lunedì 4 giugno 2012

Il giusnaturalismo: Ugo Grozio, Pufendorf, Christian Thomasius


Con il termine giusnaturalismo si definisce quella corrente di pensiero che si sviluppa nel seicento – settecento, e che afferma l’esistenza, prima e al di là della nascita del diritto positivo, di un diritto universalmente valido fondato sulla “natura”. Di conseguenza si ha un diritto naturale, universalmente valido, che fonda i principi di giustizia; principi validi a prescindere da ogni altro rinvio a strutture oggettive, metafisiche o teologiche.
Alle origini di questo giusnaturalismo moderno si pone l’opera di Ugo Grozio, giurista e teologo olandese (1583 – 1645). Importante è il suo De iure belli ac pacis (1625), in special modo la premessa di essa, i Prolegomeni.
Contro la riduzione del diritto ad un complesso di norme arbitrarie e relative, generate dalla ricerca dell’utile o dalla forza; Grozio ritiene che il diritto positivo debba trovare il suo fondamento in principi assolutamente validi; tali principi, derivanti dalla natura razionale dell’uomo, costituiscono il diritto naturale: questo infatti è per Grozio una norma della retta ragione la quale ci fa conoscere che una determinata azione, secondo che sia o no conforme alla natura razionale, è moralmente necessaria oppure immorale e che per conseguenza tale azione è da Dio, autore della natura, prescritta oppure vietata”. Il diritto naturale ha la stessa validità dei principi matematici, e anzi il diritto naturale rimane egualmente valido anche se si avanzasse l’empia ipotesi della non esistenza di Dio. Principi fondamentali del diritto naturale sono: “l’astenersi dalle cose altrui, la restituzione dei beni altrui e del lucro da essi derivato, l’obbligo di mantenere le promesse, il risarcimento del danno arrecato per colpa propria, il potere essere soggetto a pene tra uomini”. Un diritto naturale quindi che si contraddistingue per la sua universalità, che si prospetta essere libero da presupposti teologici e che afferma il diritto alla proprietà e alla responsabilità morale.
Posta la razionalità quale fondamento del diritto, Pufendorf (1632 – 1694) autore del De iure naturae et gentium e del De officio hominis et civis iuxta legem naturalem, cerca di costruire una scienza del diritto in maniera deduttiva, alla stregua della scienza matematica: è infatti impossibile giungere ad una legge degli uomini sulla base di uno studio induttivo(e quindi comparativo e storico) dei diversi diritti positivi. Il diritto naturale è autonomo dalla religione, in quanto esso determina la regola delle azioni e dei rapporti non in quanto cristiani, ma in quanto uomini. Bisogna distinguere inoltre il diritto dalla morale, il primo riguarda la coazione tra uomini, la seconda la coscienza personale.
Christian Thomasius (1655 – 1728) scrisse il Fundamenta iuris naturae et gentium. Egli distingue ancora di più la morale dal diritto. Al diritto interessa la giustizia, cioè le norme che regolano la coazione. Alla morale interessa la coscienza di ciascun individuo. Ciò porta entrambi a scrivere che lo stato deve occuparsi di fare rispettare la legge e l’ordinamento giuridico, esercitando il suo potere coercitivo. Lo stato è un’associazione prettamente giuridico–politica e neutra per quanto riguarda le religioni e la coscienza individuale. Quindi si prospetta la tolleranza religiosa. La corrente giusnaturalista portò ad una migliore definizione dei concetti di stato di natura e di contratto sociale. Lo stato di natura è lo stato in cui gli uomini vivono esercitando i loro diritti naturali secondo la legge naturale; dallo stato di natura si esce mediante la stipulazione di un patto o contratto sociale in cui gli uomini si uniscono in società e si danno delle leggi. Quindi contemporaneamente o successivamente istituiscono un potere politico o stato.

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