mercoledì 8 agosto 2012

Benedetto Croce


Benedetto Croce (1866 – 1952) fu autore di una Filosofia dello spirito in quattro volumi: 1. Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale, del 1908; 2. Logica come scienza del concetto puro, del 1909; 3. Filosofia della pratica. Economia ed etica, del 1909; 4. Teoria e storia della storiografia, del 1917. Pubblica i due saggi La filosofia di Giambattista Vico, del 1911 e il Saggio su Hegel, del 1913. Del 1936 è, invece, La poesia; del 1938 la Storia come pensiero ed azione. Infine, si hanno le due grandi opere di valore culturale: la Storia d'Italia, del 1928, e la Storia d'Europa, del 1932.
I temi maggiormente trattati e studiati dal Croce sono l'arte e la storia. La sua prima opera di largo respiro, La Storia ridotta sotto il concetto generale dell'arte, afferma la stretta connessione e congiunzione del problema dell'arte con quello della storia. Croce polemizza contro i positivisti e contro la loro pretesa di potere risolvere ed interpretare la storia all'interno di leggi generali e di schemi politici, istituzionali e sociali che si ripetono. Inoltre, Croce esclude che la conoscenza della storia possa essere ridotta ad un sapere concettuale dove il particolare viene riportato all'universale. La storia, per il Croce, è, come per l'arte, conoscenza del particolare, con la sola differenza di non essere un particolare possibile, ma realmente accaduto. Del marxismo il Croce rifiuta quegli aspetti che considera residui della filosofia della storia, per accoglierne le istanze circa l'importanza dell'economia. Pertanto, il Croce afferma l'importante connessione tra i fenomeni storici (che non sono puramente ideali) e la vita di un popolo in quel dato momento. Il materialismo storico, quindi, non è un sistema rigoroso e definitivo; è, semmai, un importante richiamo su alcuni aspetti fondamentali della storia che per troppo tempo sono stati dimenticati e fraintesi. In tal senso, per Croce, il marxismo deve essere integrato ad una scienza dell'economia, ossia da una scienza che sottolinei l'importanza dell'utile nella storia. Importanza dell'utile che deve essere distinto dall'importanza della morale.
Notevole è la teoria delle quattro forme dello spirito, che Croce espone nel primo dei quattro volumi della Filosofia dello Spirito, e cioè l'Estetica. All'interno dell'estetica si opera una precisa distinzione tra un momento teorico o conoscitivo dello spirito, e un momento pratico o attivo di esso. All'interno del momento teorico si pone un'altra distinzione, ossia la conoscenza del particolare (arte) e la conoscenza dell'universale (filosofia). All'interno del momento pratico viene distinto la volizione dell'individuale o dell'utile (economia) e la volizione dell'universale e del bene (morale).
Si hanno, quindi, quattro concetti: bello, vero, utile e buono. Essi vengono considerati più alti e importanti degli altri concetti, in quanto non indicano contenuti determinati e singoli dello spirito, ma forme, ossia modi di operare universali e costanti dello spirito. Per il Croce, così come per ogni altro idealista, lo Spirito è nella storia, si manifesta in esso. La sua filosofia, però, si distingue dalle altre perché intende lo sviluppo dello spirito come passaggio da una forma ad un'altra per poi ricominciare nuovamente dalla più semplice di essa. Tale forma ha, però, in sé come contenuto i risultati delle precedenti. Il rapporto tra le forme viene spigato mediante due punti fondamentali: il nesso dei distinti e la funzione del sentimento. La dialettica hegeliana operava mediante la mediazione di due opposti e il superamento di essi tramite una sintesi. Questa dialettica hegeliana degli opposti per il Croce è valida all'interno di ogni singola forma, ma non tra le diverse forme. In altri termini, per il Croce non si può mai dire che un'opera d'arte è opposta ad una di filosofia, o che l'utile è opposto al bello, e così via. Ciò perché questi sono termini rigorosamente distinti, e, in quanto tali, non solo non sono opponibili, ma non ha neanche senso andarli a contrapporre. L'opposizione è, invece, valida all'interno di ciascuna delle quattro forme, ad esempio tra bello e brutto, falso e vero, cattivo e buono, inutile ed utile, ecc. Ognuna delle quattro forme costituisce un momento positivo e insopprimibile del movimento circolare all'interno dello spirito; in tal modo una forma passa all'altra, come il teoretico al pratico. Per il Croce, infatti, vi sono soltanto quattro forme nell'attività dello spirito, e con tali forme va spiegato tutto il processo dello spirito, anche la religione. L'arte rappresenta il primo momento dello sviluppo dello spirito. Essa è al contempo espressione ed intuizione di un qualsiasi oggetto; ciò porta alla conseguenza di identificare con l'arte qualsiasi forma di espressione, compreso il linguaggio. Il croce, pertanto, almeno in un primo momento, afferma che l'opera d'arte è soltanto un'espressione più complessa e difficile rispetto alle altre, ma non distinguibile per una differenza specifica. Il giudizio estetico, per il Croce, avrebbe il compito di cogliere ciò che costituisce la specificità e l'autonomia dell'opera e non deve mirare, come affermava il positivismo, a ricostruire la genesi dell'opera nel suo contesto sociale o nei suoi legami con la psicologia e la personalità dell'autore. Il giudizio estetico ha una validità assoluta, in quanto esso si identifica perfettamente tra il gusto (l'attività che giudica l'opera) e il genio (l'attività che la produce). Questa identità si realizza nel giudizio estetico, dove l'opera d'arte viene riprodotta.
Nel saggio La poesia Croce distingue varie forme di espressione. Per il Croce l'espressione vera e degna è quella poetica. Ma accanto ad essa vi sono espressioni che non rispondono ad esigenze propriamente artistiche. È, ad esempio, il caso della letteratura, che ha lo scopo di educare e che riesce perfettamente ad equilibrare espressioni non poetiche (passionali, prosaiche e oratorie) con espressioni propriamente poetiche, in maniera tale che le prime non vadano ad offendere la coscienza artistica.
Sulla base delle intuizioni si sviluppa il pensiero, che ha come massima sua espressione il concetto; questo si distingue dalla intuizione perché non ha per contenuto un singolo elemento della rappresentazione e non si riferisce a questa o a quella rappresentazione.
Il concetto ha alcune caratteristiche ben precise. Esse sono:
  • espressività, per cui il concetto è un atto conoscitivo e non puramente pratico;
  • universalità, per cui è un atto conoscitivo sui generis che si distingue dalla conoscenza intuitiva;
  • concretezza, per cui pur essendo universale pensa effettivamente la realtà e non è affatto vuoto.
Dal concetto debbono essere distinti i pseudoconcetti, i quali non fanno parte e non rientrano nella sfera della conoscenza, ma nella forma dell'utilità. Ed infatti, mentre i concetti appartengono alla filosofia, i pseudo concetti appartengono alle scienze naturali e matematiche. Questi pseudo concetti non sono universali, e per tale motivo ad essi non può essere posto nemmeno il problema della verità. Ed infatti, i concetti delle scienze naturali vengono posti e definiti empiricamente (vivente, non-vivente, vegetale, animale), oppure sono universali in senso astratto e vuoto (come i concetti della matematica, per esempio quello di triangolo, a cui non corrisponde nessun oggetto reale). Giunti a questo punto diviene chiaro il senso profondo della filosofia crociana, che accosta la filosofia alla storia e la contrappone alle scienze. Veramente filosofico è il giudizio storico individuale, dove si ha la sintesi tra soggetto e predicato. Ciò significa che la filosofia è sempre, come affermava il Vico, storia ideale eterna, in quanto non ha altro oggetto se non la storia dello spirito nel suo sviluppo; ma in questo suo sviluppo ha una funzione sua propria ben definita, perché conosce le forme necessarie in cui lo spirito sia attua.
La parte pratica dello spirito è formata da due forme, le quali hanno tra loro un rapporto di dipendenza non reversibile. Ciò significa che il concetto presuppone l'intuizione non viceversa. Questo non vuol dire, comunque, subordinare l'economia alla morale. L'attività economica si pone sempre fini individuali che vengono giudicati in base all'efficacia del raggiungimento o meno dei fini. L'attività etica, invece, mira a dei fini universali e viene giudicata in base alla sua conformità o meno a tali fini. L'economia, anteriore ed antecedente all'attività etica, non può rispondere a criteri morali; e la morale non può essere negata nella sua esistenza e autonomia dall'economia. I fini della forma economica sono sempre contingenti e l'uomo che si affida solo ad essi è come un malato che non trova pace e si gira continuamente nel letto; solo inserendo l'eterno nel contingente, l'universale nell'individuale e il dovere nel piacere si trova pace nella vita. Il diritto, che si inserisce nello schema di distinzione ed unione tra economia ed etica, dal punto di vista pratico è un pseudoconcetto che serve a preparare a certi comportamenti, e si distingue dalla volizione perché non concerne un'azione particolare, ma un'intera serie o classi di azioni. Con questo il sistema crociano può ritenersi compiuto. Compiuto non nel senso di definitivo, perché per il Croce “neanche la vita è definitiva”, ma nel senso di offrire uno strumento valido per comprendere la vita. La politica rientra nella sfera dell'economia, e quindi deve ritenersi indipendente dalla morale e considerata autonoma; non immorale, bensì amorale.
Ora, se la realtà storica si sviluppa in momenti tra loro opposti e distinti, ma tutti necessari, qualsiasi indirizzo politico può essere definito ugualmente lecito? A questo quesito il Croce risponde in La storia come pensiero e come azione, del 1938. In esso il Croce afferma che le accuse rivolte al suo storicismo, come sanzione e accettazione di ogni fatto storico, non sono accettabili in quanto il giudizio, come comprensione storica, riguarda il passato, rispetto a cui ogni valutazione morale è sterile e inutile, mentre l'azione come decisione e lotta riguarda il presente. La storiografia è l'univa vera forma di liberazione del passato, perché conoscere la storia significa innalzarsi su di essa, comprenderla e giudicarla, e non rimanerne schiavi. Su questo giudizio, che è comprensione e conoscenza, e non un giudizio di valore in base a questo o quel criterio di morale, si fonda una nuova possibilità di azione dove sono legittime le lodi e i biasimi, i quali non sono neanche questi giudizi di valore, ma soltanto espressioni effettive. Ciò non significa rinuncia alla moralità, in quanto la vera moralità si ha nel raggiungimento e mantenimento della libertà, la quale è la chiave e la molla della storia. Storicismo è, infatti, per il Croce storia della libertà, dove libertà viene intesa come eterna forza formatrice della storia. Diviene possibile riconoscere per il Croce il cosiddetto irrazionale nella storia. Il cosiddetto irrazionale è la vitalità non ancora divenuta civiltà e moralità, ma senza di cui non ci sarebbero le necessarie premesse per la civiltà e la moralità. 

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