giovedì 31 maggio 2012

Il pensiero politico e Tommaso Moro


Il pensiero politico
La crisi della Chiesa e dell’Impero, la nascita degli stati moderni, la trasformazione della società con l'avanzare della nuova classe borghese, le nuove concezioni avanzate in seno alla filosofia circa l'uomo e il suo ruolo nel creato, il nuovo modo di affrontare la lettura dei classici latini e greci, le polemiche sorte attorno alla Riforma, sono tutti elementi che rendono estremamente fertile la filosofia politica del Rinascimento. La filosofia politica rinascimentale mette da parte tutti quegli schematismi della tradizione aristotelica e della teologia scolastica, per studiare il reale comportamento dell’uomo e degli stati, formulando in tal modo una nuova teoria dello stato e della sovranità. Si cerca di dare una nuova definizione di libertà e di tolleranza e si cerca di reimpostare i rapporti della politica con la morale e la religione. In questo senso si muovono sia le opere realistiche, come quella del Machiavelli sia le costruzioni utopistiche di città e stati. Il termine utopia deriva dal greco e significa nessun luogo. Tale termina venne utilizzato per la prima volta dal Moro, ed è il nome di una fittizia isola. Spesso gli utopisti affermavano di avere visitato questi luoghi o di avere parlato con persone che vi erano giunti e ritornati. Tommaso Moro nasce a Londra nel 1478 e studia ad Oxford. Per le sue idee venne imprigionato e giustiziato nel 1535. Il suo scritto politico prende il titolo di Utopia o Della migliore forma di repubblica. Qui Moro opera una critica assai acuta all’organizzazione assolutistica dello stato, in special modo di quello inglese, che conosce meglio. A Moro sembrava chiaro che il fondamento di ogni ingiustizia e corruzione è la proprietà privata e il denaro, pertanto in Utopia non esiste né il denaro né la proprietà privata, ma tutto è in comune. L’economia dell’isola si basa quasi esclusivamente sull’agricoltura con l’esercizio di pochi altri mestieri, scelti liberatamene da ciascuno, come la lavorazione della lana, la tessitura del lino, il muratore, il fabbro, il carpentiere. Tutto è in comune e manca il lusso, la società si basa su una vita monastica che trova la sua massima espressione nella famiglia di stampo patriarcale. Il governo è elettivo e si deve preoccupare di un’equa distribuzione dei beni, di promuovere onesti e sani matrimoni (ove si può concedere anche il divorzio) e promuovere la salute di tutti attraverso una retta organizzazione sanitaria. Tale società, arcaica, fuori del tempo, vuole criticare la presente, soprattutto l’inglese, in più punti quali: contro il lavoro crudele da mattina a sera, in Utopia bastano sei ore distribuite da mattina e sera; contro la ricchezza dei pochi, un benessere comune di tutti; contro una società autoritaria, una società in cui tutte le cariche sono elettive, e ove il sacerdozio è aperto anche alle donne. In Utopia vi sono poche leggi, perché tante leggi non possono essere conosciute dal popolo, che in tal modo viene soverchiato dall’arbitrio dei giudici. In Utopia l’educazione è aperta a tutti i giovani, maschi e femmina, e anche agli adulti. Educazione fondata sul volgare e non sul latino. In Utopia l’etica si basa su una comune felicità che si realizza negli equilibrati piaceri dell’animo e del corpo. In ambito religioso si ha massima tolleranza e si praticano molte religioni perché “Dio stesso vuole essere venerato in modo vario e multiforme”. Gli atei, anche se non possono accedere alla cariche pubbliche e vengono emarginati dagli altri, non vengono perseguitati. Infine i dibattiti religiosi avvengono nella massima tolleranza.

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