Gilbert
Ryle (1900-1976), filosofo
inglese, fu autore del saggio Lo spirito come
comportamento, del 1945.
Ryle
focalizza l'attenzione sugli aspetti più caratteristici della
filosofia analitica e si interessa dei problemi generali del
linguaggio, il cui studio copre interessi che vanno al di là del
mero uso scientifico di esso. Ryle si differenzia dagli altri
esponenti delle correnti analitiche per l'attenzione che pone alla
storia della filosofia e, in particolare, alla filosofia greca.
Egli
considera come compito primario della filosofia stabilire una
“geografia dei concetti”. In altre parole, il problema
principale della sua opera non è quello di determinare le regole
formali del linguaggio, bensì quello di vedere in concreto come nel
linguaggio si sia configurato il rapporto tra i diversi concetti e a
quali problemi e pseudo problemi abbia dato luogo.
In
questo tentativo di chiarificare il linguaggio diviene necessario
sottolineare gli errori che derivano da uno “scambio di
categorie”, ossia dal fatto che un concetto è stato
classificato sotto una categoria in cui invece non rientra, oppure
dal fatto che non sono stati precisati in maniera adeguata i
presupposti in base a cui si è dato via alla costruzione di un
discorso filosofico. In tal senso, ha avuto un'influenza
particolarmente negativa e nefasta il dogma dello “spettro nella
macchina”, come egli chiama il dualismo anima – corpo, che ha
avuto in Cartesio il teorizzatore più drastico ed esplicito. In
realtà, invece, per intendere, interpretare e spiegare i
comportamenti “spirituali” non è necessario ricorrere ad
un dualismo di tal genere, ma basta, soltanto, analizzare
correttamente le “disposizioni” e le loro “manifestazioni”
senza classificarle in entità misteriose.
Inoltre,
per Ryle, mediante un'attenta analisi del linguaggio è possibile
risolvere quei “dilemmi” in cui si è imbattuta la
filosofia attraverso una serie di argomentazioni contrastanti (basta
pensare ai paradossi di Zenone) di cui sembra inoppugnabile la
soluzione pratica, ma, al contempo, inaccessibile quella teorica. Ciò
avviene perché si sono confusi universi diversi di discorso.
Ovviamente,
una filosofia che ha come presupposto di base quello di operare
un'analisi concreta del linguaggio, non può essere spiegata alla
stessa maniera di come vengono esposte le altre posizioni teoriche e
dottrinali. Ed infatti, la consistenza e l'efficacia di una filosofia
analitica di tal genere non si misura in presupposti o in principi,
bensì nel concreto lavoro di chiarificazione dei problemi
linguistici.
Nessun commento:
Posta un commento