lunedì 6 agosto 2012

Lo storicismo


Nel clima della polemica al positivismo si inserisce la rivalutazione, tra l'ottocento ed il novecento, del problema storico. In maniera generale, vengono rivalutate tutte quante le scienze dello spirito, ossia tutto ciò che può esser considerato specificatamente umano, sociale, individuale, e, in quanto tale, non riconducibile ai processi e ai fenomeni della natura. Viene, quindi, operata una precisa dicotomia e distinzione tra le scienze della natura e le scienze dello spirito. Esse vengono considerate del tutto eterogenee in quanto a metodologia e contenuto. A tal riguardo, pertanto, bisogna evitare di considerare i fatti psichici come semplice risultato di quelli fisiologici, e, in maniera generale, non si possono studiare i fatti storici con la stessa metodologia con cui vengono vagliati i fatti naturali.
In questo filone si inserisce l'opera di Wilhelm Dilthey (1833 – 1911), filosofo e storico tedesco, autore dell'Introduzione alle scienze dello spirito, del 1833 e del saggio La costruzione del mondo storico, del 1910. Importante è la sua affermazione di volere elaborare una critica della ragion storica analoga a quella kantiana, ma rivolta non alla fisica e alla metafisica, bensì alla storia. Una storia che non deve essere intesa in maniera hegeliana, come manifestazione dello spirito assoluto, bensì come fatto irripetibile ed individuale di ciascun popolo. Fatto che deve esser colto nella sua semplicità mediante un atteggiamento intuitivo e simpatetico. La metodologia delle scienze dello spirito è del tutto diversa da quelle della natura; ed infatti le scienze esatte operano per definizioni e regole generali, mentre le scienze dello spirito devono comprendere gli avvenimenti nella loro concretezza storica ed individuale. Diviene, pertanto, fondamentale, per una giusta comprensione della storia, l'apporto di due discipline: la psicologia, che permette di potere capire l'uomo, e l'ermeneutica che, studiando il linguaggio di un popolo di un certo tempo, permette di ricostruirne il senso.
Notevole è anche l'opera di Wilhelm Windelband (1848 – 1915), storico e filosofo tedesco, autore di una Storia della filosofia moderna, dei Preludi, di un Manuale di storia della filosofia e di una Introduzione alla filosofia. La sua opera è finalizzata alla fondazione della legittimità delle scienze dello spirito. Legittimità che non gli sembra ancora raggiunta dal punto di vista metodologico. Ciò perché, anche se le scienze dello spirito si sono distinte da quelle della natura, non riescono ancora a compiere il proprio compito nella maniera adeguata; ed infatti la distinzione tra le due scienze è stata operata solo per una differenza di studio dell'oggetto, ossia da una parte la storia e dall'altra la natura. Windelband, invece, opera una distinzione tra scienze nomotetiche e scienze idiografiche, ovvero a seconda che cerchino di spiegare la realtà mediante leggi generali o che cerchino di coglierla nelle sue forme storicamente determinanti. Per Windelban anche la psicologia è da ricondurre a scienza della natura, ossia a leggi e concetti generali. Mentre per la storia diviene fondamentale il riconoscimento dei valori, ossia di criteri universalmente validi a cui va commisurato l'agire storico.
Altro contributo allo storicismo viene dato da Georg Simmel (1858 – 1918), sociologo e filosofo tedesco, autore dell'Introduzione alla scienza morale, dei Problemi della filosofia della storia, della Filosofia del denaro, Shopenhauer e Nietzsche, della Sociologia, dei Problemi fondamentali della filosofia, de Il conflitto della cultura moderna e dell'Intuizione della vita. Nell'opera di Simmel è fondamentale il confronto con la filosofia kantiana, soprattutto con il concetto di a priori, concetto sul quale bisogna imprimere un carattere intrinsecamente dinamico e storico. Per Simmel è fondamentale nella conoscenza della storia i presupposti categoriali, ossia gli a priori, che non devono essere considerati come presupposti astratti ed immutabili, ma come derivanti da un processo adattivo ed evolutivo. Questo processo di adattamento e di evoluzione rimane sempre aperto; senza che ciò, però, vada a comportare una sorta di relativismo e di frantumazione dell'oggettività del sapere storico. Ed infatti, bisogna partire dal fatto che noi siamo e non possiamo non essere. Questa constatazione ci permette di giungere ad un sapere unitario, anche se sempre estendibile, ampliato e comunque mai definitivo. Per Simmel i processi storici sono costituiti da tutta una serie di caratteri tra loro legati da un rapporto relazionale. Lo storico deve sapersi districare all'interno di questi caratteri atomici e frammentari; all'interno, cioè, dei singoli fatti, con un processo simile a quello che nelle scienze è stato consentito dal microscopio. Per Simmel la sociologia è una sorta di microscopia psicologica delle azioni e reazioni tra atomi sociali. Per quanto riguarda il mondo moderno, egli pone l'attenzione sul fatto che esso è caratterizzato da dinamicità e fluidità. Dinamicità e fluidità che vengono interpretate come il risultato della fluidità e della dinamicità del nostro mondo interno. Anzi, in maniera più approfondita, afferma che è il corrispettivo del nostro mondo interiore. Simbolo della dinamicità del mondo moderno è il denaro, considerato l'espressione portante della velocità dei rapporti di scambio della vita moderna. Di notevole importanza è la concezione di Simmel circa il carattere necrotizzante del modo di vita delle città moderne. Il carattere necrotizzante scatena una contrapposizione sempre più accentuata tra una incessante pressione alla massificazione e la reazione volta a prenderne le distanze. Una reazione da cui consegue la reciproca indifferenza nei rapporti umani delle metropoli e nella moda. La moda da un lato porta alla omogeneizzazione, e dall'altro a volersi distinguere. La voglia di distinguersi porta da un lato ad affermare il carattere dominante della moda nel presente, e dall'altro a capire che per la sua stessa natura e definizione tramonterà rapidamente. Complesso è, invece, il concetto di vita e della sua intuizione. Secondo Simmel la vita non deve essere intesa come un qualcosa di contrapposto ad altro, ma come autotrascendenza, ossia come un qualcosa che vuole più vita, ma anche più che vita, e che si esplica in tutto il processo storico – sociale. Un processo che si viene a configurare in maniera dialettica, ovvero come rottura delle semplici leggi teleologiche della vita, per portare all'invenzione di forme, quali arte, religione e scienza che non obbediscono a leggi deterministiche, ma che trovano apertura in una infinita possibilità di ordinamenti. Questo aspetto, però, porta alla tragedia della cultura, in quanto ciò che si genera come rottura con gli schemi, diviene esso stesso schema che va a perpetuarsi al di là della sua realizzazione; per esempio un'istituzione economica rimane in vita anche se non è più utile. A tale staticismo si pone fine con le rivoluzioni.
Lo storicismo, quindi, gradualmente ed incessantemente cerca di raggiungere una propria legittimità e validità, anche se alla fine sembra approdare ad un sostanziale relativismo dei valori, in quanto questi vengono considerati dei semplici risultati di determinati processi storici.
A tale conclusione giunge lo storico Oswald Spengler (1880 – 1936), autore del saggio Il tramonto dall'occidente, del 1918 – 1922. In questo scritto il problema del crollo e della decadenza dell'occidente viene studiato più sotto un aspetto biologico che storicistico. Ed infatti, Spengler afferma che ogni civiltà rappresenta un ciclo unico, irreversibile ed irripetibile, che si sviluppa e scompare senza che ne risulti un senso per l'uomo e per il suo destino. In altri termini, per Spengler l'umanità, allo stesso modo delle farfalle o delle orchidee, non ha un fine, un'idea o un piano. L'umanità, infatti, è un concetto puramente zoologico e una parola priva di senso. In tal senso, Splengler dava ragione al Nietzsche quando affermava il rovesciamento dei valori. Ciò perché ogni civiltà in declino non fa altro che rovesciare tutti i propri processi in un processo che non permette più di potere riconoscere una morale umana universale. In altre parole, ogni civiltà ha in sé il proprio valore di giudizio la cui validità inizia e finisce con essa.
Alle suddette conclusioni relativistiche si contrappone Ernst Troeltsch (1865 – 1923), autore dei Problemi fondamentali dell'etica, L'assolutezza del cristianesimo e la storia delle religioni, Il significato del protestantesimo per la formazione del mondo moderno, Le dottrine sociali delle chiese e dei gruppi cristiani, Lo storicismo e i suoi problemi e Lo storicismo e il suo superamento. Muovendo dal Cristianesimo e dalla storia delle religioni, egli afferma che non si deve cadere nella scepsi del relativismo, anche se i valori si danno nella storia sempre in maniera mobile. Ciò perché, anche se i valori permettono un intreccio sempre dinamico e futile, non possono considerarsi come semplici prodotti storici. In tal caso, infatti, non avrebbe senso parlare di valori, ma si dovrebbe semmai parlare di fatti.
Contro il relativismo storico polemizza anche Friedrich Meineche (1862 – 1954), autore di Cosmopolitismo e Stato nazionale, L'idea di ragion di stato nella storia moderna, Le origini dello storicismo, Senso storico e significato della storia, Aforismi e schizzi sulla storia e la Catastrofe tedesca. Allo storicismo egli riconosce il merito di essersi voluto costituire come scienza e di aver ben chiarito l'oggetto d'indagine, ma, al contempo, polemizza contro coloro che hanno fatto cadere le scienze dello spirito in uno sterile relativismo. In polemica con il relativismo sviluppa una concezione avente tre tipi diversi di atteggiamento verso la storia, di cui due sono opposti, ma complementari. Un primo atteggiamento è quello di coloro che si rifugiano romanticamente nel passato; un secondo è quello di coloro che esaltano il futuro come progresso; e un terzo (quello corretto) è quello di coloro che riescono a cogliere l'eterno nel fatto, ovvero di coloro che scoprono un qualcosa che si innalza al di là di ogni epoca e di ogni formazione culturale. 

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