La
filosofia del novecento entra irrimediabilmente
in crisi. Si giunge addirittura a mettere in crisi il suo vero
fondamento, ossia l'intendimento della filosofia come ricerca del
sapere; di tutto quanto il sapere nelle sue innumerevoli
sfaccettature. Giunge a termine l'accezione della filosofia come
sistema
e viene del tutto spazzata via la metafisica. La filosofia del
novecento utilizza le proprie energie e i propri ingegni per
confutarsi in maniera così radicale da perdere lo statuto di ricerca
della verità mediante argomentazioni razionali. Ciò ha fatto sì
che essa venisse considerata come una sorta di genere letterario. Con
l'entrata in crisi della filosofia si è avuta anche la ripresa di
pensatori antichi, quali Tommaso, la scolastica e Kant.
I
mutamenti in campo speculativo sono stati così radicali da avere
messo in discussione anche la logica, una branca fondamentale della
filosofia, che per secoli era stata considerata il criterio di
giudizio di ogni forma di sapere. La crisi della logica porta alla
crisi della filosofia come sapere necessario. Un punto questo che era
stato a fondamento
di tutto il pensiero occidentale del passato. La logica acquisisce
valore soltanto come calcolo. A tal proposito basta pensare a
Liebniz.
È,
però, con George Boole che si ha la formulazione di tipo algebrico
delle relazioni logiche.
George
Boole (1815 – 1864), matematico e logico inglese, fu autore
dell'Analisi matematica della logica. Indagini sulle leggi del
pensiero su cui sono fondate le teorie matematiche della logica e
della probabilità. In questo testo Boole, dando una formulazione
di tipo algebrico delle relazioni matematiche, apre la strada, non
solo a legami sempre più stretti tra matematica e filosofia, ma
anche ad una serie di critiche e polemiche verso ogni tipo di
linguaggio filosofico che non rispondesse a tali criteri rigoristici
di questa nuova logica.
Importanti
sono la fondazione di tutta una serie di logiche che rompono con
quella tradizionale. Ne è un esempio la logica a tre valori,
che oltre alle proposizioni vere e false ne ammette un terzo tipo: le
proposizioni che partono da fenomeni che non hanno cause necessarie,
anche se possono dare a loro volta inizio ad una successione di cause
necessarie (per esempio un'azione libera). Questa nuova forma di
logica rompe il concetto di scienza come necessità, e porta al
concetto di possibilità oggettiva. La logica a tre valori ha
come massimo esponente il filosofo e logico polacco Jan
Lukasieewicz (1878 – 1956), autore del saggio La
sillogistica di Aristotele dal punto di vista della moderna logica
formale, del 1951.
In
campo matematico si ha l'analisi del concetto di infinito e la
scoperta delle geometrie non-euclidee. Queste innovazioni, oltre a
mettere in crisi il concetto di contraddittorietà, abbattono
la credenza di potere fondare un sapere su principi a priori
universali come quelli di spazio e tempo. Ciò aprì la strada a
costruzioni geometriche diverse e al concetto di convenzionalismo.
Anche nel campo della fisica si hanno delle notevoli innovazioni che
portano alla crisi del metodo induttivo e all'adozione di quello di
probabilità, ossia all'uso di metodi statistici e
probabilistici.
Anche
la psicologia vive forti innovazioni epistemologiche. Già
nell'ottocento la psicologia viene messa su un piano
decisamente sperimentale, che portò ad una serie di articolazioni
interne. Si ha la nascita della psicologia
empirica,
che studia i fatti della coscienza; la nascita della psicologia
biologica,
che studia le attività mentali come
sforzo di adattamento all'ambiente. La psicologia
biologica si è
a sua volta articolata in psicologia
rispondente alla tendenza
funzionale,
secondo cui lo sviluppo mentale risponde all'istanza di rispondere ad
esigenze di funzionalità per la propria utilità; e in psicologia
tendente alla risposta automatica,
secondo cui la mente risponde agli stimoli dell'ambiente tramite
riflessi condizionati. Importanti sono anche gli sviluppi della
psicologia della
forma. Essa
polemizza contro le concezioni semplicistiche della vita psichica
affermanti che la mente opera soltanto delle associazioni di elementi
tra loro separati. La psicologia
della forma,
invece, afferma che un oggetto percettivo, per esempio una melodia ,
non è il risultato degli elementi che la compongono ( i suoni ), ma
una struttura unitaria, una forma
su cui si regola la percezione. Notevole il contributo della
psicoanalisi
che porta al concetto di smascheramento
della coscienza,
e dalla cui terapia nasce una nuova concezione dell'io che si esplica
come smascheramento di ciò che sta in profondità (inconscio)
per rimandarlo alla superficie (conscio).
Nel
novecento si affermano la sociologia e l'antropologia, intese come
studio sociale e culturale. A tal riguardo
fondamentale è l'opera di Emile
Durkheim
(1858 – 1917), autore del saggio La
divisione del lavoro sociale, le regole
del metodo sociologico e le forme elementari della religiosità,
e del saggio Sociologia
e filosofia.
Durkheim
afferma che il fatto sociale deve essere studiato per quello che è,
ossia come un fatto specifico. La società infatti è qualcosa di
profondamente diverso di un semplice aggregato di persone. Ciò
perché
la somma degli uomini è un qualcosa di diverso rispetto a quello che
è un singolo uomo. A chiarimento di ciò basta fare l'empio con le
cellule. La singola cellula, infatti, è un qualcosa di profondamente
diverso dalla loro somma, che da come risultato un organismo, per
esempio l'uomo. Tale concezione è alla base dello strutturalismo.
La religione, invece, non nasce dalla semplice superstizione o
ignoranza, bensì dalla metaforizzazione dell'uomo nell'insieme della
società. L'evoluzionismo spiegava l'evoluzione come un processo che
porta dal più semplice al maggiormente complesso, ovvero al
razionale. Tale concezione partiva dal presupposto che ogni società
si sviluppa in maniera del tutto autonoma. La similitudine delle
varie culture ha portato però alla teorizzazione della concezione
diffusionistica,
affermante che ogni società si sviluppa in contatto con le altre.
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