giovedì 16 agosto 2012

Max Scheler


Max Scheler (1874 – 1928), filosofo tedesco e professore universitario, scrisse Il formalismo nell'etica e l'etica materiale dei valori, del 1916; L'eterno nell'uomo, del 1928 e Sociologia del sapere, del 1924.
L'opera di Scheler offre un contributo importante alla fenomenologia della religione, all'antropologia filosofica e alla sociologia della conoscenza.
Il problema etico di Scheler viene risolto con alcuni degli aspetti più importanti della fenomenologia husserliana, come l'affermazione del carattere intenzionale della coscienza e la possibilità di una intuizione eidetica. In maniera più specifica Scheler afferma che l'etica è caduta in una sorta di “formalismo”. Prova ne è il principio categorico kantiano, che riduce la morale ad una legge impersonale ed astratta e ad una sorta di operazione logica. Tale formalismo può essere superato per mezzo della fenomenologia, che rende possibile l'accesso ai contenuti morali (ossia i valori) in maniera oggettiva, senza, però, ridurli a qualcosa di empirico. Questi valori, afferma Scheler, interessano la vita umana secondo una gerarchia ben precisa che va dai livelli di vita più semplici a quelli più complessi, propri della vita sociale e civile, per giungere a quelli spirituali e, infine, religiosi.
Importante è il saggio La posizione dell'uomo nel cosmo, del 1928. Qui Scheler afferma che è divenuto necessario fondare una nuova antropologia dell'uomo. Ciò al fine di giungere ad una visione unitaria dell'uomo superando le tre concezioni contrastanti ed inconciliabili che si sono sviluppate nel pensiero europeo.
Queste sono le tre concezioni dell'uomo:
  1. la concezione giudaico – cristiana, per cui l'uomo è sostanzialmente un peccatore a seguito della caduta, ossia del peccato originario;
  2. la concezione greca, per cui l'uomo partecipa di un'armonia universale, di un logos, di una razionalità sovrumana che è a fondamento dell'ordine cosmico;
  3. la concezione delle scienze naturali, per cui l'uomo è il risultato di un processo evolutivo.
Per comprendere la posizione dell'uomo nel mondo bisogna, per Scheler, vedere cosa egli abbia di specifico, di differente e di particolare rispetto agli altri esseri viventi. Per fare ciò è necessario studiare le facoltà psichiche dell'uomo che sono state messe in evidenza dalla scienza.
Ora, l'uomo non si caratterizza nella sua specificità né per l'intelligenza, né per l'impulso affettivo, né per la memoria, né per l'istinto; ma per lo spirito, ossia per la capacità di emanciparsi, di andare al di là, di superare, di liberarsi, dai comportamenti legati all'organismo e di oggettivare tanto se stesso quanto l'ambiente, operazione impossibile a qualsiasi animale. Questa oggettivizzazione di se stesso e dell'ambiente corrisponde ad un saper dire di no. La negazione permette allo spirito di elevarsi, di non essere mai pago della realtà circostante, di impadronirsi di quelle forze vitali per innalzarsi al di sopra della natura. 

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