sabato 11 agosto 2012

John Dewey


John Dewey (1859 – 1952) è un filosofo americano di iniziale formazione hegeliana. Ben presto si avvicina al pragmatismo e si interessa di problemi di psicologia e di epistemologia. Tra le sue opera abbiamo: Il mio credo pedagogico, del 1897; Scuola e società, del 1899, Studi di teoria logica, del 1903; Etica, del 1908; Democrazia ed educazione, del 1916; I saggi di logica sperimentale, del 1916; Natura umana e comportamento, del 1922; Esperienza e natura, del 1925; La ricerca della certezza, del 1925; Arte come esperienza, del 1928 e Logica, del 1938, che è la sua opera più importante e più matura.
Il pragmatismo di Dewey entra in polemica con l'idealismo, il positivismo e certe istanze e concezioni dell'empirismo, del realismo e del logicismo.
Ognuno di queste correnti filosofiche ha, infatti, il difetto di separare certi aspetti della realtà (fisico, psicofisico, spirituale), che, invece, sono sostanzialmente unitari e che si distinguono soltanto in livelli per una crescente complessità. Ciascuno di questi livelli ha origine dal precedente, anche se non è riducibile ad esso né alle sue leggi. Pertanto, il livello fisico, psicofisico e spirituale rientrano in un divenire che ha carattere temporale ed interazionale. Ed infatti, ogni evento naturale nasce all'interno di un rapporto intrinseco con altri eventi, i quali, a loro volta, sono sempre minacciati dalla possibilità di distruzione.
La realtà per Dewey è aperta ed articolata, priva di un ordine materiale e spirituale assoluto. In tale contesto di privazione di ordini prestabiliti e sempre certi nasce l'intelligenza, la quale si è affermata per riordinare quelle situazioni che sono diventate precarie ed instabili. Ciò al fine di trasformarle in situazioni nuove e diverse dotate di caratteristiche più favorevoli all'essere vivente.
Il pragmatismo di Dewey si viene, pertanto, a configurare come uno strumentalismo, ossia come una concezione dell'intelligenza che, avente al contempo un carattere logico e psicologico, teorico e pratico, utilizza le forme più alte e raffinate di comportamento, ossia la coscienza e l'intelligenza, per assicurare all'uomo la realizzazione dei suoi desideri, per difenderlo dalle minacce del mondo circostante e per consentirgli uno sviluppo organico e pianificato della sua vita. Il termine strumentalismo non deve essere inteso come una concezione meramente utilitaristica dell'intelligenza, bensì come una rigorosa teoria del sorgere e del costituirsi della scienza come un sistema di procedimenti controllati di ricerca. Il comportamento dell'uomo si realizza e si basa su delle costruzioni simboliche e operative dell'intelligenza che trasformano un evento naturale in oggetto, ossia in una funzione evidenziale su cui l'uomo può basare il proprio comportamento. Per rendere il tutto più chiaro, basta pensare alla luce rossa di un semaforo. La luce rossa del semaforo cambia come evento, in base alle circostanze ambientali, atmosferiche, ecc., ma come funzione evidenziale permane e sta ad indicare sempre la medesima cosa, e cioè l'arresto delle macchine. Pertanto, la luce rossa come funzione evidenziale è oggettiva per il suo valore simbolico.
I simboli, quindi, hanno una funzione operativa nel comportamento umano e risolvono il secolare problema dell'esistenza o meno degli universali o delle essenze, ossia il dubbio che essi siano tali a prescindere dalla ricerca, e cioè se abbiano un'esistenza propria. Ed infatti, la loro sistemazione è sempre funzionale, ossia finalizzata all'efficacia e alla risoluzione di situazioni problematiche.
Ciò non può fare dimenticare che le scienze si sono costituite sistematizzando certi simboli che, nati per risolvere problemi immediati e diretti, sono stati organizzati in maniera omogenea sino a costituire scienze che non hanno più la finalità di risolvere problemi di vita quotidiana, ma che, invece, sviluppano postulati ed assiomi per verificare i propri teoremi. Ad esempio, le prime figure geometriche sono nate per la risoluzione di problemi immediati, come la misura di un terreno. In seguito, però, tali figure geometriche sono diventate esse stesse motivo di studio. Ciò ha fatto nascere discipline quali la geometria, che procede per assiomi e postulati per convalidare o confutare i propri teoremi. Questo modo di procedere può far pensare che la scienza subordini l'azione al pensiero. In realtà, il pensiero non è superiore all'azione e viceversa. Ma il primato dell'uno e dell'altro è legato alla risoluzione del problema o della situazione critica del momento, ossia è solo al momento che si può decidere se sia più importante l'azione diretta o quella differita mediante i simboli.
Lo strumentalismo di Dewey ha delle implicazioni in campo morale ed educazionistico. Ed infatti, il nostro filosofo esclude che ci siano fini o valori rigidi e precostituiti a cui l'uomo deve conformarsi. Fini e mezzi sono tra loro legati, nel senso che possono definirsi solo in situazioni problematiche concrete, ossia in una situazione da risolvere. La morale, quindi, non si definisce come semplice intuizione, ma implica impegno per modificare una situazione , per migliorarla e renderla meno minacciosa. Al contempo, però, la morale non può nemmeno essere ridotta solo alla risoluzione di problemi esterni proposti dalla realtà e dalla natura, perché significherebbe rinunciare alla capacità propria dell'uomo, che è quella di riordinare il mondo in maniera intelligente e originale. Alla concezione della morale si lega quella dell'arte. Per Dewey ogni esperienza o situazione presenta un aspetto estetico, in quanto ciò che costituisce quella esperienza o quella situazione è la sua qualità che la interessa in toto senza identificarsi in maniera particolare in nessuno dei suoi aspetti.
L'aspetto qualitativo dell'esperienza permette di metterla in armonia in maniera tale da modificarla in senso migliorativo. Nell'arte, invece, l'aspetto qualitativo diviene fine a se stesso e vine fruito in quanto tale. Per esempio, anche nella camminata più sgraziata si ha una certa coordinazione ed armonia di movimenti, che, però, divengono fini a se stessi nella danza. La tendenza ad armonizzare l'esperienza libera l'esperienza dagli aspetti puramente meccanici, e fa sì che non si vengano a formare delle semplici abitudini. Ed infatti, c'è esperienza solo quando l'intelligenza opera al fine di rinnovare i suoi mezzi e i suoi fini. La tendenza ad armonizzare l'esperienza ha un'implicazione fortemente morale perché comporta un continuo potenziamento dell'esperienza che viene controllata in maniera intelligente ed armonica dall'uomo. Questo controllo è alla base del cammino illimitato di progresso dell'umanità. Tale progresso, però, non ha nessuna garanzia storica o metastorica, in quanto è affidato solo alle forze e all'intelligenza dell'uomo.
Dewey si interessò notevolmente di educazione, tanto da esser stato uno dei fondatori e delle personalità più importanti della cosiddetta scuola attiva. Ora, l'intelligenza per Dewey ha un carattere fortemente strumentale. Per tale motivo, l'uomo, come già detto, non ha scopi, valori o fini assoluti. Conseguentemente anche l'educazione non deve avvenire per schemi rigidi o ridursi alla semplice trasmissione di nozioni, ma deve perseguire il libero sviluppo del fanciullo che, inserito in un ambiente naturale, deve mettere attivamente alla prova la propria intelligenza per risolvere i problemi posti dalla realtà. Inoltre, la soggettività emerge dall'esperienza e dall'interazione con gli altri uomini. Quindi, l'educazione si deve instaurare in un clima socialmente realistico, dove sia possibile realizzare la collaborazione tra gli individui. Collaborazione che è indispensabile nella promozione di una società democratica.
La democrazia, pertanto, non si riduce all'adozione di questo o quello ordinamento, ma ad un rapporto molto più profondo, dove la garanzia della libertà dell'individuo deve coincidere con la pianificazione intelligente della società. Ed infatti, il controllo autoritario, negatore della libertà dell'individuo, porta alla sclerotizzazione della società e dei suoi ordinamenti; e, al contrario, un individualismo assoluto non consente nemmeno la realizzazione delle sue possibilità, perché l'individuo non trova consistenza al di fuori dell'interazione con gli altri.
Quindi, il metodo di Dewey nega i preconcetti e le rigide regole precostituite per professare un nuovo modo di operare dell'intelligenza che, nella scienza e nell'educazione, nella morale e nella politica, deve operare come continua autorettifica e armonizzazione dei fini e mezzi per superare un momento di crisi.

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