verità può trovarsi solo nella completa armonizzazioni delle contraddizioni, tale requisito è sempre assente nel mondo dell'“apparenza”, che deve essere, pertanto, giudicato come inconsistente e privo di coerenza logica, oltre che di effettiva realtà.
Contro questa posizione scettica, che in qualche maniera riprende la dottrina berkeleyana “esse est percipi”, si muove la filosofia realistica di G.E. Moore (1873 - 1958), autore del saggio La confutazione dell'idealismo. Importanti sono anche i Principia ethica, del 1902; gli Studi filosofici, del 1922 e il saggio Alcuni problemi essenziali della filosofia, del 1953.
Per Moore tutte le sensazioni hanno la caratteristica comune di appartenere alla coscienza. Al contempo, però, ciascuna di essa ha qualcosa di diverso (la sensazione del giallo, ad esempio, differisce da quella del verde), che è il loro “oggetto”. Avere una sensazione significa, pertanto, essere già fuori dalla propria coscienza e conoscere qualcosa che non fa parte soltanto della mia personale esperienza. Inoltre, uno scetticismo ed un idealismo che volessero essere realmente coerenti dovrebbero negare sia la materia che lo spirito. Ciò perché entrambi sono ugualmente dotati o privi di evidenza. Per tale motivo, Moore sostiene la validità del “senso comune” nella dimensione in cui viene accettata l'esistenza di un numero enorme di oggetti materiali anche quando non li vediamo o non ne siamo consapevoli. Importante è, anche, il metodo dell'“analisi filosofica”. Metodo che si ricollega alla sua posizione teorica sempre aperta e problematica. L'analisi filosofica viene applicata soprattutto ai problemi morali e interpreta la filosofia come lo strumento per mettere in luce le ambiguità e le difficoltà inerenti al linguaggio ordinario della vita e di individuarne con esattezza il significato.

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