La Chiesa cristiana in un primo momento era unica. In
seguito, però, iniziò a distaccarsi sino a separarsi del tutto. Si
ebbero, quindi, due grandi chiese: quella occidentale con il suo
centro a Roma e quella orientale con il suo centro a Costantinopoli.
Sebbene il Cristianesimo si fosse sviluppato nell'antico Impero
romano, la città di Costantinopoli, nuova capitale cristiana,
rivendicava alcuni diritti.
Ciò fece sì che dopo alcuni secoli venissero
riconosciuti cinque capi religiosi come vescovi o patriarchi: quello
di Roma, di Costantinopoli, di Alessandria, di Antiochia e di
Gerusalemme. Tutti riconoscevano nel vescovo di Roma la figura
principale della Cristianità, ma i Bizantini ritenevano l'imperatore
il capo di tutta la Chiesa poiché egli era il rappresentante di Dio
in terra. Mentre il Cristianesimo prendeva diffusione si svilupparono
problemi di ortodossia, ossia di retta opinione. A soluzione di essi
si convocarono in concilio i vescovi che, ispirati dallo Spirito
Santo, avrebbero preso delle decisioni risolutive. Il primo venne
indetto a Nicea nel 325 ed ebbe come fondatore lo stesso Costantino.
Egli diede il primo ragguaglio sulla “retta opinione religiosa”,
il credo di Nicea. Coloro che non accettavano questo credo venivano
ritenuti “eretici”. Nel 451, al Concilio di Calcedonia, i Siriani
e gli Egiziani non si trovarono d'accordo con gli altri e si
riunirono in una propria Chiesa, dando vita al primo scisma della
Cristianità. Nacque la Chiesa copta, tutt'ora esistente in Egitto e
in Etiopia. Nel VII secolo con le conquiste arabe si ebbe la
definitiva separazione dei patriarchi di Antiochia, di Alessandria e
di Gerusalemme dal seno della Cristianità. Le chiese di Roma e di
Costantinopoli rimasero i centri indiscussi della Chiesa cristiana. I
teologi bizantini affermavano che il patriarca di Costantinopoli
rappresentava l'anima dell'Impero, mentre l'imperatore ne
rappresentava il corpo. Queste concezioni trovavano il consenso tra i
bizantini, che ritenevano la religione parte integrante ed
inscindibile della vita quotidiana, tanto che le dispute religiose
interferivano sulle questioni politiche e sociali. Nel 726
l'imperatore Leone III decretò che tutte le immagini religiose che
si trovavano nelle chiese erano idoli e, in quanto tali, andavano
distrutte. L'impero si divise tra coloro che erano favorevoli
all'imperatore (gli iconoclasti, ossia distruttori delle immagini
sacre) e coloro che ne erano contrari. Tra quest'ultimi abbiamo la
Chiesa di Roma e tutta l'Europa occidentale. La controversia ebbe un
secolo di durata, sino a quando non salì al potere un imperatore
ortodosso. Gli iconoclasti perdettero la guerra, anche perché ebbero
contro i monaci bizantini, che ebbero un ruolo importante nella
religiosità cristiana orientale. Oggi la chiesa greco – ortodossa
è una delle più prospere. Dopo Giustiniano la Chiesa d'occidente e
quella di oriente si svilupparono separatamente: nella Chiesa
d'occidente non si ebbe alcun imperatore e il Papa era il capo
supremo; il quella d'oriente si sviluppò la lingua greca come lingua
liturgica, mentre in quella d'occidente assolse tale compito sempre
il latino.
Gli imperatori iconoclasti accrebbero ancora di più
queste differenze e quando il papa incoronò Carlo Magno nell'800
imperatore, i Bizantini rimasero scossi poiché a parere loro si
poteva avere un solo imperatore romano cristiano, e cioè il loro.
Nel 1054 vi fu una violenta disputa tra il papa e il patriarca.
Durante le crociate, iniziate nel 1096, i Cattolici ortodossi ed i
Cattolici romani entrarono in contatto capendo in maniera tangibile
le differenze tra i due fronti. Dopo la IV crociata il dissidio in
seno alla Chiesa divenne insanabile. Più tardi l'imperatore
bizantino Michele VIII ed i suoi successori chiesero di entrare in
trattative. Ciò con la speranza che i papi indicessero una crociata
per liberare Costantinopoli dai Turchi. Il papa, però, esigeva che
gli venisse riconosciuto il fatto che solo lui era il capo della
Chiesa. Al rifiuto bizantino, lo scisma continuò.
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