Filologia
e storia
La
filologia si
occupa della ricostruzione della forma originaria dei testi antichi.
Pertanto, essa si viene a configurare come una critica del testo,
che, mediante varie metodologie di indagine, cerca di riportare al
suo significato originario.
La
filologia è una delle acquisizioni più importanti dell'Umanesimo e
si viene ben
presto a configurare come il necessario strumento per un esatto
studio ed interpretazione dei testi antichi. Viene, pertanto,
rivalutato il valore del linguaggio, che, oltre ad essere una
componente propria solo dell'uomo, è l'elemento di distinzione
fondamentale tra esso e le bestie.
Lorenzo
Valla,
romano
di nascita (1407 – 1457) si affermò negli studi filologici con le
due opere
Elegantiae lingue latinae
(1440) e le Dialecticae
disputationes
(1439). In queste studi notevole è il richiamo al valore della
parola, del sermo;
che, liberato da tutte le sottigliezze medievali, analizzato in
rapporto alla realtà e ai suoi contesti storici, permette di
ricondurre a una lettura dei testi più autentica. Il metodo
filologico da lui adottato lo condurrà ad attestare la falsità
della Donatio
Costantini
(testo che fondava l’autorità temporale dei papi) nel De
falso credita et ementita Costantini
donatione
(1440). La Donazione
di Costantino, conclude
il nostro studioso,
non poteva essere dell’età costantiniana, in quanto presentava
moduli linguistici e riferimenti tipicamente medioevali.
Il
Valla, uomo
profondamente religioso, predica un ritorno della Chiesa alla vera
vita evangelica, alla povertà, alla missione spirituale. Tutti temi
di fondamentale importanza per i moti di riforma cinquecenteschi. Nel
De
Libero
arbitrio
(1439) la polemica batte contro la teologia scolastica e contro la
sua pretesa di potere spiegare la fede e i suoi misteri con la
ragione; a tale pretesa il Valle controbatte la fede semplice ed
umile, la fiducia nell’opera redentrice del Cristo, il ritorno
degli insegnamenti del Cristianesimo primitivo. Nel Adnotationes
in Novum Testamentum
il Valla cerca di dare una traduzione del testo biblico che si
avvicini il più possibile al contesto storico cui i libri si
riferiscono, e in tal senso si muove la depurazione sermonica
dei termini. Nel De
Voluptate
(1431) rielaborato poi nel De
vero bono e nel De vero falsoque bono
si prospetta un’etica che ricerchi il piacere, ove per piacere si
intende anche la beatitudine celeste, in contrapposizione alla vita
ascetica professata dagli stoici e dagli ordini monastici.
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