Voltaire
(1694 – 1778) nel 1733 pubblica Le
lettere filosofiche,
considerate il manifesto dell'illuminismo francese e condannate ad
essere bruciate dal Parlamento francese. Del 1751 è il saggio
storico Il
secolo di Luigi XIV.
Del 1759 sono i romanzi Candido,
La
principessa di Babilonia,
Zadig
o il destino,
L'ingenuo.
Altra opera è il Dizionario
filosofico
(condannato anch'esso
dal
parlamento). Del 1763 è il Trattato
sulla tolleranza,
del 1776 i Dialoghi
di Evemero,
del 1756 il Saggio
sui costumi e lo spirito delle nazioni.
Voltaire è una delle figure più importanti ed eminenti
dell'illuminismo francese. Tutta quanta la sua filosofia polemizza
contro le varie forme di oppressione politica e di intolleranza
religiosa. In lui, inoltre, si ha una spassionata fiducia nella
ragione dell'uomo. Una ragione non dogmatica, capace di rinnovare la
vita civile.
Voltaire
si configura contrario a qualsiasi forma di metafisica contemporanea
e avverso ad ogni forma di scolastica. Filosoficamente si allaccia
alla filosofia lockiana e newtoniana. Seguendo Locke, Voltaire
polemizza contro ogni forma di innatismo, ed afferma l'origine
sensibile di tutte quante le conoscenze. A Newton, invece, riconosce
il merito di avere compiuto una vera e propria rivoluzione
scientifica e di aver scoperto la legge di gravitazione universale.
Voltaire si pone come un deista, ed infatti, afferma la
convinzione che l'ordine dell'universo presuppone un'intelligenza
suprema ordinatrice del tutto. Dio è il primo motore intelligente
eterno, che ha formato un mondo eterno. Voltaire difende con forza la
religione naturale, e polemizza contro quei philosophes che
hanno sviluppato concezioni materialistiche ed ateistiche. Il deismo
o teismo propugnato da Voltaire è quello di una religione pura,
ragionevole, universale. Una religione che ha il suo nucleo
essenziale nell'adorazione di Dio e nell'esser giusti, e da cui
derivano tutte le religioni storiche, che, nel corso del tempo, si
sono intrise di pratiche inutili e sterili. Il nostro filosofo
polemizza contro queste religioni, in special modo contro il
Cristianesimo, che è colpevole di atrocità e violenze.
Inoltre, rifiuta qualsiasi tipo di dogmatismo
spiritualistico. Ciò perché non è mai stato dimostrato che
l'attività del pensare non sia della materia allo stesso modo della
facoltà del sentire. Pertanto, non si può sapere se vi sia una
facoltà immateriale a cui spetti la facoltà del pensare. Il negare
l'immortalità dell'anima non significa negare la legge morale. Ed
infatti, interi popoli, come quello ebraico, e tanti filosofi hanno
negato l'immortalità dell'anima, ma non per questo sono stati
immorali.
La morale tracciata da Voltaire è una morale relativa
alla società, e cioè “la virtù e il vizio, il bene e il male
morale sono in ogni paese quel che è utile o nocivo alla società”.
Il relativismo morale ha, però, un imperativo. Ed infatti,
per Voltaire l'uomo ha avuto da Dio i mezzi per acquisire l'idea di
giusto e di ingiusto, di bene e di male. Chiarificatrici sono le
parole di Voltaire: “Il bene della società è l'unica misura
del bene e del male morale”.
Molto più profonda è, invece, la riflessione di
Voltaire circa la libertà. Essa è vincolata alla volontà, e cioè
al fine di realizzare ciò che è buono e ciò che procura piacere.
La libertà è vincolata alla volontà, la quale ci indirizza secondo
il giudizio che ci formiamo su ciò che è buono e ciò che è
cattivo. Ma il giudizio che noi ci formiamo è legato necessariamente
ai canoni valoriali della società in cui cresciamo. Società che,
quindi, ci condiziona sin da piccoli. Per tale motivo, l'uomo nel suo
agire, e nella sua libertà, è sempre vincolato. Questo tema viene
chiarito ulteriormente nel Filosofo ignorante. Qui si
sottolinea ancora di più il limite della libertà degli uomini, che
sono creature di un essere eterno, il quale li inserisce in una
“immensa macchina di cui sono appena un'impercettibile
rotellina”. La presenza di Dio in tutto viene ancora di più
chiarita in un ultimo scritto di Voltaire, e cioè nel Bisogna
prendere partito ovvero il principio di azione (1775). Qui viene
affermato che nella realtà esiste un solo principio di azione,
e cioè il grande essere. Egli è la causa universale, il principio
di azione che conferisce ai singoli tutte le loro facoltà.
La visione di Voltaire è, pertanto, fortemente
pessimistica, perché pone l'accento sull'esistenza del male e del
dolore, delle guerre e delle catastrofi naturali. Per Voltaire
l'esistenza del male non può essere negato, perché esso fa parte
della vita e si inserisce in quella immensa macchina di cui abbiamo
detto sopra. Filosofi quali Leibniz e Shaftesbury hanno raccontato
delle favole. Queste tematiche vengono ampiamente trattate in Candido
o dell'ottimismo, dove si polemizza contro l'ottimismo
provvidenzialistico dei teologi e dei leibniziani.
Il pensiero di Voltaire denuncia la misera condizione
umana in difesa della ragione, e, conseguentemente, il nostro
filosofo si pone in contrasto e in lotta contro i soprusi del potere
politico e religioso e contro gli interessi che sottostanno alle
costruzioni metafisiche. Voltaire non scrive in nome di utopie e
chimere, bensì in costante riferimento al proprio tempo
contemporaneo. Ed infatti, si batte contro il fanatismo, la
superstizione, il dispotismo, gli organi giudiziari, le ingiustizie
sociali. Egli stesso si fa difensore dei diritti degli uomini.
Esemplare a tal riguardo è il Trattato sulla Tolleranza.
Quest'opera prende spunto da un processo tenutosi a Tolosa contro un
protestante. Processo che termina con la condanna e la morte del
religioso. Da questo caso particolare Voltaire allarga il proprio
discorso per denunciare le conseguenze nefaste dell'intolleranza,
soprattutto di quella cristiana. Alla base dell'intolleranza si ha la
superstizione, che per Voltaire è “quasi tutto
che va oltre l'adorazione di un Essere supremo e la sottomissione del
cuore ai suoi ordini”. Quindi tutto ciò che si formalizza in
dottrine e riti, e che ha permesso la persecuzione e gli omicidi.
Il secolo di Luigi XIV è considerata la prima
opera storica moderna. Qui Voltaire polemizza sia contro gli storici
eruditi ed annalistici, sia contro gli schemi provvidenzialistici
della storiografia ecclesiastica. Per Voltaire, il compito dello
storico è quello di cogliere lo spirito di un'epoca. Spirito
che si esplica al di là degli avvenimenti, e che si palesa nelle
relazioni, negli usi, nelle idee, nei costumi di un preciso periodo
storico. Nel Saggio sui costumi Voltaire sintetizza la storia
universale dai popoli selvaggi all'impero Romano, dal medioevo
all'epoca moderna, al fine di cogliere “lo spirito, i costumi,
gli usi delle principali nazioni in rapporto a fatti che non è
lecito ignorare”. Bisogna, pertanto, andare oltre i puri
avvenimenti per cogliere ciò che di particolare ha un'epoca; per
fare ciò bisogna comprendere il periodo storico di cui ci si sta
occupando. In questa ricerca dello spirito delle nazioni non
cessa la polemica di Voltaire verso tutto ciò che di irrazionale,
superstizioso e fanatico si è avuto nella storia dei popoli. E
proprio questi elementi hanno ostacolato il progresso dell'uomo. In
queste tematiche troviamo tutto l'ideale illuministico di Voltaire,
che afferma l'importanza della ragione umana, e che vuole liberare
l'uomo dai miti e dalle false credenze per portarlo alla piena
consapevolezza di sé. Questa fiducia nella ragione, nei lumi
della ragione, interesserà tutta la metà del settecento. Gli
illuministi, infatti, affermeranno che solo mediante la ragione si
possono debellare i pregiudizi e superstizioni, e fondare una società
civile giusta e libera dai governi tirannici e dalla povertà.
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