martedì 29 maggio 2012

Eckhart


Eckhart, nasce nel 1260 e muore nel 1328. Sviluppa il problema metafisico in chiave neoplatonica. Decisiva l’influenza del pseudo-Dionigi e di Proclo. Per Eckhart la Bibbia è la fonte prima sia della teologia che della filosofia. La riflessione filosofica e teologica infatti si identificano nell’impegno di spiegare le affermazioni della sacra fede cristiana e dei due testamenti attraverso le ragioni naturali dei filosofi. La prima delle cose create è l’essere, se l’essere è creato, allora Dio non è essere perché è il creatore dell’essere. Al di là, prima dell’essere, Eckhart pone l’intelligere, l’intendere, l’intelletto. Così Eckhart interpreta l’inizio del prologo del IV Vangelo: “ In principio era il Verbo”. Il Vangelo, nota Eckhart, non dice “in principio era l’essere”, ma il Verbo, il logos, cioè l’intendere o l’intelletto. E poiché l’essere è finito e determinato secondo generi e specie, per opposto l’intelletto è infinito, indeterminato. Il tema centrale è dunque la totale contrapposizione fra Dio e creatura, l’impossibilità di attribuire a Dio qualcosa che appartiene alla creatura e viceversa. In seguito si stacca dalle sue prime affermazioni e identifica Dio con l’essere, e tale essere-Dio si identifica con l’Uno (secondo precise suggestioni neoplatoniche) ed è assoluto e al di là di ogni determinazione. Dio-Uno può anche dirsi negazione della negazione (negatio-negationis), in quanto negazione del finito che, essendo molteplicità, è negazione dell’unità, essendo determinato, è negazione dell’essere puro e pieno. Ciò significa che Dio-Uno ha in se stesso tutta la molteplicità. Eckhart commenta il primo versetto del Genesi “in principio Dio creò cielo e terra” affermando che Dio “creò in principio, cioè in se stesso”. Sempre commentando il primo versetto del Genesi Eckhart potrà anche dire che il principio è il Verbo stesso cioè la ragione, il logos divino. Dio quindi creò tutto nel logos ovvero attraverso l’intelletto, quindi secondo ragione. È da precisare però che insistendo sull’atto libero della creazione, pone le creature come singole e determinate, pertanto distinte da Dio. Eckhart sottolinea l’impossibilità di usare gli stessi concetti parlando del finito e dell’infinito, delle creature e di Dio. Per l’abissale distanza fra i concetti del discorso umano e l’infinita realtà dell’Uno-Dio, si dovrà infine ricordare che Dio è indicibile: di lui, come insegnava la teologia negativa, non si può dire o predicare nulla, propriamente neppure l’essere; si dovrà piuttosto dire che Dio è sopraessenziale, ovvero che l’Uno è al di là di ogni distinzione, quindi al di là di ogni concetto. Alla metafisica corrisponde una coerente dottrina della conoscenza sino ai suoi esiti estremi dell’unione con Dio: se Dio è l’Uno, l’anima dovrà farsi una, uscire dalla molteplicità e dalla temporalità attraverso un processo di unificazione che permetta di ritrovare nel proprio fondo quella scintilla che è qualcosa di assolutamente semplice: qui si realizza l’unione di Dio con l’anima, perché in questa scintilla dell’anima è il segno della presenza di Dio nell’uomo. Anche questo tema ha origine neoplatoniche in quanto l’uomo conosce Dio se si fa uno, cioè se si fa simile a Lui, perché il simile conosce il simile. L’intelletto dovrà dunque superare le distinzioni categoriali per vedere l’unità nella molteplicità. Questo svuotamento è radicale umiltà e povertà spirituale di tale forza che Eckhart può affermare: “l’uomo umile non ha bisogno di domandare a Dio, egli può comandare Dio perché l’altezza assoluta della deità si volge solo alla profondità abissale dell’umiltà. L’uomo umile e Dio fanno una cosa sola”. Questa unione è resa possibile dall’incarnazione del Verbo: la teologia della grazia si congiunge con la teologia dell’incarnazione. Se, come dice il IV Vangelo, il verbo si è fatto carne e abitò in noi ciò è perché noi divenissimo figli di Dio. Come Dio genera il Figlio, così noi siamo generati e attraverso l’incarnazione diveniamo figli adottivi di Dio. Più ancora, è Dio stesso che grazie all’incarnazione del Verbo viene ad abitare in noi.

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