mercoledì 30 maggio 2012

Il Platonismo del Rinascimento e Marsilio Ficino


Il Rinascimento vide il rifiorire, al di fuori delle università, della cultura e della filosofia platonica. L'aristotelismo, invece, rimase il pensiero più diffuso all'interno del mondo accademico.
Già Petrarca, precursore di quella sensibilità nuova che lo portò ad impegnarsi nella traduzione di classici greci e latini, guardava a Platone, contrapponendolo alla filosofia aristotelica – averrosita, come al filosofo più vicino alla religione cristiana.
Una vera e propria riscoperta del pensiero originario del Platone si ebbe nel XV secolo, allorché, a seguito al XVII concilio ecumenico tenutosi a Basilea, ripresero i contatti tra il mondo latino e quello bizantino. Contatti che si erano interrotti nell’XI secolo a seguito dello scisma tra la Chiesa latina e la Chiesa greca.
Un ruolo importante nella riscoperta e nella diffusione del pensiero platonico lo ebbe Marsilio Ficino, che sotto la protezione dei Medici, tradusse il Corpus platonico e il Corpus ermeticum, gli Oracoli caldaici, gli Inni orfici e pitagorici.
Marsilio Ficino (1433-1499) riteneva, in linea con il pensiero patristico greco, che il Logos si rivelasse in maniera continua e progressiva. Da tale rivelazione nasce la pia philosophia (o anche la teologia antichissima: prisca teologia), cioè una filosofia intrinsecamente religiosa. Essa trova le sue prime manifestazioni in Oriente con Zoroastro e con il mitico Ermete Trismegisto. In seguito questo pensiero rifluisce nei Greci per giungere a piena maturità in Platone. Questa pia filosofia è il frutto della rivelazione del Verbo divino. Pertanto è una docta religio, intrinsecamente affine al Cristianesimo e ad esso convergente. Quindi filosofia e religione sono la medesima cosa, e anche nello stesso paganesimo possiamo rintracciare un'intrinseca affinità con il Cristianesimo. Ed infatti, le varie religioni mostrano come Dio abbia dotato allo stesso modo tutti gli uomini del senso religioso.
Ficino vede l’aristotelismo come un filosofia materialistica, che immette e descrive l’uomo nel solo ambito naturale, negandogli, pertanto, la creazione, la provvidenza e l’immortalità. Quest'ultima è il tema centrale nella sua opera maggiore, che prende il titolo di Theologia platonica de immortalitate animorum (1482).
Qui il filosofo sviluppa la propria concezione circa l'anima umana, chiarendone la sua posizione nell’universo, le sue facoltà e il suo suo destino ultraterreno. L’universo di Ficino è platonicamente e gerarchicamente tutto ordinato secondo una struttura quintuplice, al cui vertice si ha Dio, seguito, in ordine descrescente, dagli angeli, dall'anima umana, dalla qualità e dalla materia. Al centro si ha, quindi, l’anima, che unisce in sé sia tutte le qualità degli ordini a lei inferiori, sia quelli a lei superiori. In tal modo l’anima diviene il vero nodo (copula mundi) dell’universo e garantisce l’unità e l’ordine del tutto. La centralità della posizione dell'anima fa sì che essa si sottragga al destino di dissoluzione degli altri esseri, e ad accostarsi, tramite la sua parte razionale (mens) agli esseri eterni e incorruttibili, cioè alle menti angeliche e Dio.
Ora, mentre l’intelletto ha come sua funzione la conoscenza dell'oggetto, l’amore può invece ricongiungere l’uomo a Dio. L’amore (eros) deve essere inteso in senso platonico, come forza di attrazione che ricongiunge l’uomo a Dio. Da ciò l’importanza della filosofia dell’amore che comporta il primato del bene dell’amore.
Nel De vita coelitus comparanda (1489) Marsilio Ficino spiega come i cieli seguano l'ordine del Logos, e come una tale conoscenza possa giungere alla manipolazione della realtà terrena e spirituale, con una sottomissione, mediante opportuni riti e formule, di angeli o demoni ai propri interessi.

Nessun commento:

Posta un commento