Nel I secolo a.C. Roma era divenuta una potenza
imperiale, e nei due secoli successivi le cose sarebbero cambiate in
senso migliorativo. Giulio Cesare, salito al potere, progettò ed
attuò una serie di riforme, che si erano rese necessarie e che
cambieranno notevolmente il governo di Roma e delle province. Alcune
situazioni erano divenute insostenibili e dovevano essere risolte.
Per esempio i governatori delle varie province avevano accumulato
delle ricchezze esorbitanti estorcendo denaro ai sudditi con le
tasse. I progetti di Cesare non ebbero, però, buon fine, perché
venne assassinato da alcuni senatori. La morte di Cesare, avvenuta il
15 Marzo del 44 a.C., diede inizio ad una guerra civile, in cui
furono tre i protagonisti: Ottaviano (nipote di Giulio Cesare), Marco
Antonio e Lepido (generali di Giulio Cesare). Questi fondarono il
cosiddetto II triumvirato, che ben presto entrò in conflitto.
Seguirono una serie di lotte, che ebbero fine solo nel 27 a.C.,
quando Ottaviano ebbe il totale controllo dell'Impero. Le guerre
civili avevano stremato le popolazioni, a cui poco importava chi li
governasse, ma solo che vi fosse un periodo di pace e serenità; cosa
questa che Ottaviano capì e riuscì a dare. Egli non intendeva
essere né re né dittatore. Nonostante avesse avuto il titolo di
“imperatore”, in quanto comandante in capo dell'esercito, egli
amava definirsi “principe”, ossia “primo cittadino”. Egli
volle dividere il suo potere con il Senato, che in segno di
gratitudine gli offrì spontaneamente il titolo di “Augusto”.
Divenuto Augusto, diede inizio ad una serie di riforme
così efficienti e ben riuscite che per lungo tempo non furono
necessarie che non pochi cambiamenti. Egli riorganizzò l'esercito e
stese un progetto relativo alle paghe e alle pensioni dei soldati;
riorganizzò le province, lasciò al Sento la nomina dei governatori
di quelle più pacifiche, e si riservò di controllare personalmente
gli avamposti più importanti come la Gallia e la Siria. Durante il
suo impero, le truppe romane giunsero sino ad est fino al Danubio nei
Balcani e attraversarono a nord il Reno. Per volontà di Augusto
questi due fiumi divennero i confini “naturali” dell'impero. Nel
frattempo, risolse i problemi interni a Roma. Sedò con il sangue le
rivolte, preparò la strada ad un lungo periodo di pace e grazie ai
suoi sforzi i Romani riacquistarono rispetto per la legge ed una
nuova fierezza. Augusto morì nel 14 d.C. e lasciò un governo
efficiente e ben organizzato. Suo successore fu Tiberio (14-37 d.C.)
che introdusse delle migliorie. Altri imperatori allargarono
ulteriormente i confini dell'impero. Claudio (41-54 d.C.) diede avvio
alla conquista dell'Inghilterra; Vespasiano (69-79 d.C.) conquistò
gli ebrei ribelli; Traiano, spagnolo di nascita (98-117 d.C.) estese
i confini oltre il Danubio e ad est sino all'Eufrate. Vi furono anche
imperatori di poca indole al governo: Caligola (37-41 d.C.) fu uno
squilibrato; Nerone (54-68 d.C.) governò da dissennato: sperperò il
denaro dello stato e ne trascurò l'amministrazione.
Nel 180 d.C. l'imperatore filosofo e letterato Marco
Aurelio morì sul Danubio mentre combatteva contro le truppe
germaniche alla città di frontiera di Vindobona (Vienna). La sua
morte sancì la fine della parte più fortunata della storia
dell'Impero. Il figlio di Marco Aurelio, Commodo, non seppe far
fronte al crescente potere dell'esercito. Si ripeteva ciò che aveva
caratterizzato la parte finale della Repubblica: i militari
gradualmente stavano prendendo il controllo dello stato e,
conseguentemente, stavano minando quello imperiale.
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