La
scuola pitagorica venne fondata da Pitagora a Crotone nel 530 a.C.
sull'esempio offerto dalle comunità orfiche e dalle sette religiose
sorte in Egitto e a Babilonia.
La
scuola di Crotone, appartenente al periodo presocratico, si
contraddistinse per gli interessi per la matematica, per la musica,
per l'astronomia e per la filosofia; e, si configurò, sin
dall'inizio, come una setta mistica, aristocratica e scientifica.
Giamblico,
in Vita
di Pitagora,
ci testimonia il carattere misterico del movimento con queste parole:
«
Dinanzi agli estranei, ai profani, per così dire, quegli uomini
parlavano tra loro, se mai dovesse capitare, enigmaticamente per
simboli [...] quali ad esempio: "Non attizzare il fuoco con il
coltello" [...] che somigliano – nella loro pura espressione
letterale – a delle regole da vecchietta, ma che, una volta
spiegate, forniscono una straordinaria e venerabile utilità a coloro
che le comprendono. Ma il precetto più grande di tutti in rapporto
al coraggio è quello di proporre come scopo più importante di
preservare e liberare l'intelletto [...]. "L'intelletto"
infatti – a loro parere – "vede tutto e intende tutto, e
tutto il resto è sordo e cieco". »
Giamblico,
Vita
di Pitagora,
227-228, In Summa
pitagorica,
traduzione di Francesco Romano, Bompiani 2006, p. 251.
La
scuola, quindi, si definiva come comunità religiosa, ma anche come
gruppo scientifico e partito politico aristocratico, che, in quanto
tale, governò su alcune città dell'Italia meridionale.
L'aspetto
mistico del movimento era dato dal fatto che per i greci il sapere
coincideva con la liberazione dal peccato e con il conseguente
avvicinamento alla deità. Tale concezione si inserisce nella
definizione stessa del termine filosofia, e cioè di amore per il
sapere, di desiderio di esso in una tensione che mai possiede del
tutto l'oggetto, e cioè la conoscenza del tutto.
Bisogna,
inoltre, sottolineare il fatto che solo pochi eletti potevano
partecipare alle lezioni di Pitagora. Ed infatti, gli iniziati
dovevano avere tempo e denaro per dedicarsi esclusivamente agli
studi, con la conseguenza di trascurare qualsiasi altra attività
remunerativa.
Secondo
le testimonianze, Pitagora decise di fondare la scuola a Crotone a
seguito del responso dell'oracolo di Delfi, che, interrogato dal
filosofo, aveva predestinato che la comunità nascesse in questo
centro urbano.
La
scuola, quindi, sorgeva in tale città per volere del dio. In realtà,
a Crotone si aveva avuto un fervido sviluppo scientifico e medico,
che Pitagora, grazie al proprio sapere, alla propria cultura e al
proprio carisma, seppe sfruttare per insediare un proprio governo.
La
scuola poteva essere frequentata anche dalle donne ed offriva due
tipi di insegnamento: uno pubblico ed uno privato.
Pitagora,
durante le lezioni pubbliche, spiegava con parole semplici le basi
della sua filosofia incentrata sui numeri come principio del Tutto.
In quelle private, invece, gli insegnamenti, seguiti solo dagli
iniziati, erano di livello più elevato.
Giamblico
ci testimonia che i discepoli erano divisi in due gruppi.
Nel
primo si avevano i matematici
(mathematikoi). Questi costituivano la cerchia degli scolari più
ristretta. Essi vivevano all'interno della scuola, praticavano la
castità, non mangiavano carne, avevano rinunciato ad ogni avere
materiale e avevano l'obbligo di mantenere il segreto sugli
insegnamenti appresi. I matematici erano i soli che potevano
intervenire e interloquire con il maestro durante il corso delle
lezioni.
Nel
secondo gruppo si avevano gli acusmatici (akusmatikoi). Essi
costituivano la cerchia più larga degli allievi e non erano
obbligati a vivere all'interno della scuola, a praticare il celibato
e ad astenersi dal mangiare carne. Anche loro dovevano mantenere il
segreto sugli insegnamenti del maestro e non potevano intervenire
durante le lezioni.
Il
carattere misterico – religioso della scuola è confermato dal
fatto che le dottrine di Pitagora venivano considerate inconfutabili,
e cioè dei veri e propri dogmi, che, in quanto tali, non potevano
essere posti in discussione. Famoso è il detto in difesa di
Pitagora: “autòs epha” (ipse dixit), e cioè “lui l'ha detto”.
Questa espressione chiarisce bene l'atteggiamento degli scolari
verso il maestro, dalla cui bocca potevano essere dette solo verità
assolute.
Le
lezioni venivano impartite nella “Casa delle Muse”, un imponente
tempio collocato all'interno delle mura di Crotone, in marmo bianco e
circondato da magnifici giardini e portici.
Per
Pitagora la salute di un uomo coincideva con l'armonia dell'uomo con
se stesso e con il tutto. Viceversa la malattia era il risultato di
una disarmonia dell'individuo (microcosmo) con l'universo
(macrocosmo). Diveniva necessario, quindi, ristabilirne la giusta
armonia.
L'anima,
concepita come immortale, doveva essere mantenuta pura ed
incontaminata. Tal fine bisognava svolgere e praticare tutta una
serie di culti ascetici, sia spirituali che fisici.
Bisognava,
ad esempio, fare delle passeggiate solitarie mattutine e serali,
praticare esercizi fisici quali corsa, ginnastica e lotta. Era
vietato bere del vino, mangiare pietanze complesse, raccogliere un
oggetto caduto per terra, toccare un gallo bianco, addentare una
pagnotta intera, mangiare il cuore di un animale e camminare sulle
strade maestre.
Inoltre,
era severamente vietato cibarsi di fave e, addirittura, bisognava
evitare qualsiasi tipo di contatto con questa pianta. La leggenda
narra che Pitagora, inseguito dai militari di Cilone di Crotone,
preferì farsi raggiungere ed uccidere piuttosto che mettersi in
salvo in un campo di fave.
La
musica, considerata un mezzo per la purificazione del corpo e
dell'anima, divenne oggetto di molteplici studi. Questi permisero di
scoprire la frequenza dell'onda acustica, e cioè il rapporto
numerico alla base dell'altezza dei suoni. La leggenda racconta che
Pitagora giunse a tale conoscenza riempendo un'anfora d'acqua e
percuotendola. Fatto ciò ne usciva una nota, che cambiava di
tonalità togliendo una parte dell'acqua.
Molto
probabilmente furono proprio gli studi sulla musica a fare maturare
l'interesse per l'aritmetica, che veniva intesa come teoria dei
numeri interi. Quest'ultimi erano considerati non entità astratte,
ma concrete. I numeri, infatti, venivano concepiti come grandezze
spaziali, aventi un'estensione e una forma e rappresentati
geometricamente (l'uno era il punto, il due la linea, il tre la
superficie e il quattro il solido).
Pitagora,
quindi, considera il numero come principio di tutte le cose.
Importante è la testimonianza di Aristotele, che, a tal riguardo,
scrive,
«
Sembra adunque che questi filosofi nel considerare il numero come
principio delle cose esistenti ne facciano una causa materiale come
proprietà e come modo. Come elementi del numero fissano il pari e il
dispari, il primo infinito, l'altro finito. L'uno partecipa di
ambedue questi caratteri (essendo insieme pari e dispari). Ogni
numero proviene dall'uno e l'intero universo, come già ho detto, è
numeri. Altri fra di loro dicono che i principi sono dieci [...] »
Aristotele,
Metafisica, I, 5, 986a,
citato
in Pier Michele Giordano, I presocratici, Edizioni ARS G. L.,
Vercelli 1996, pp. 103-104
A
Pitagora è associata la teoria del tetraktys,
e cioè del “numero triangolare”. Essa era rappresentato mediante
un triangolo, alla cui base si hanno quattro punti, che decrescono di
una unità sino alla punta. Il totale di tutti i punti è di dieci, e
cioè di 1+2+3+4=10. Il tetraktys era espressione e sintesi delle
quattro specie di enti geometrici: il punto, la linea, la superficie
e il solido, ed era ritenuto sacro. Esso, infatti, simboleggiava
l'universo, l'armonia e i rapporti numerici che sottostanno al cosmo.
Questo
tipo di matematica pitagorica era definita “aritmogeometria” e
fece concepire il numero come archè, come principio primo di tutte
le cose.
I
pitagorici, quindi, al contrario dei filosofi naturalisti, pongono
come archè il numero, un'entità che si pone al di là del sensibile
perché fonda il reale secondo rapporti quantitativi, e non
qualitativi.
A
tal proposito, affermava Filolao: «Tutte le cose che si conoscono
hanno numero; senza questo nulla sarebbe possibile pensare né
conoscere.» Diels-Kranz, 44 B 11; (EN) : frammento 4.
Il
numero, per l'importanza che assunse presso la scuola pitagorica,
venne studiato nelle sue proprietà di numero pari e dispari, di
numero perfetto e di numero triangolare. Ai pitagorici si deve la
scoperta del teorema che chiarisce che la somma degli angoli interni
di un triangolo è pari a due angoli retti.
Famoso
è, invece, il teorema che recita che in un triangolo rettangolo, il
quadrato costruito sull'ipotenusa è equivalente alla somma dei
quadrati costruiti sui cateti, e cioè l'enunciato del teorema noto
come teorema di Pitagora. I pitagorici, inoltre, posero la soluzione
geometrica di alcune equazioni algebriche e scoprirono i numeri
irrazionali. Quest'ultima conoscenza venne taciuta perché
contraddiceva la teoria pitagorica secondo cui tutte le quantità
possibili sono esprimibili come frazioni. Infine, ad essi si deve la
costruzione dei solidi regolari.
Per
i pitagorici esiste una coppia di principi originari. Essi sono:
- l’Uno, o principio limitante;
- la Diade, o principio di illimitazione.
Tutti
i numeri derivano da questi due principi. Ed infatti, dal principio
limitante si hanno i numeri dispari; dal principio illimitato si
hanno i numeri pari. I dispari, al contrario dei pari, venivano
ritenuti perfetti.
Dall'opposizione
dei numeri si ricavavano dieci coppie di contrari, che spiegano il
costituirsi di tutta la realtà e l'armonia del cosmo.
Gli
opposti pitagorici vengono definiti da Aristotele come principi. Essi
sono:
1.Limitato-Illimitato
2.Dispari-Pari
3.Unità-Molteplicità
4.Destra-Sinistra
5.Maschio-Femmina
6.Quiete-Movimento
7.Retta-Curva
8.Luce-Tenebre
9.Bene-Male
10.Quadrato-Rettangolo
Aristotele,
Metafisica, 985b-986a.
La
matematica pitagorica entra in crisi con il discepolo Ippaso di
Metaponto. Questi, scoprendo le grandezze incommensurabili, rese
impossibile il considerare tutte le grandezze come multiple della
grandezza punto.
I
pitagorici avevano una profonda venerazione per la sfera. Essa,
infatti, avendo tutti i punti che la costituiscono equidistanti dal
centro, rappresentava l'armonia. Il centro, a sua volta, essendo il
fulcro del solido, teneva insieme tutto quanto il corpo geometrico.
Al
pitagorico Alcmeone di Crotone è data la teoria encefalocentrica, e
cioè la constatazione che è il cervello l'organo centrale delle
sensazioni.
Fu
questa una scoperta rivoluzionaria. Ed infatti, sino ad allora,
soprattutto per merito degli egiziani, si riteneva che fosse il cuore
l'organo centrale del corpo umano.
Le
più importanti ed avanzate scoperte astronomiche vennero effettuate
dai pitagorici Filolao di Crotone e Iceta di Siracusa. Essi posero al
centro dell'universo un immenso fuoco, detto Hestia. Attorno ad essi
giravano i pianeti.
Il
primo di essi è l'Anti – terra, poi la terra, quindi il Sole, la
Luna, gli altri cinque pianeti e, infine, il cielo delle stelle
fisse. L'Anti – Terra nasceva per spiegare le eclissi e per fare
giungere il numero dei pianeti a dieci, e cioè a quel numero sacro
di cui abbiamo già parlato e che veniva rappresentato con il
tetrakis.
I
pianeti girano intorno a questo grande fuoco secondo rapporti
numerici armoniosi e generano un suono raffinato e sublime. L'uomo
avverte e sente questi suoni armonici del cosmo, ma non riesce a
percepirli in maniera chiara e distinta perché immerso in questo
universo sin dalla nascita.
Per
il pitagorico Alcmeone l'anima è immortale perché costituita dalla
stessa natura del Sole, della Luna e degli astri e nasce dai rapporti
numerici.
L'anima
immortale, mediante una serie di reincarnazioni, si ricongiungerà
con l'anima del mondo. Per fare ciò, però, l'uomo deve esercitarsi
alla contemplazione secondo le direttive derivate dall'orfismo e
mediante l'ascesi derivante dalla constatazione della sublime armonia
data dal numero e dai rapporti numerici.
La
scuola entrò in crisi per motivi essenzialmente politici. Ed
infatti, i pitagorici erano sostenitori dell'aristocrazia.
Quest'ultima, però, entrò in crisi nel 450 a.C., quando vi furono
le ondate rivoluzionarie di stampo democratico.
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