venerdì 25 maggio 2012

Periodo messicano dei maya e conquista spagnola


Un secolo dopo la fine del periodo classico, si ha la grande invasione degli stranieri, che portavano seco il devastante patrimonio delle loro idee e usanze. Il centro di partenza è da ravvisare a Tula, la capitale dei Toltechi,1 situata al nord di Città del Messico. Il segno dell’invasione è fortemente visibile e riconoscibile a Chichèn Itzà. Thompson ricorda che Chichèn Itzà era una delle città maya di maggiore importanza nel periodo classico. Ne portano testimonianza un gran numero di monumenti in stile tradizionale Maya, le sculture nello stile classico yucateco, i testi geroglifici. I monumenti datati si aggirano intorno all’889 d.c., cioè a una data che nella regione centrale segna pressappoco la fine del periodo classico. Vengono costruiti una quantità di monumenti in stile tolteco e si ha la fusione dello stile messicano a quello maya. Gli Itza si insediarono nella città conquistata grazie all’operato di un capo messicano dal nome Kukulcan. Questi è il corrispettivo maya del messicano Quetzacòatl, quindi di un eroe in seguito divinizzato. Va tenuto presente che Kukul è la penna del Quetzal, uccello sacro per i mesoamericani, le cui penne oltre a essere ritenute sacre, costituivano una merce pregiata nell’America centrale precolombiana; Can invece, vuol dire serpente: Kukulcan vale quindi serpente piumato.
A parte il problema di chi fosse realmente Kukulcan2 (le cui leggende narrano o che sia scomparso su una zattera in direzione del Veracruz o del Tabasco meridionale o che, giunto in riva al mare, si fosse costruito una pira e vi si fosse bruciato, per ricomparire otto giorni dopo trasformato nel pianeta Venere); c’è il mistero di chi realmente fossero gli Itza. Molto probabilmente erano dei Toltechi, anche se Itza sembra un vecchio nome maya, dato che lo si ritrova in alcune regioni maya lontane dallo Yucatan. Il periodo messicano di Chichen Itza durò circa due secoli (dal 987 al 1195 d.c.); e mutò profondamente il modo di vita, gli usi e costumi dei Maya.
Quale sia stato la zona d’influenza sotto il dominio di Chichen Itza non si sa bene: le fonti indigene affermano che tutto il paese fosse sotto il dominio di questa città, ma a confutazione di tale informazione si ha il fatto che sia l’arte che l’architettura tolteca non è diffusa al di fuori della capitale. Fonti maya parlano anche di una triplice alleanza tra Chichen Itza, Maypan e Uxmal, che durò per tutti e due secoli del dominio degli Itza su Chichen Itza. Gli invasori portarono nel paese dei Maya nuovi culti tra cui quello del Dio serpente (Quetzacoatl – Kukulcan), ossia di quell’eroe divinizzato di cui abbiamo dato già accenno.
Il serpente piumato predomina a Tula. Questo culto è raro nel periodo classico e si riscontra solo nella città di Copan alla fine della sua storia. Si insediarono anche altre divinità, ma alcuni di questi culti stranieri non riuscirono comunque a spodestare i vecchi; ne è un esempio il caso dei Chac, divinità della pioggia, che mai vennero abbandonate dai Maya. Tulùm, situata sulla costa orientale dello Yucatan, divenne di notevole importanza dopo l’invasione messicana; Xelhà, importante nel periodo classico, fu occupata e asservita dalla città di Mayapan, stessa sorte ebbe Ichpaatùn.
Dopo due secoli le guerre intestine misero fine alla triplice alleanza. Si trattò di un momento decisivo nella storia dei Maya, che vide come protagonista un certo Hunac–Ceel. Questi compare per la prima volta durante un sacrificio agli dei della pioggia nel sacro cenote di Chichen Itza. Il sacrificio consisteva nel gettare alcune persone nel pozzo pieno d’acqua. Se entro mezzogiorno una di esse rimaneva in vita, veniva riportata su per ascoltare la predizione da parte degli dei che la vittima salvata aveva ricevuto. La predizione rivelava se l’anno seguente sarebbe stato un anno favorevole per l’agricoltura o al contrario di dura siccità. Hunac–Ceel assisteva a tale sacrificio, e siccome a mezzogiorno nessuna delle vittime era ancora viva, si gettò nel pozzo per ricevere il messaggio degli dei. Il libro detto Chilam Balam di Chumayel racconta così l’episodio:

“allora giunsero coloro che dovevano essere gettati nel cenote; allora cominciarono a venir gettati nel pozzo perché i loro capi apprendessero la loro profezia. La loro profezia non venne (cioè annegarono tutti). Fu Cauich, Hunac–Ceel, Cauich era il nome dell’uomo, che affacciò la testa all’apertura del pozzo sul lato sud. Poi cominciò a ricevere la profezia. Poi uscì a riferire la profezia. Si cominciò ad apprendere la profezia. Cominciò la sua profezia. Allora cominciarono a dire che egli era il capo. Allora fu insediato sul trono dei capi. Lo dichiararono capo dei capi. Prima d’allora non era mai stato capo”.3

Hunac–Ceel divenne capo di Mayapan, ma anche di Chichen Itza, e si adoperò perché la prima diventasse la città più importante dell’alleanza. A questo punto risulta che a capo di Chichen Itza c’era un certo Chac Xib Chac; governante di questo centro per conto di Hunac Ceel. Chac Xib Chac rubò la moglie al capo supremo di Izamal, proprio il giorno del loro matrimonio; per la qual cosa Hunac–Ceel, in seno a un esercito di messicani, spodestò il capo di Chichen Itza e lo esiliò con i suoi seguaci. Sicchè Hunac–Ceel, eliminato il pericolo di Chichen Itza, con l’aiuto del capo di Izamal, privato della moglie, gli si rivolse contro e lo sconfisse, rimanendo in tal modo il capo incontrastato.
Il Chilam Balam racconta che il capo di Izamal e i suoi figli vennero sacrificati tutti ad una divinità per nutrirla. Mayapan divenne padrone di tutto lo Yucatan settentrionale e probabilmente anche della regione Puuc. Il dominio durò per due secoli e mezzo (dal 1200 al 1450). Onde evitare rivolte i capi di Mayapan ricorsero al semplice stratagemma di obbligare i capi delle varie città a risiedere a Mayapan. Non si riesce a stabilire quante città fossero sotto il predominio di questa capitale, probabilmente qualcosa come una dozzina, per un territorio esteso quasi quanto tutta la Svizzera. Anche questa dittatura però, come tutte le dittature, cadde. Il pretesto fu dato da una rivolta operata da Ah Xupan, membro della influente famiglia Tutul Xiu, anch’essa discendente dei guerrieri di Tula.Ah Xupan riuscì a far scoppiare una rivolta diffondendo la notizia che i Cocom (i discendenti di Hunac – Ceel) si impadronivano di un gran numero di Maya per venderli poi come schiavi in Messico e in Honduras. Il capo Cocom e i suoi figli vennero tutti uccisi. Con la caduta di Mayapan, avvenuta verso il 1450, l’impero centralizzato crollò. Dalla sua corollaria frammentazione si formarono una dozzina di stati regionali, ognuno con un proprio capo. Il degrado intellettuale, artistico e culturale fu enorme: ben poco rimaneva dell’austerità e della fioritura del periodo classico, anzi venne persino abbandonato il sacro gioco della pelota, vero emblema di quella civiltà. Qui, come nello Yucatan, dopo un certo tempo, un gruppo si impose su tutti quanti gli altri; i Quichè, che abitavano la regione nord del lago Atlàn. Ma anche stavolta venne imposto alla popolazione assoggettata il culto di Quetzalcoatl. Ben presto, tuttavia, l’effimero impero dei Quichè si sfracellò sotto i colpi delle rivolte. Seguì una serie di guerre che durarono fino all’arrivo degli spagnoli.
L’ultimo regno del nuovo mondo, come ci dice David Webster, governato da una dinastia nativa finì il 13 marzo del 1697 quando: un piccolo vascello spagnolo a remi con 108 soldati si imbatté in una schiera di canoe nemiche e si avvicinò alla città sull’isola di Noypetèn, che era difesa da un nugolo di indios appostati dietro fortificazioni improvvisate. Martin De Ursua y Arizmendi, comandante delle forze spagnole, riferì in seguito che i suoi uomini non avevano aperto il fuoco finché non avevano ricevuto una scarica di frecce nemiche, cui avevano risposto con la scarica di un cannone per poi precipitarsi a riva. Alle 8 del mattino tutti i Maya sopravvissuti erano fuggiti e la città era completamente in mano spagnola.
La conquista spagnola ebbe un ruolo decisivo nello scrivere la fine della storia di questo popolo. Il primo vero contatto con i Maya si ebbe nel 1517, quando dopo una furiosa tempesta, tre velieri dell’Havana (Cuba) andarono a ormeggiare nella costa settentrionale dello Yucatan. Informazioni importanti sulla conquista degli spagnoli a danno dei Maya si hanno nel libro Storia della conquista della nuova Spagna scritto da Bernard Diaz del Castello.
Vi furono varie battaglie tra i conquistadores e gli indigeni, le perdite furono pesanti e alcuni spagnoli vennero trascinati vivi e tirati per i capelli per fungere da future vittime sacrificali sugli altari dei templi. Molti avevano avuto la gola tagliata dai coltelli e lo stesso cronista venne colpito da tre frecce. Hernandez de Cordova, il capo della spedizione, morì a Cuba in seguito alle ferite riportate. Una seconda spedizione partì il 25 gennaio del 1518 da Santiago de Cuba per ordine di Diego Velasquez, conquistatore e governatore di Cuba. Dopo uno scalo all’Havana, la flotta, una nave della quale era comandata da Francisco de Monteyo (destinato a diventare il primo commendatore civile e militare dello Yucatan), si diresse ad ovest e approdò nell’isola di Cozumel. Questa venne visitata, ma non venne dichiarata possedimento castigliano. In seguito, marciando più a sud sulla costa dello Yucatan, apparvero agli spagnoli gli edifici della città di Tulum destando in loro una grande meraviglia per lo spettacolo così nuovo. Juan de Grijalva, parente di Diego Velasquez, capo della spedizione, decise di accamparsi con i suoi uomini vicino ad un pozzo dal quale gli indigeni attingevano l’acqua. I primi contatti vennero quindi instaurati. Gli indigeni, infastiditi dalla loro presenza, fecero capire che se non fossero andati via la situazione sarebbe precipitata, cosa che infatti avvenne: una pioggia di frecce si abbattè sul loro accampamento; una di queste raggiunse Grijalva alla mascella e gli spezzò tre denti. In un istante persero sette uomini e si ebbero settanta feriti; in fretta e furia si reimbarcarono sulle navi senza però dimenticare di redigere l’atto di conquista del luogo. In seguito, all’altezza dell’istmo di Tehuantepec, Grijalva ebbe il primo contatto con l’impero azteco,4 completamente sconosciuto fino a quel momento. Scambiato per Quetzalcoatl, il serpente piumato, gli furono dati doni e congratulazioni. A questo punto la spedizione ritornò indietro e giunta dal governatore Velasquez, venne fatto un resoconto delle ricchezze di questi territori. Presto venne organizzata una nuova spedizione di 11 navi affidata al segretario di Velasquez, Hernan Cortes, nipote del viceré. Il 10 febbraio 1519 la flotta partì e raggiunse nuovamente Cozumel. Il 10 marzo del 1519 la squadra di Cortes, dopo aver costeggiato una parte dello Yucatan, si trovava all’altezza del Tabasco. Venne nuovamente sancita la presa di possesso del territorio di Tabasco. Cinque anni dopo, conquistati e sottomessi gli Aztechi, Cortès tornò nel territorio maya per ricondurre in obbedienza un suo luogotenente che cercava di rendersi indipendente. Questi era stato inviato a colonizzare l’Honduras. Questa spedizione, che ripercorse il Guatemala e l’Honduras, fu oltre che difficile, anche inutile, dato che la rivolta del luogotenente era stata sabotata da alcuni ufficiali che erano stati mandati contro di lui per via marittima dalle Antille. Toccò ad Alvarado, luogotenente di Cortes, conquistare tutto il Guatemala e come già detto, il 13 marzo del 1697 con Martin Ursua si ha la fine dell’ultimo regno maya.
1 AA.VV. Storia, popoli, gesta, civiltà, Arnoldo Mondadori Editore, Verona 1971, pag. 149 Titolo dell’opera originale: History. Toltechi significa “maestri costruttori“, probabilmente venivano dal Guatemala. “La tradizione dice che il loro primo condottiero, Quetzalcoatl, fondò la capitale, Tula, e che a lui succedettero altri otto capi, ciascuno dei quali ampliò ulteriormente il dominio toltechi nel Messico. Superbi ed orgogliosi, gli imperatori tolteci edificarono palazzi per sé belli quanto i templi dei loro dei. Il nono grande capo si chiamò, come il primo, Quetzalcoatl e compì il fatale errore di nominare come erede il figlio più giovane, che non piaceva ai capi guerrieri, i quali presero le armi e fecero la guerra civile: veso il 950 d.c. Tula venne distrutta, seguirono carestie e pestilenze che arrestarono per un certo periodo, la civiltà dell’America Centrale…non riuscirono mai a costruire l’ arco, ma sono famosi per la loro abilità nell’ uso della malta, per la bellezza delle loro pareti dipinte e per la loro scrittura pittografia.
2 Tutte le culture possiedono un sovramondo popolato da esseri sovrumani che fondano uno o vari aspetti sociali, economici e politici. Possiamo distinguere due diversi tipi di esseri sovrumani; quelli attivi solo nel mito, e che quindi consono oggetto di culto, ma non per questi meno importanti, in quanto hanno avuto una funzione di fondazione di determinati aspetti della realtà, e quelli attivi anche nel presente. In questa categoria rientrano il creatore ozioso, caratterizzato dal fatto che dopo avere creato non agisce più, il Trickers o anche briccone divino, che è connotato dall’ essere causa di caoticità, ma non per questo del tutto negativo poiché diviene premessa dell’ ordine cosmico e l’ eroe culturale, cioè colui che è metastoricamente responsabile dell’ assetto culturale tipico delle singole civiltà. A quest’ ultima categoria appartiene Quetzaalcatl – Kukulcan. Questi però si contraddistingue in quanto è attivo anche dopo il mito. Questo eroe culturale è infatti da inserire all’ interno di una religione politeistica, possedendo inoltre una personalità ben precisa che lo rende operante in un aspetto della realtà.
3 Eric Thompson, op. cit., pag. 145.
4 Storia, popoli, gesta, civiltà, cit., pag. 150. L’ascesa degli Aztechi inizia “verso il 1168 d.c. (quando) uno sparuto gruppo di indiani incominciò ad adottare la civiltà dei Toltechi e a fondare un impero che, col tempo, arrivò a contare 5 milioni di abitanti. Questi indiani, chiamati anche “ popolo degli aironi“, appartenevano alla tribù dei Nahua; probabilmente ebbero nome dal fatto che i guerrieri portavano tra i capelli due piume di airone. Secondo la leggenda, prima di fondare la loro civiltà gli Aztechi erano vissuti pacificamente su un’ isola in mezzo al lago finchè, nel 1168, il loro dio Huitzilopochtli (che significa colibrì a sinistra) apparve loro, ordinando che partissero da quel luogo e vagassero alla ricerca di un certo segno: quando lo avessero trovato, sarebbero diventati un grande popolo. Nel frattempo gli Aztechi si spostavano da un luogo all’ altro, fermandosi per alcuni anni, scavando la terra e coltivando granoturco, commerciando con le più importanti tribù con le quali venivano a contatto; fatti schiavi scapparono su un’ isola paludosa sul Lago Messico; qui il loro consiglio di quattro capi vide una roccia sulla quale cresceva un cactus su cui stava un’ aquila che teneva tra gli artigli un serpente. Questo era il segno che essi aspettavano ed in questo luogo gli Aztechi edificarono Tenochtitlàn (“roccia del cactus“). Un grande capo comandava il consiglio dei quattro capi che governavano la tribù[…]. L’impero Azteco, come il resto dell’ America prima che arrivassero i Spagnoli, non aveva buoi, cavalli e non aveva scoperto la ruota (i commercianti portavano di città in città eserciti di portatori che reggevano sulle spalle carichi di circa 30 chili); in ogni città dell’ impero c’ era un mercato, ove scambiare merci di ogni genere: gomma elastica, mole, sacchetti di cacao, fagioli e persino penne d’ aquila ripiene di polvere d’oro.
Hera, civiltà scomparse, misteri archeologici”, mensile n. 62, Hera Edizioni, Marzo 2005, Articolo di Giulio Magli, L’Astronomia e il paesaggio sacro degli Aztechi, pag. 24. Tenochtitlàn contava circa un milione di persone, queste vivevano in case fatte, per la maggior parte, in pietra. Tutta la città era ripiena di templi piramidali che raggiungevano l’altezza anche di 30 metri; da qui i sacerdoti compivano i sacrifici umani, (essenziale nutrimento degli dei, che mantenuti in vita e in forza con il sangue delle vittime sacrificali, permettevano il continuamente di questa creazione), in special modo di prigionieri e gettavano i loro corpi ai fedeli perché li mangiassero. Lo stato si basava su clan o famiglie che avevano propri capi, divinità protettrici, templi e terre. Esistevano venti clan riuniti in quattro confraternite, ognuno con un proprio capo militare. Ogni clan aveva un rappresentante in consiglio che, almeno in teoria, eleggeva il capo supremo (che però in pratica era un monarca ereditario). La religione mexica risultò dall’interazione di elementi ancestrali, quali il culto del dio della guerra dal nome Huitzilopochtli ed elementi tipici delle precedenti culture della Valle del Messico, in particolare quella tolteci. Come la religione tolteca, anche quella mexica era profondamente incentrata sul sacrificio umano, le cui vittime erano di solito, come già detto, prigionieri di guerra ma anche schiavi e bambini. L’assassinio delle vittime avveniva perché i messicani erano convinti di alimentare, in questo modo, le divinità, in una sorta di alimentazione degli dei e, in uno scambio tra l’esistenza degli uomini e la sopravvivenza degli dei stessi e avveniva di solito su una pietra sacrificale. Successivamente i cuori delle vittime venivano posti sul Chac Mool, una statua di forma umana semi-sdraiato la cui iconografia è a sua volta di origine tolteca. Tenochtitlan negli anni precedenti alla conquista spagnola, la città si espanse fino a inglobare il vicino centro di Tlatelolco e probabilmente la popolazione arrivò a contare trecentomila persone. Tenochtitlan era splendida. Adagiata nella parte occidentale del lago, essa appariva ai viaggiatori che provenivano dalle montagne come una specie di piattaforma galleggiante, collegata alla terraferma da tre strade rialzate e irta di splendide piramidi. L’urbanistica era inspirata ad una visione quadripartita dell’universo. Convinzione comune a tutta la meso-america. Le strade convergevano in una piazza nel centro della città e la piazza era concepita a sua volta come una struttura quadripartita in cui i palazzi dei regnanti erano rivolti verso l’interno. L’redificio principale era il Tempio Mayor, vero e proprio ombelico del mondo e albero che collegava il cielo, la terra e l’inframondo. Come dice P. Scarpi (G.Filoramo-M.Massenzio-M.Raveri-P.Scarpi, Manuale di Storia delle religioni, Editori Laterza, Bari, pagg. 144-145), gli Aztechi erano convinti che vi fossero state 5 creazioni, 5 universi o 5 soli, di cui quattro si erano estinti, anche questo mondo era destinato a morire mediante un disastroso terremoto. “ Situato al centro dell’ universo e fonte dell’ esistenza del mondo, il Sole perdeva una parte di sé in ogni creatura e perché continuasse a esistere e a non estinguersi l’ uomo doveva fornirgli il nutrimento attraverso il sacrificio e l’offerta del cuore della vittima, che era una porzione della luce solare. Questo è sinteticamente il mito delle cinque creazioni e dell’ estinzione dei 4 solo: “ Il primo, naui – ocelotl (naui: quattro), quattro giaguari, (estinto) perché i giaguari avevano divorato l’ uomo; il secondo, naui – eecatl, quattro venti, (estinto) per intervento di Quetzacoaltl che aveva fatto trasformare tutti gli uomini in scimmie; il terzo, naui – quiauitl, quattro piogge (estinto) quando tlaloc, dio della pioggia e del fulmine, lo aveva sommerso con una pioggia di fuoco; il quarto, naui – atl, quattro acque, terminato con un diluvio durato 52 anni, che è il ciclo di rinnovamento del mondo”. La cosiddetta guerra fiorita, unica giustificazione di rappresaglie alla fine dell’ impero, nasceva dalla necessità di procurarsi prigionieri da sacrificare. Per questo gli Aztechi cercavano di uccidere il meno possibile al fine di fare più prigionieri possibili.

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