Jean-Paul Sartre (1905 - 1980), filosofo e
scrittore francese, fu autore de L'immaginazione e la Trascendenza
dell'Ego, del 1936; de L'immaginario, del 1940; de
L'essere e il nulla. Saggio di un'ontologia fenomenologica, del
1943; della Critica della ragione dialettica, del 1960; de
L'esistenzialismo è un umanesimo, del 1946.
Il pensiero di Sartre si sviluppa in direzione
fortemente umanistica. Già nelle sue prime ricerche egli utilizza ed
applica il concetto di intenzionalità e il metodo fenomenologico per
affermare l'importanza dell'attività dell'immaginazione come
condizione fondamentale della coscienza. Ed infatti, è proprio
nell'immaginazione che la coscienza, avendo la possibilità di porre
oggetti “irreali”, manifesta il carattere peculiare del
suo operare che è insieme un costruire ed annientare il mondo.
Per Sartre, così come per Heidegger, il nulla non è
una semplice funzione logica e non indica soltanto la negazione che
si può compiere in un giudizio, ma è il termine necessario e
fondamentale per comprendere da un punto di vista fenomenologico e
ontologico la vita della coscienza. Questo discorso non vale solo in
senso teorico, ma anche in senso pratico, in quanto la stessa libertà
non può realizzarsi senza rimandare al suo contrario, che può
annientarla. Ed infatti, la libertà di ogni uomo dipende dalla
libertà dell'altro uomo, per cui ciascuno si pone all'altro come una
potenziale fonte di oppressione e di distruzione in una continua
situazione di lotta e di conflitto.
L'analisi fenomenologica della coscienza porta, a dire
di Sartre, a mettere in evidenza il senso di responsabilità
dell'uomo davanti all'uomo. Responsabilità che è sostanzialmente
condanna e minaccia reciproca.
L'esistenzialismo di Sartre, pertanto, si configura come
un umanesimo perché non presuppone una ingenua glorificazione
dell'uomo, quale era stata fatta nell'età del positivismo, ma
riconosce che l'uomo è tale solo perché si rapporta continuamente
con l'altro uomo. In tal senso l'esistenzialismo è anche ateismo.
Ciò non perché si voglia dimostrare l'esistenza o meno di Dio, ma
perché cerca di far comprendere all'uomo che nulla può salvarlo,
neanche Dio, essendo l'uomo legislatore di se stesso, l'unico padrone
del suo futuro tutto da costruire. Ma l'ateismo e il nichilismo non
devono svilire l'uomo, che ha perso tutti i valori tradizionali e la
certezza in un Dio, ma devono incentivarlo ad un sempre maggior
impegno quotidiano. Impegno che si traduce in azione e in perenne
invenzione di libertà.
In questa direzione filosofica si spiega anche la
polemica di Sartre verso la dialettica marxista. I marxisti, infatti,
interpretano la dialettica come una legge universale della realtà,
un po' come le categorie kantiane che si impongono dall'esterno al
complesso dei fenomeni. Ciò è del tutto errato perché la
dialettica non è né una legge esterna all'agire concreto degli
uomini, né una fatalità trascendente che spinge l'azione umana
verso una direzione ben precisa. È, semmai, il risultato della
prassi continua di milioni di uomini che si realizzano progettando la
propria esistenza in condizioni storiche sempre diverse. Il marxismo,
inoltre, entra in contraddizione con la propria stessa dottrina
quando utilizza parole quali alienazione, feticizzazione,
reificazione,ecc. Ed infatti, tutti questi termini sono desunti e
fanno riferimento alla vita reale, e non ad una legge universale o ad
una concezione intellettualistica del sapere quale la dialettica
marxista.
Alla “dialettica dogmatica”, che intende la
dialettica come un sapere esterno all'uomo, si deve contrapporre la
“dialettica critica”, che interpreta la dialettica come
l'operato delle masse in determinate situazioni storiche. La
dialettica critica, in un mondo come quello odierno, dove ciascuno
appare come una minaccia alla soddisfazione dei bisogni dell'altro,
può attuarsi “come avventura di tutti e come libertà di
ciascuno” solo attraverso la lotta, ossia una prassi agonistica
di cui siano protagonisti i “gruppi di combattimento”. La
presa di coscienza della dialettica, pertanto, può attuarsi solo in
una situazione di lotta. Sartre con queste parole pone la “critica
della ragione dialettica” al centro di un dibattito sul
marxismo tutt'ora aperto.
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