domenica 19 agosto 2012

Matematica e logica


Durante il corso dell'ottocento la matematica si era andata progressivamente avvicinando alla logica, tanto che Russel giunse ad affermare che lo logica si poteva considerare la gioventù della matematica e, viceversa, la matematica la maturità della logica.
La convergenza tra matematica e logica si andò ad accentuare con l'opera di Boole, il quale approfondì gli studi di logica simbolica mediante il dibattito sui “fondamenti” dell'aritmetica e sui principi e le epistemologie logiche che permettessero di andarli a stabilire.
Da questo dibattito nacquero una serie di soluzioni che si identificano fondamentalmente in tre indirizzi, e cioè il logicismo, l'intuizionismo e il formalismo.
Il logicismo vede come suoi massimi esponenti Gottlob Frege e Bertrand Russel, i quali cercano di offrire una fondazione rigorosamente logica dell'aritmetica. Ciò in polemica contro coloro che avevano sviluppato delle concezioni filosofiche affermanti la possibilità di giungere a tale fondazione mediante vie psicologiche ed empiristiche, o per vie sintetico – trascendentali di tipo kantiano.
Per il logicismo i numeri non sono né entità fisiche né il risultato o il frutto di un'attività intuitiva sintetica a priori, e non possono nemmeno derivare da una qualsiasi esperienza. Ed infatti, non posso avere alcuna esperienza del numero zero o del numero uno. Al contempo, però, i numeri non possono neanche considerarsi come delle proprietà predicabili delle cose. Ed infatti, se affermo che le foglie di un albero sono “verdi”, posso anche sostenere che ogni singola foglia è verde. Se, però, dico che un albero ha cento foglie, non posso mai dire che la singola foglia è “cento”. Cosa invece che posso sostenere con il “verde”.
Per risolvere il problema bisogna ricorrere ad uno studio analitico dell'aritmetica. Alla base di tale studio si deve ricercare l'“estensione” logica dei concetti, ossia ciò a cui corrisponde quel concetto, o, meglio ancora, l'ambito a cui si riferisce quel dato concetto.
Operando in tale maniera possiamo giungere ad una definizione puramente logica della successione dei numeri, per cui il numero “zero” corrisponde al concetto coprente l'ambito di estensione del “disuguale da se stesso”, ossia al concetto sotto cui non cade nessun altro concetto. Il numero “uno”, invece, corrisponde al concetto la cui estensione è “uguale a zero”, ossia un concetto che non è come quello di zero, disuguale da se stesso, ma che ha una “estensione”, ovvero è uguale a zero e soltanto a zero.
Frege, pertanto, afferma che è possibile giungere alla definizione dei numeri senza alcun bisogno di basarsi sulla pura intuizione, ma ricorrendo soltanto al puro ragionamento. Alla base di queste teorizzazioni si hanno delle argomentazioni complesse che cercano di stabilire una connessione biunivoca tra oggetti che cadono sotto due concetti (F e G). Corrispondenza che ci permette di dire che il concetto F è “ugualmente numeroso” al concetto G. Ciò significa che il numero naturale che spetta al concetto F non è altro che l'estensione del concetto “ugualmente numeroso ad F”. Conseguentemente, affermare che “n è un numero naturale”, non significa altro che dire che “esiste un concetto tale che n risulta il numero spettante ad esso”. In altre parole “il numero naturale spettante a F è uguale a quello spettante a G ogni qualvolta esiste una relazione che fa corrispondere in modo biunivoco gli oggetti che cadono sotto il concetto F a quelli che cadono sotto il concetto G”.
Questo tipo di impostazione venne ben presto sottoposta a notevoli critiche. Quella più efficace fu avanzata da Bertrand Russel, che notava il carattere autoriflessivo delle classi. Carattere autoriflessivo che metteva in questione la validità del procedimento puramente analitico, il principio del terzo escluso e il concetto di “estensione” logica.
Il logicismo è stato interpretato spesso come una nuova forma di ontologismo e di platonismo. Ciò perché per Frege i concetti della matematica hanno una propria oggettività che si impone alla ragione. Oggettività che non è il frutto di una costruzione o di una convenzione soggettiva, anche se si distingue da ogni tipo di realtà sensibile percepita. Per intenderci, i concetti della matematica sono un po' come l'asse terrestre o l'equatore, che pur non essendo dati sensibili, sono nozioni oggettive.
Una fondazione della matematica che prescinde dal terzo escluso è data dall'olandese Luitzen Egbert Jan Brouwer (1881 – 1966), autore della Filosofia della matematica, del 1964 e docente presso l'università di Amsterdam. Egli, esponente dell'intuizionismo, afferma che “la matematica è più un fare, che una dottrina”. L'intuizionismo di Brouwer, però, si discosta dalla filosofia kantiana, che fondava la matematica sulle forme a priori di tempo e di spazio, e respinge anche la apriorità dello spazio. Priorità che era stata messa palesemente in crisi con la scoperta delle geometrie non – euclidee. Viene, però, mantenuta la funzione primaria della forma del tempo. Ed infatti, solo l'intuizione del tempo può spiegare il ritmo fondamentale dell'intelligenza umana, che riunisce le parti qualitativamente differenti mediante il tempo stesso. Fuoriuscendo da questo ritmo si spiega il fenomeno della matematica, che si basa fondamentalmente sull'intuizione della pura e semplice duo – unità.
Dalla semplice duo – unità, infatti, ne deriva, a sua volta, un'altra, e da questa un'altra ancora secondo un processo che procede all'infinito conseguente al pensare la duo – unita seguente da quella subito precedente.
Da questo modo di operare, da tale intuizione si ha la connessione di ciò che è discreto e di ciò che è separato, ossia l'intuizione di ciò che è connesso e di ciò che è separato, del continuo e del discreto. Da tale intuizione si ha il concetto del “continuo lineare”, ossia di quel nesso che non viene pensato come collezione di unità, e che, conseguentemente, rende possibile la fondazione dell'aritmetica e della geometria.
Un terzo tipo di matematica e di risoluzione ai problemi ad essi connessi è il formalismo, di cui il maggiore esponente è David Hilbert (1862 – 1943), autore di Fondamenti della geometria, del 1899; di Elementi fondamentali di logica teorica, 1928; Fondamenti della matematica, del 1934 – 1939 e dei Saggi, del 1932 – 1935.
Il formalismo parte dal presupposto della validità del principio del terzo escluso e respinge qualsiasi metodologica genetica affermante il principio che si giunge ai numeri più complessi ricavandoli dai più semplici. Il formalismo, infatti, cerca di fondare la matematica in maniera assiomatica, ossia muovendo da proposizioni complete prive di conseguenze contraddittorie.
Il formalismo polemizza con il logicismo perché non ha inteso che i concetti della matematica non sono interni alla logica, la quale deve limitarsi soltanto ad avere un aspetto formale, ossia ad esprimere la “tecnica del nostro pensiero”.
Il formalismo viene criticato dal matematico cecoslovacco Kurt Godel (1906 – 1978), autore del celebre saggio Sulle proposizioni formalmente indicibili, del 1931. Godel ha messo in discussione la possibilità di dimostrare la non – contraddittorietà di un sistema logico – matematico servendosi soltanto di elementi interni a quel sistema e ha sostenuto che all'interno di ogni sistema aritmetico vi sono sempre proposizioni “indicibili” in base ai suoi criteri ed elementi interni. 

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