martedì 29 maggio 2012

IL Cristianesimo dal I al III secolo e Plotino


È necessario, giunti a questo punto, accennare le grandi argomentazioni del primo cristianesimo. Ciò perché esso, per la diffusione che ebbe, determinò lo sviluppo di alcune tematiche che si innestarono nel substrato culturale, andando così tanto a scalfire l'etica e i valori precedenti, da sostituirli. Alla morale dei filosofi pagani, tutta proiettata all'interno del proprio io per il raggiungimento di un'armonia interiore, di una conciliazione di passioni secondo la giusta misura, senza il prevalere di una sull'altra; si sostituisce una morale diversa, proiettata all'esterno, dove non si cerca di giungere alla saggezza – la virtù per eccellenza dei greci – bensì alla salvezza.
Una morale, quella cristiana, che non è più interiorizzata, ma che si viene a connotare, sin dall'inizio, come missione salvifica, come confronto con l'altro uomo. Una morale, quindi, che, al contrario di quella greca, non ricerca la perfezione interiore, e cioè la saggezza; bensì la grazia di Dio, il perdono dei propri peccati, l'opera buona, vissuta non come valore in sé, ma come prova dell'esistenza di Cristo, come fede nel suo sacrificio, come abbandono in Dio.
Un’importanza fondamentale nello sviluppo e nella diffusione del Cristianesimo primitivo ha la predicazione di Paolo (nato a Tarso, in Cilicia verso il 10 d.C. e morto a Roma, verso il 67 d.C.). Fu “l'apostolo dei gentili” perché la sua missione si concentrò tra i pagani greci e romani. Le sue argomentazioni li conosciamo grazie alle numerose Epistole che ci ha lasciato. In esse vi sono alcune tematiche che vengono ripetutamente sottolineate, come, ad esempio, la centralità di Cristo nella storia del mondo e dell’umanità.
Cristo viene posto come nuovo Adamo, fautore di una nuova alleanza tra Dio Padre e gli uomini. E come con Adamo, primo uomo, è entrato nel mondo il peccato, e con il peccato la morte, con Cristo il mondo è liberato dal peccato. Da ciò il carattere centrale dell’incarnazione, morte e resurrezione di Cristo. L’uomo unito al Cristo nella fede, rafforzato nello spirito, riceve gratuitamente la vera giustizia ed è reso capace di vivere secondo la volontà divina; le opere buone non nascono da una formale applicazione formale della legge, ma dalla sovrabbondanza dello spirito di Dio che vive in noi. Cristo, nuovo Adamo che libera dal peccato del primo Adamo chiude tutta un’epoca storica ed apre l’epoca della rinnovata umanità. Liberati dalla schiavitù della legge tutti gli uomini sono chiamati ad essere figli di Dio. Il messaggio di Cristo annulla ogni distinzione tra popolo eletto e non eletto. Gli uomini, salvati da Cristo, per la fede in Lui sono tutti figli di Dio, non più servi della legge, essi costituiscono il “Corpo del Cristo”, la chiesa vivente. La legge non è più il mezzo di salvezza, bensì la fede. Importante è il prologo del Vangelo di Giovanni, ove si ha un grande inno al logos (ragione, Parola, Verbum) identificato con il Cristo. In tale prologo il Verbo è parola e pensiero di DIO, preesistente presso Dio attraverso il quale tutto è stato creato. Cristo e Logos, luce e verità, vita; contro di Lui stanno le tenebre, la menzogna, il regno del male. La conoscenza coincide con il riconoscere il Logos, ciò dà la possibilità di divenire figli di Dio. Solo i segnali di Cristo conoscono la verità e la verità renderà liberi.
Gli apologisti e i padri della chiesa nel II e III secolo.
Giustino: ricco di esperienze che provengono da una cultura stoica, pitagorica e platonica, intende mostrare che il cristianesimo è l’ultima definitiva rivelazione del Logos di Dio. Per lui già coloro che vissero “secondo ragione” (Eraclito e Socrate) sono cristiani. Taziano enuclea il fondamento del Plagio: i greci avrebbero conosciuto l’insegnamento dei profeti ebrei, sicché la cultura greca dipenderebbe dalla cultura e dalla religione ebraica, cioè dalla rivelazione di Dio. Tutto ciò che vi è di buono nella cultura greca appartiene ai cristiani, perché appartiene in realtà alla Sacra Scrittura, da cui i Greci l’hanno furtivamente astratto.
Tertulliano difende il Cristianesimo sostenendo che la sapienza cristiana non ha nulla in comune con la sapienza greca. Da ciò consegue che la fede in Dio, il miracolo del Cristo Salvatore, figlio di vergine, non è conoscenza traducibile mediante le categorie della filosofia, e non è spiegabile in termini razionali. Il cristiano, infatti, non è tale per conoscenza umana, bensì per fede. Clemente Alessandrino afferma che il Logos, il Verbo di Dio, non si è rivelato solo agli ebrei attraverso la parola dei profeti, ma si è rivelato, anche, attraverso la filosofia, in quanto il logos divino si manifesta anche attraverso la ragione umana che di quel logos partecipa.
Plotino nasce a Licopoli, in Egitto, nel 205 d.C. Porfirio di Tiro, autore di una biografia di Plotino, è la maggiore fonte di questo filosofo. Plotino muore in Campania nella villa di un amico nel 270 d.C. I suoi scritti furono ordinati da Porfirio e pubblicati tra il 300-305 d.C. Porfirio raccolse i 54 scritti di Plotino per argomenti, non rispettando, quindi, l’ordine cronologico. Li raggruppò in sei trattati composti ciascuno da nove libri. Da ciò il libro delle Enneadi.
Al centro delle argomentazioni di Plotino è il pensiero di Platone, la cui rielaborazione ha raggiunto risultati di notevole originalità e di grande portata storica. Non si può prescindere da Plotino se si vogliono capire le varie forme di quella che sarà detta “teologia negativa”, che notevole successo avrà in tutto il pensiero filosofico – cristiano del medioevo.
Per Plotino fondamentale è la risoluzione del problema unità-molteplicità. Ora, la prima esperienza è la molteplicità, ma essa è impensabile senza l’unità. Lo stesso due, infatti, è impensabile senza l’uno. Plotino afferma che i molti sono pensabili perché si ha l'unità, senza l’Uno, infatti, non è possibile pensare la molteplicità, la quale risulterebbe indefinibile e inesistente. L’Uno, dunque, è antecedente a tutto ed è la prima ipostasi (fondamento) del tutto. In realtà non si ha un primo e dopo cronologico, ma semplicemente senza l’Uno non possono esservi i molti e senza questi non vi può essere l’Uno. Il processo dall’Uno ai molti e dai molti all’Uno è un solo processo. L’Uno in quanto principio di tutte le cose deve essere diverso dai molti. Esso sarà, quindi, sussistente in sé, fuori di ogni composizione, assoluta unità. Proprio perché assoluta unità Egli trascende, val di là di ogni determinazione. Per tale motivo non si può dire e pensare nulla di positivo (perché pensare e parlare di qualcosa significa definirla, ma la definizione comporta la determinazione di ciò di cui si sta trattando, perché è sempre in riferimento a qualcos'altro). Quindi, l’Uno è inconoscibile e ineffabile. In ciò vi è l’origine di quella che si dirà teologia negativa, ovvero discorso su Dio fatto solo per via di negazioni, dicendo che egli non è nessuna delle cose determinate e finite conosciute dall’intelletto. Parlando di Dio, afferma Plotino, possiamo dire solo che è Bene e possiamo “aiutarci” con delle immagini; tra queste la più famosa è quella della luce. Dalla prima ipostasi (l’Uno) procede la seconda ipostasi e cioè l’intelletto: pensiero che pensando genera in sé le idee. In tal modo la seconda ipostasi risolve in sé il platonico mondo delle idee, ed è, pertanto, principio di molteplicità. Dall’intelletto proviene la terza ipostasi, l’anima del mondo; questa ha come la funzione di essere mediatrice tra l'intelligibile e il sensibile. È attraverso l’anima che i principi intelligibili, le idee presenti nella seconda ipostasi diventano principi ordinatori dell’universo sensibile. È l’anima infatti a dare ordine al cosmo. Essa occupa un posto intermedio, perché da un verso è congiunto all’intelletto, e dall'altro al mondo corporeo. Ora, poiché, l’anima è superiore per dignità al corpo che governa, si dovrà dire che il corpo, il cosmo tutto è nell’anima, non l’anima nel corpo. Quindi la corporeità è limitazione dell’anima: il corpo è il limite dell’anima, la decadenza dell’anima. L’uomo deve pertanto ritornare e “convertirsi” a Dio.

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