domenica 5 agosto 2012

Carl Gustav Jung


Carl Gustav Jung (1975 – 1961) si laurea con una tesi, pubblicata nel 1902, dal titolo Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti.
Tra i suoi scritti più importanti abbiamo: Trasformazioni dei processi inconsci, Tipi psicologici, L'io e l'inconscio, La realtà dell'anima, Psicologia e religione, Psicologia del transfert, La simbolica dello spirito, Aion, Risposta a Giobbe e Mysterium Coniunctionis. Sono numerosi e complessi i punti di divergenza con il maestro Sigmund Freud, tanto che Jung preferì chiamare la propria psicoanalisi col nome di psicoanalisi analitica. Jung, pur ammettendo l'importanza delle componenti erotico – sessuali nell'evoluzione della psiche dell'individuo, ne smorza i toni e, per spiegare la vita psichica, ricorre al termine di energia psichica. Rimangono comunque anche per Jung fondamentali gli aspetti erotico – sessuali, ma non sono più ritenute essenziali nella spiegazione dei disturbi della vita psichica. Alla teoria sessuale della nevrosi Jung contrappone una teoria psicologica, la quale opera una fondamentale distinzione tra inconscio individuale ed inconscio collettivo. Inoltre, Jung critica il metodo freudiano di essere riduzionistico e limitativo. Ciò perché Freud tende a spiegare tutta la vita psichica secondo un processo ed una successione di causa – effetto. Questa metodologia deve essere superata affermando il carattere dinamico e finalistico della psiche umana all'interno di un processo di individuazione. L'inconscio individuale definisce quella sfera psichica che indica le esperienze del singolo dimenticate, rimosse e che possono, comunque, tornare a livello di consapevolezza. L'inconscio collettivo, invece, indica un insieme di fatti ereditari, o di cui si riscontra l'esperienza attraverso i millenni, senza che siano riconducibili a esperienze del singolo individuo. All'interno del concetto di inconscio collettivo si inserisce quello assai complesso ed articolato di archetipo. Quest'ultimo indica una serie di categorie ereditarie, ovvero di elementi impersonali, collettivi, che esercitano influenza sulla vita psichica e nel processo di individuazione. Gli archetipi non devono essere definiti come dei contenuti statici e rigidi. Bisogna, semmai, paragonarli a dei veri e propri organi corporei, il cui uso è necessario ed imprescindibile. Un loro uso corretto è, inoltre, necessario se si vogliono evitare disturbi psichici. Gli archetipi (come quello dell'anima, dell'ombra della personalità, del fanciullo, della grande madre, del vecchio saggio, ecc) sono delle immagini virtuali che condizionano il modo in cui la coscienza si proietta nel mondo esterno. Inoltre, gli archetipi permettono alla coscienza di interpretare con una sorta di introiezione il proprio mondo interno.
Il corretto equilibrio tra le diverse funzioni della psiche permette una corretta individuazione della coscienza dell'individuo, e, quindi, del sé. Il sé non è un dato di cui si possono definire i contenuti. È, semmai, la più perfetta espressione del singolo uomo, e di un intero gruppo, nel quale il sé si integra con il gruppo per costituire l'immagine completa. In tal senso il sé è un postulato trascendente, che si può giustificare psicologicamente, ma non dimostrare scientificamente. Il termine trascendentale non viene utilizzato nell'accezione del significato di metafisico, bensì come passaggio da un atteggiamento ad un altro. Questa argomentazione viene affrontata nel saggio Tipi psicologici, in cui si afferma che la tesi e l'antitesi si uniscono nel simbolo vivo. Il simbolo, chiarisce Jung, non è, come affermava il maestro Freud, il sogno, perché quest'ultimo è conosciuto ed interpretabile. Il simbolo, invece, ha un valore storico. Per esempio i simboli cristiani, o, ancora prima, i simboli del politeismo. Infine, il simbolo non è mai intenzionale. È, invece, il risultato della sintesi di due opposti ed è sempre teleologico ed anticipatore. Detto ciò è chiaro che gli archetipi compaiono nei miti, nelle favole, nel sogno e nei prodotti di fantasia psicotici. Nel caso dei sogni si definiscono come un complesso di significati coerente e ordinato; nel caso dei prodotti di fantasia psicotici, invece, appaiono come una sequenza incomprensibile e irrazionale di immagine che va definita delirante, ma che non per questo è prima di significati.
Il fenomeno religioso, invece, non dipende dalla coscienza, e ha genesi nell'oscurità del profondo. Ciò non significa dare una definizione metafisica della religiosità, ma soltanto interpretarla come incontro con il numinoso. 

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