Il
pensiero politico
La
crisi della Chiesa e dell’Impero, la nascita degli stati moderni,
la
trasformazione della società con l'avanzare della nuova classe
borghese, le nuove concezioni avanzate in seno alla filosofia circa
l'uomo e il suo ruolo nel creato, il nuovo modo di affrontare la
lettura dei classici latini e greci, le polemiche sorte attorno alla
Riforma, sono tutti elementi che rendono estremamente fertile la
filosofia politica del Rinascimento. La filosofia politica
rinascimentale mette da parte tutti quegli schematismi della
tradizione aristotelica e della teologia scolastica, per studiare il
reale comportamento dell’uomo e degli stati, formulando in tal modo
una nuova teoria dello stato e della sovranità. Si cerca di dare una
nuova definizione di libertà e di tolleranza e si cerca di
reimpostare i rapporti della politica con la morale e la religione.
In questo senso si muovono sia le opere realistiche, come quella del
Machiavelli sia le costruzioni utopistiche di città e stati. Il
termine utopia
deriva dal greco e significa nessun luogo. Tale termina venne
utilizzato per la prima volta dal Moro, ed è il nome di una fittizia
isola. Spesso gli utopisti affermavano di avere visitato questi
luoghi o di avere parlato con persone che vi erano giunti e
ritornati. Tommaso
Moro
nasce a Londra nel 1478 e studia ad Oxford. Per le sue idee venne
imprigionato e giustiziato nel 1535. Il suo scritto politico prende
il titolo di Utopia
o
Della migliore forma di repubblica.
Qui Moro opera una critica assai acuta all’organizzazione
assolutistica dello stato, in special modo di quello inglese, che
conosce meglio. A Moro sembrava chiaro che il fondamento di ogni
ingiustizia e corruzione è la proprietà privata e il denaro,
pertanto in Utopia non esiste né il denaro né la proprietà
privata, ma tutto è in comune. L’economia dell’isola si basa
quasi esclusivamente sull’agricoltura con l’esercizio di pochi
altri mestieri, scelti liberatamene da ciascuno, come la lavorazione
della lana, la tessitura del lino, il muratore, il fabbro, il
carpentiere. Tutto è in comune e manca il lusso, la società si basa
su una vita monastica che trova la sua massima espressione nella
famiglia di stampo patriarcale. Il governo è elettivo e si deve
preoccupare di un’equa distribuzione dei beni, di promuovere onesti
e sani matrimoni (ove si può concedere anche il divorzio) e
promuovere la salute di tutti attraverso una retta organizzazione
sanitaria. Tale società, arcaica, fuori del tempo, vuole criticare
la presente, soprattutto l’inglese, in più punti quali: contro il
lavoro crudele da mattina a sera, in Utopia bastano sei ore
distribuite da mattina e sera; contro la ricchezza dei pochi, un
benessere comune di tutti; contro una società autoritaria, una
società in cui tutte le cariche sono elettive, e ove il sacerdozio è
aperto anche alle donne. In Utopia vi sono poche leggi, perché tante
leggi non possono essere conosciute dal popolo, che in tal modo viene
soverchiato dall’arbitrio dei giudici. In Utopia l’educazione è
aperta a tutti i giovani, maschi e femmina, e anche agli adulti.
Educazione fondata sul volgare e non sul latino. In Utopia l’etica
si basa su una comune felicità che si realizza negli equilibrati
piaceri dell’animo e del corpo. In ambito religioso si ha massima
tolleranza e si praticano molte religioni perché “Dio stesso vuole
essere venerato in modo vario e multiforme”. Gli atei, anche se non
possono accedere alla cariche pubbliche e vengono emarginati dagli
altri, non vengono perseguitati. Infine i dibattiti religiosi
avvengono nella massima tolleranza.
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