sabato 26 maggio 2012

L’archè del cosmo maya


Anche le pietre erano oggetti di venerazione per i Maya, in special modo la giada, considerata di grande sacralità, tanto che sottolinea Eric Thompson,

“nei testi allegorici messicani la giada è la pannocchia immatura[…](in quanto)1 il grano ancora verde, come la giada preziosa, se ne sta nascosto nella roccia. La roccia viene squarciata, e il granoturco nasce e diviene divino.”2

La sacralità delle giade trova riscontro nella mitologia maya, ove , scrive Martin Brennan,3 sono considerate pietre vive. Gli dei e le forze primitive vi risiedono e ne emergono. Martin Brennan4 asserisce che le giade “ sono sostanze magiche che possono donare la vita o fare germogliare il mais”.
Nel Chilam Balam di Chumayel esistono prima del creato stesso tanto che, in questo testo sacro, si afferma:

“[…] la nascita della prima preziosa pietra di grazia [la giada] , la prima notte infinita, avvenne quando dio non c’ era. Egli non aveva ricevuto ancora la propria divinità. Poi rimase solo nella grazia, nella notte, quando non c’ era né il cielo né terra[…]”.5

Quindi riferisce Pietro Bandini6

“questa pietra preziosa [la giada] non era affatto una cosa morta, era dotata di qualità simili al “drago cosmico”7 che uscì fuori dal gioiello nel corso della creazione. I primi istanti della creazione avvennero spontaneamente, senza l’ intervento di un demiurgo: dalla gemma nacquero il sole e la luna, la volta celeste e le acque nere degli inferi. Solo allora apparve il demiurgo che infilò le mani nella bocca “aperta” della gemma e ne trasse una rete. Pauahtun, la rete della gemma, era il ricettacolo di tutto il cosmo, che ora si estendeva contemporaneamente in tutte e quattro le regioni del mondo”.

Le pietre erano pertanto ritenute sacre, in special modo, come già detto, la giada che con il suo colore verde ricorda il colore della pannocchia non ancora matura. La sacralità della giada, affermata anche dall’archeologo Victor von Hagen che, di questa sostanza, scrive che “è una pietra che ai maya sembra importante quasi quanto la vita[…]tanto da divenire simbolo di tutta la loro civiltà8”, sicuramente è da rimandare al significato mistico dato da una cultura agricola ad una pietra che ricorda nel colore il vegetale non ancora maturato.
La giada diviene metafora della nascita, seme della fertilità e del germogliare delle pannocchie. È il potenziale che da la vita, il luogo di nascita, ciò da cui tutto ha origine: così come il suo verde è colore della pannocchia che maturata è alimento di grande rilievo nella dieta maya, allo stesso modo è luogo di origine del tutto, elemento da cui tutto il creato prende vita . Un popolo che viveva essenzialmente di agricoltura è normale che abbia attribuito a questa sostanza un tale e grande valore, anche perché il mais costituiva e costituisce tutt’ora per i maya circa l’80% della loro dieta quotidiana.
Il tun o cuauc, ovvero l’ altare di pietra, è fondamentale nell’ arredo scenico del sacrificio, proprio perché le pietre che lo compongono costituiscono il nucleo misterico della creazione, in quanto traenti origine dalla mitologica cosmogonia maya.9 Le piramidi, edifici costruiti in pietra, venivano, dai mesoamericani, considerate un portale di accesso al mondo spirituale. Alcune servivano anche da tombe, similmente alle piramidi egiziane, ma rimanevano comunque luogo di unione del terreno con il celeste, via di comunicazione tra il cielo, il mondo e l’ interregno.
Strumento per farsi ascoltare dalla divinità e per entrare in comunione con essa: la piramide, per i maya, contiene un albero del mondo. Anche le caverne erano considerate luoghi sacri, in quanto si credeva
che fossero dimora dei signori della terra e via di accesso al mondo degli inferi. Infine dalle caverne usciva l’acqua sacra: elemento essenziale nelle cerimonie, che per rimanere pura non doveva entrare a contatto con la donna.
1 Aggiunta dell’ autore.
2 Eric Thompson, op. cit., pag. 291.
3 Martin Brennan, op. cit., pag. 79.
4 Ibidem.
5 Ibidem.
6 Pietro Bandini, op. cit., pag. 33.
7 I maya personificavano il cielo con un mostruoso drago.
8 Victor Wolfgang von Hagen, op. cit., pag. 162.
9 Cfr. Martin Brennan, op. cit., pag. 79.

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