Gli ebrei, di stirpe semita, vivevano in una sperduta
provincia romana sulle coste del Mediterraneo Orientale. I primi
ebrei andarono errando nel deserto arabico come tribù nomadi. Verso
il 3000 a.C. iniziarono a dirigersi verso la Palestina (allora
Canaan) e nel 1300 a.C. a queste tribù se ne aggiunsero altre
(sempre di stirpe ebrea). Il capo di quest'ultime era Mosè, che
aveva liberato il suo popolo dalla schiavitù. Verso il 1025 a.C.
Canaan era divenuto un forte regno, al cui potere si aveva il
condottiero Saul. Verso il 930 a.C. il regno, per le troppe tasse,
visse una serie di ribellioni e guerre sociali che portarono alla
divisione della nazione in due regni: quello di Israele, nel fertile
nord e quello di Giuda, nell'arido Sud. Anche se separati i due
popoli continuarono ad avere un'unica tradizione religiosa e
testamentaria. Alcuni di loro misero per iscritto la storia dei loro
antenati nomadi (Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe); altri, invece,
svilupparono la concezione del Dio Yahweh, ossia “colui che è”.
In principio Yahweh era un Dio tribale severo; in seguito venne
concepito come Dio benevolo, giusto ed onnipotente. Tra i profeti che
introdussero questa nuova concezione della Deità vanno ricordati
Elia, Amos, Isaia e Geremia. I loro scritti, uniti alla storia
ebraica, alla legge e ai Salmi, costituiscono la Bibbia degli Ebrei,
che divenne il testo fondamentale della religione giudaica (da Giuda,
una delle tribù”. L'opera è conosciuta dai Cristiani con il nome
di Vecchio Testamento. Esso rappresenta una delle più grandiose
opere letterarie del mondo antico dell'Occidente e uno delle maggiori
ricchezze trasmesseci dal passato. Gli Ebrei o Giudei furono vittima
di una serie di crudeli e disastrose invasioni. Gli Assiri nel 722
a.C. li perseguitarono, così come fecero i Caldei nel 586 a.C. In
seguito a questi attacchi, il popolo ebreo si disperse e nel I secolo
d.C. circa 5/6 dei 2 milioni e mezzo di Ebrei vivevano in esilio, ed
erano tutti sotto il potere di Roma. Essi ponevano le proprie
speranze sulla certezza che Yahweh avrebbe mandato un messia (“colui
che è consacrato”) a liberarli dall'oppressione straniera. Nel 29
a.C. circa un predicatore ascetico, Giovanni il Battista, annunciava
l'arrivo imminente del Messia, che il popolo riconobbe nel cugino di
lui Gesù.
Gesù aveva trascorso i suoi trent'anni in un piccolo
villaggio facendo il falegname. Poi iniziò a spostarsi di paese in
paese e si fece predicatore di idee sorprendenti. Egli, infatti, non
parlava di un nuovo regno ebraico, ma di un “regno dello Spirito”;
come gli altri predicatori comandava l'osservanza delle Sacre
Scritture, ma ne aggiunse un'ulteriore, ossia quello di amare i
propri nemici. I suoi discepoli suscitavano nel popolo collera e
paura. Collera perché alcuni suoi insegnamenti sembrava che
andassero contro la legge ebraica; paura perché grande era la sua
ascendenza sulla folla. Ciò causò l'odio dei sacerdoti ebraici
Sadducei, che erso il 30 d.C. cercarono un pretesto per farlo
giustiziare dai Romani. La morte di Gesù non significò la
dimenticanza dei suoi insegnamenti. Egli, infatti, aveva scelto 12
apostoli, ossia “coloro che sono mandati”, che predicavano
incessantemente alle folle. Con il trascorrere del tempo gli
insegnamenti di Gesù vennero messi per iscritto in 4 Vangeli (“buona
novella”) che costituirono il libro per eccellenza della
Cristianità. Ai Vangeli vanno aggiunte le lettere del predicatore
Paolo, scritte agli amici Cristiani. Il Santo affermava la divinità
di Gesù e testimoniava la sua resurrezione dopo la morte. Inoltre,
riteneva che il messaggio di Christos (“Messia”) fece sì che i
primi Cristiani, da piccola setta ebrea sperduta in un angolo
dell'Impero Romano, diventassero una delle religioni più diffuse del
mondo.
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