Benedetto
Croce (1866 – 1952) fu autore di una Filosofia dello spirito
in quattro volumi: 1. Estetica come scienza dell'espressione e
linguistica generale, del 1908; 2. Logica come scienza del
concetto puro, del 1909; 3. Filosofia della pratica. Economia
ed etica, del 1909; 4. Teoria e storia della storiografia,
del 1917. Pubblica i due saggi La filosofia di Giambattista Vico,
del 1911 e il Saggio su Hegel, del 1913. Del 1936 è, invece,
La poesia; del 1938 la Storia come pensiero ed azione.
Infine, si hanno le due grandi opere di valore culturale: la Storia
d'Italia, del 1928, e la Storia d'Europa, del 1932.
I
temi maggiormente trattati e studiati dal Croce sono l'arte e
la storia. La sua prima opera di largo respiro, La Storia
ridotta sotto il concetto generale dell'arte, afferma la stretta
connessione e congiunzione del problema dell'arte con quello della
storia. Croce polemizza contro i positivisti e contro la loro pretesa
di potere risolvere ed interpretare la storia all'interno di leggi
generali e di schemi politici, istituzionali e sociali che si
ripetono. Inoltre, Croce esclude che la conoscenza della storia possa
essere ridotta ad un sapere concettuale dove il particolare viene
riportato all'universale. La storia, per il Croce, è, come per
l'arte, conoscenza del particolare, con la sola differenza di non
essere un particolare possibile, ma realmente accaduto. Del marxismo
il Croce rifiuta quegli aspetti che considera residui della filosofia
della storia, per accoglierne le istanze circa l'importanza
dell'economia. Pertanto, il Croce afferma l'importante connessione
tra i fenomeni storici (che non sono puramente ideali) e la vita di
un popolo in quel dato momento. Il materialismo storico, quindi, non
è un sistema rigoroso e definitivo; è, semmai, un importante
richiamo su alcuni aspetti fondamentali della storia che per troppo
tempo sono stati dimenticati e fraintesi. In tal senso, per Croce, il
marxismo deve essere integrato ad una scienza dell'economia, ossia da
una scienza che sottolinei l'importanza dell'utile nella storia.
Importanza dell'utile che deve essere distinto dall'importanza della
morale.
Notevole
è la teoria delle quattro forme dello spirito, che Croce
espone nel primo dei quattro volumi della Filosofia dello Spirito,
e cioè l'Estetica. All'interno dell'estetica si opera una
precisa distinzione tra un momento teorico o conoscitivo dello
spirito, e un momento pratico o attivo di esso. All'interno del
momento teorico si pone un'altra distinzione, ossia la conoscenza del
particolare (arte) e la conoscenza dell'universale (filosofia).
All'interno del momento pratico viene distinto la volizione
dell'individuale o dell'utile (economia) e la volizione
dell'universale e del bene (morale).
Si
hanno, quindi, quattro concetti: bello,
vero, utile e buono.
Essi vengono considerati più alti e importanti degli altri concetti,
in quanto non indicano contenuti determinati e singoli dello spirito,
ma forme, ossia modi
di operare universali e costanti dello spirito. Per il Croce, così
come per ogni altro idealista, lo Spirito è nella storia, si
manifesta in esso. La sua filosofia, però, si distingue dalle altre
perché intende lo sviluppo
dello spirito come passaggio da una forma ad un'altra per poi
ricominciare nuovamente dalla più semplice di essa. Tale forma
ha, però, in sé come contenuto i risultati delle precedenti. Il
rapporto tra le forme viene spigato mediante
due punti fondamentali: il nesso dei distinti
e la funzione del sentimento.
La dialettica hegeliana operava mediante la mediazione di due opposti
e il superamento di essi tramite una sintesi. Questa dialettica
hegeliana degli opposti per il Croce è valida all'interno di ogni
singola forma, ma non tra le diverse forme. In altri termini, per il
Croce non si può mai dire che un'opera d'arte è opposta ad una di
filosofia, o che l'utile è opposto al bello, e così via. Ciò
perché questi sono termini
rigorosamente distinti, e, in quanto tali, non solo non sono
opponibili, ma non ha neanche senso andarli
a contrapporre. L'opposizione è, invece, valida all'interno di
ciascuna delle quattro forme, ad esempio tra bello e brutto, falso e
vero, cattivo e buono, inutile ed utile, ecc. Ognuna
delle quattro forme costituisce un momento positivo e insopprimibile
del movimento circolare all'interno dello spirito; in tal modo una
forma passa all'altra, come il teoretico al pratico. Per il Croce,
infatti, vi sono soltanto quattro forme nell'attività
dello spirito, e con tali forme va spiegato tutto il processo dello
spirito, anche la religione. L'arte rappresenta il primo momento
dello sviluppo dello spirito. Essa è al contempo espressione ed
intuizione di un qualsiasi oggetto; ciò porta alla conseguenza di
identificare con l'arte qualsiasi forma di espressione, compreso il
linguaggio. Il croce, pertanto, almeno in un primo momento, afferma
che l'opera d'arte è soltanto un'espressione più complessa e
difficile rispetto alle altre, ma non distinguibile per una
differenza specifica. Il giudizio estetico,
per il Croce, avrebbe il compito di cogliere ciò che costituisce la
specificità e l'autonomia dell'opera e non deve mirare, come
affermava il positivismo, a ricostruire la genesi dell'opera nel suo
contesto sociale o nei suoi
legami con la psicologia e la personalità dell'autore. Il giudizio
estetico ha una validità assoluta, in quanto esso si identifica
perfettamente tra il gusto
(l'attività che giudica l'opera) e il genio
(l'attività che la produce). Questa identità si realizza nel
giudizio estetico, dove l'opera d'arte viene riprodotta.
Nel
saggio La poesia Croce distingue varie forme di espressione.
Per il Croce l'espressione vera e degna è quella poetica. Ma accanto
ad essa vi sono espressioni che non rispondono ad esigenze
propriamente artistiche. È, ad esempio, il caso della letteratura,
che ha lo scopo di educare e che riesce perfettamente ad equilibrare
espressioni non poetiche (passionali, prosaiche e oratorie) con
espressioni propriamente poetiche, in maniera tale che le prime non
vadano ad offendere la coscienza artistica.
Sulla
base delle intuizioni si sviluppa il pensiero, che ha come massima
sua espressione il concetto; questo si distingue dalla
intuizione perché non ha per contenuto un singolo elemento della
rappresentazione e non si riferisce a questa o a quella
rappresentazione.
Il
concetto ha alcune caratteristiche ben precise. Esse sono:
- espressività, per cui il concetto è un atto conoscitivo e non puramente pratico;
- universalità, per cui è un atto conoscitivo sui generis che si distingue dalla conoscenza intuitiva;
- concretezza, per cui pur essendo universale pensa effettivamente la realtà e non è affatto vuoto.
Dal
concetto debbono essere distinti i pseudoconcetti, i quali non fanno
parte e non rientrano nella sfera della conoscenza, ma nella forma
dell'utilità. Ed infatti, mentre i concetti appartengono alla
filosofia, i pseudo concetti appartengono alle scienze naturali e
matematiche. Questi pseudo concetti non sono universali, e per tale
motivo ad essi non può essere posto nemmeno il problema della
verità. Ed infatti, i concetti delle scienze naturali vengono posti
e definiti empiricamente (vivente, non-vivente, vegetale, animale),
oppure sono universali in senso astratto e vuoto (come i concetti
della matematica, per esempio quello di triangolo, a cui non
corrisponde nessun oggetto reale). Giunti a questo punto diviene
chiaro il senso profondo della filosofia crociana, che accosta la
filosofia alla storia e la contrappone alle scienze. Veramente
filosofico è il giudizio storico individuale, dove si ha la
sintesi tra soggetto e predicato. Ciò significa che la filosofia è
sempre, come affermava il Vico, storia ideale eterna, in quanto non
ha altro oggetto se non la storia dello spirito nel suo sviluppo; ma
in questo suo sviluppo ha una funzione sua propria ben definita,
perché conosce le forme necessarie in cui lo spirito sia attua.
La
parte pratica dello spirito è formata da due forme, le quali hanno
tra loro un rapporto di dipendenza non reversibile. Ciò significa
che il concetto presuppone l'intuizione non viceversa. Questo non
vuol dire, comunque, subordinare l'economia alla morale. L'attività
economica si pone sempre fini individuali che vengono giudicati in
base all'efficacia del raggiungimento o meno dei fini. L'attività
etica, invece, mira a dei fini universali e viene giudicata in base
alla sua conformità o meno a tali fini. L'economia, anteriore ed
antecedente all'attività etica, non può rispondere a criteri
morali; e la morale non può essere negata nella sua esistenza e
autonomia dall'economia. I fini della forma economica sono sempre
contingenti e l'uomo che si affida solo ad essi è come un malato che
non trova pace e si gira continuamente nel letto; solo inserendo
l'eterno nel contingente, l'universale nell'individuale e il dovere
nel piacere si trova pace nella vita. Il diritto, che si inserisce
nello schema di distinzione ed unione tra economia ed etica, dal
punto di vista pratico è un pseudoconcetto che serve a preparare a
certi comportamenti, e si distingue dalla volizione perché non
concerne un'azione particolare, ma un'intera serie o classi di
azioni. Con questo il sistema crociano può ritenersi compiuto.
Compiuto non nel senso di definitivo, perché per il Croce “neanche
la vita è definitiva”, ma nel senso di offrire uno strumento
valido per comprendere la vita. La politica rientra nella sfera
dell'economia, e quindi deve ritenersi indipendente dalla morale e
considerata autonoma; non immorale, bensì amorale.
Ora,
se la realtà storica si sviluppa in momenti tra loro opposti e
distinti, ma tutti necessari, qualsiasi indirizzo politico può
essere definito ugualmente lecito? A questo quesito il Croce risponde
in La storia come pensiero e come azione, del 1938. In esso il
Croce afferma che le accuse rivolte al suo storicismo, come sanzione
e accettazione di ogni fatto storico, non sono accettabili in quanto
il giudizio, come comprensione storica, riguarda il passato, rispetto
a cui ogni valutazione morale è sterile e inutile, mentre l'azione
come decisione e lotta riguarda il presente. La storiografia è
l'univa vera forma di liberazione del passato, perché conoscere la
storia significa innalzarsi su di essa, comprenderla e giudicarla, e
non rimanerne schiavi. Su questo giudizio, che è comprensione e
conoscenza, e non un giudizio di valore in base a questo o quel
criterio di morale, si fonda una nuova possibilità di azione dove
sono legittime le lodi e i biasimi, i quali non sono neanche questi
giudizi di valore, ma soltanto espressioni effettive. Ciò non
significa rinuncia alla moralità, in quanto la vera moralità si ha
nel raggiungimento e mantenimento della libertà, la quale è la
chiave e la molla della storia. Storicismo è, infatti, per il Croce
storia della libertà, dove libertà viene intesa come eterna forza
formatrice della storia. Diviene possibile riconoscere per il Croce
il cosiddetto irrazionale nella storia. Il cosiddetto irrazionale è
la vitalità non ancora divenuta civiltà e moralità, ma senza di
cui non ci sarebbero le necessarie premesse per la civiltà e la
moralità.
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