Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) si viene a configurare
come l'ultimo grande rappresentante dell'illuminismo francese.
Pensatore ribelle, fuori dal tradizionalismo e dalle mode del tempo,
viene odiato dai conservatori cattolici e protestanti, e, a seguito
della pubblicazione dell'Emilio, viene condannato dal
parlamento francese ed arrestato. Non fu simpatico nemmeno agli
illuministi francesi: Diderot lo definisce un “grande sofista”,
Voltaire ne parla come di un “arcipazzo”.
Rosseau nasce a Ginevra e fino a 28 anni conduce una
vita dissoluta ed irregolare. Inoltre, non ha alcun contatto con la
cultura ufficiale del tempo. Si mantiene alla meglio: dapprima fa il
servitore per una ricca dama, poi per un conte. Fuggito da questi,
vive di espedienti e si fa mantenere da una protettrice, di cui
diviene amante. Nel 1740 si trasferisce a Parigi, e qui inizia a
mantenersi copiando musica. A Parigi conosce gli ambienti
illuministici, anche se il suo ingresso nel mondo della cultura
avviene solo nel 1749, quando invia all'Accademia di Digione
un saggio dal titolo Se il rinnovamento delle scienze e delle arti
abbia contribuito a nobiliare i costumi. Inviò un secondo
saggio nel 1753 da titolo Sull'origine della diseguaglianza tra
gli uomini. Con questi due lavori si afferma nel mondo culturale
francese, e la sua fama cresce con la pubblicazione nel 1761 della
Nuova Eloisa. Qui viene esaltato l'amore semplice ed
istintivo. Nel 1762 pubblica l'Emilio e il Contratto
sociale. Con questi lavori iniziano le persecuzioni contro di
lui: condannato dal parlamento francese, ripara a Ginevra e a Berna.
Dovette, però, fuggire anche da qui perché la condanna si ripetette
da parte del parlamento svizzero. Si reca allora in Inghilterra, dove
viene ospitato dal filosofo Hume. Con cui, però, ben presto entra in
collisione. Ritorna, quindi, frettolosamente in Francia, dove muore
nel 1778.
Rousseau
può considerarsi l'ultimo grande
esponente
dell'illuminismo. Con
lui emerge una nuova sensibilità.
Egli, infatti, si pone il problema se la cultura sia veramente utile.
La risposta che fornisce non si inserisce né nella cultura
tradizionalistica né nella nuova cultura illuministica.
Ed infatti, Rousseau afferma che la cultura è dannosa per l'uomo
primitivo, perché
lo allontana dalla felicità dello stato naturale. Diviene,
però, necessaria per gli uomini civilizzati. Ciò perché
è meglio che un uomo corrotto (ovvero civilizzato) sia istruito
piuttosto che ignorante. Detto ciò, è chiaro che il riconoscimento
dell'importanza della cultura avviene solo perché
ormai l'uomo si è corrotto con la conoscenza. Nel frattempo, però,
Rousseau avanza una concezione del tutto nuova ed estranea alla
mentalità
illuministica, e cioè l'ideale del ritorno dell'uomo
allo
stato di natura.
Il danno fondamentale che la cultura ha provocato nell'uomo è quello
di aver fatto perdere l'equilibrio tra i bisogni e la facoltà di
soddisfarli, propria dello stato naturale. Questo equilibrio è
venuto meno perché
l'uomo ha iniziato a riflettere tra i vari soddisfacimenti. Da
questa riflessione nascono le passioni, la fantasia e la riflessione;
e proprio con la riflessione si perde lo stato di natura. Una sola
facoltà dello stato di natura ci è sopravvissuta,
il sentimento. È, quindi, ad esso che bisogna rivolgersi se si vuole
ritrovare quel minimo di autenticità che ancora è concesso
all'uomo. Soltanto la rivalutazione del sentimento può portare ad un
totale rinnovamento della società e della vita dell'uomo. Un
rinnovamento molto più radicale e sostanziale di quello auspicato
dagli illuministi con la ragione.
L'ideale di rinnovamento mediante il sentimento e la
spontaneità viene da Rousseau applicato al campo dell'educazione,
della religione e dello stato. La teoria dell'educazione si trova
esposta nell'Emilio. Qui Rousseau afferma che il compito
dell'educatore è quello di lasciare libero campo alla natura. Per
fare ciò bisogna eliminare ogni ostacolo che impedisce il libero
esercizio delle facoltà naturali del fanciullo. Il bambino non deve
essere guardato con gli occhi dell'adulto, bensì con quelli del
fanciullo, e il modo di procedere dell'educatore deve essere negativo
(cioè volto ad eliminare gli ostacoli) e non positivo. L'educatore
nel fare ciò non rimane inattivo, ma anzi si prodiga nel prevenire
gli errori. L'educazione elaborata da Rousseau è un po' come la
maieutica socratica, dove al posto dell'intelletto si trova il
sentimento.
Il progetto di un rinnovamento religioso si trova in una
nota dell'Emilio da titolo La confessione di fede del vicario
savoiardo. Qui Rousseau afferma una religione naturale in linea
con il deismo. L'unica differenza è che la fede in Dio non nasce da
un atteggiamento razionale, bensì da un bisogno sentimentale; dal
fatto che per l'uomo il dubbio è uno stato emotivamente
insopportabile.
Il Contratto sociale nasce dalla voglia di
un rinnovamento politico fondato sull'ideale dello stato di natura.
Ed infatti, la sovranità per Rousseau è sempre del popolo.
Pertanto, una sola è la forma di stato, anche se tante sono le forme
di governo. Tra le varie forme di governo, quella che Rousseau
preferisce è quella di un'aristocrazia elettiva. Ritiene, però, che
il popolo non possa essere adeguatamente rappresentato dai deputati.
Ed infatti, il popolo per esprimersi davvero dovrebbe essere adunato
tutto quanto per le grandi decisioni. Ciò potrebbe avvenire soltanto
se lo stato è di modeste dimensioni. Uno stato piccolo, governato
direttamente dal popolo, è il solo che si avvicina allo stato ideale
di natura.
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