giovedì 31 maggio 2012

Erasmo da Rotterdam


Erasmo da Rotterdam (Basilea 1469 – 1536) fu filologo, polemista e teologo. Importante è il suo insistere sulla necessità di una profonda riforma religiosa e morale, attraverso il ritorno al cristianesimo antico. Alle sottili e inutili diatribe dei teologi, alla sterili prescrizioni ritualistiche dei monaci, Erasmo oppone la filosofia del Cristo (philosophia Christi) intesa come recupero dell’autentico messaggio di Gesù, ritorno al cristianesimo primitivo colto nelle sue originali fonti, lettura del Nuovo Testamento e delle opere dei Padri greci e latini. Da ciò l'importanza di rileggere e interpretare il più fedelmente possibile il Vangelo, il quale, per l'importanza che riveste, deve essere messo nelle mani di tutti, anche degli incolti. Non è possibile, infatti, che resti una lettura riservata a pochi teologi e monaci, cioè ad una parte veramente minima della Cristianità, che è stata, peraltro, responsabile di avere occultato il messaggio di Cristo con la filosofia aristotelica e con dispute su problemi del tutto estranei al primitivo cristianesimo. Inoltre, gli esponenti della Chiesa hanno avvilito la pietà cristiana riducendola ad un estrinseco ritualismo e formalismo. Tutti questi argomenti vengono affrontati nelle sue opere: Enchiridion militis christiani (1503), Elogio della Follia (1509), Colloquia (1519). Nel vastissimo Epistolario Erasmo prospetta la costituzione di una società di uomini nuovi, formata da intellettuali, da politici e da prelati accomunati dai medesimi ideali di riforma e capaci di lavorare insieme per realizzarla.
Frequente in Erasmo è l’appello all’uso della ragione; ragione intesa come strumento capace di portare l'equilibrio, di analizzare ed affrontare i problemi. Una ragione, quindi, che non cessi di indagare in nome di dogmi. Queste sue concezioni gli causeranno le accuse dei teologi, che polemizzano contro di lui perché, in nome della ricerca e della ragione, ha rinunciato a qualsiasi certezza dogmatica. Questo suo atteggiamento di dialogo e di confronto con le tesi altrui è sempre presente, anche quando divamperanno le prime polemiche contro la predicazione di Lutero. Di Lutero Erasmo condivise la critica alla corruzione della Chiesa e degli ordini monastici, ma non volle mai porse contro la Chiesa di Roma, a cui, anzi, rimase sempre fedele, pur non facendosi mai paladino di Essa.
La polemica contro Lutero lo porterà a scrivere il De libero Arbitrio (1524). In questo lavoro Erasmo procede con equilibrio e serenità, mostrando l'inutilità di imbattersi in dispute religiose che il più delle volte sono inutili, e certamente contrarie alla vera pietà cristiana. L'argomento principe di quest'opera è la difesa del libero arbitrio. Si trova, però, d'accordo con Lutero e con la sua polemica contro l’abuso delle pratiche penitenziali e delle indulgenze. Su un punto fondamentale Erasmo rimane sempre contrario a Lutero, e cioè la sua negazione radicale del valore delle opere. Tale tesi luterana, dice Erasmo, favorisce gli empi. Le opere non vanno, quindi, depauperate del tutto di importanza. Bisogna, semmai, trovare la via di mezzo, cioè dare importanza alle opere riconoscendo sempre e comunque il potere più grande della grazia. Lutero accuserà Erasmo, per questa sua posizione, di scetticismo e di irreligione. Per Lutero, infatti, è necessario sostenere la tesi dell’assoluta imperscrutabilità della giustizia divina, la quale giustifica e salva in maniera incomprensibile per noi, col concorso della sola fede, e non per le opere pie dell’uomo peccatore. Erasmo, però, avvilito dalle lotte e dai conflitti nati con il luteranesimo non gli risponderà più. Per lui, infatti, era venuto meno una componente essenziale del confronto, e cioè il pacifico dialogo e la diatriba mediante ragione. Fondamentale infine è la distinzione operata da Erasmo tra dottrine fondamentali (fundamenta) e quelle indifferenti (adiaphora). Distinzione fatta al fine di potere ritrovare l’unità della Cristianità e la tolleranza.

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