Il panorama culturale italiano di inizio settecento si
viene a configurare come più arretrato rispetto a quello francese ed
inglese. Causa di ciò furono gli effetti della controriforma.
Lo stesso Vico fu polemico verso tutti i filosofi del
seicento.
Per queste ragioni diviene notevole il pensiero di
Pietro Giannone, di poco più giovane di Vico (1676 –
1748), il quale si professa seguace di Gassendi, Cartesio e Locke,
tutti filosofi considerati empi dagli ambienti culturali benpensanti
italiani. Pietro Giannone, però, non fu filosofo, ma storico e la
sua opera dal titolo Istoria civile nel reame di Napoli assume
importanza perché si scaglia contro l'ingerenza della Chiesa sullo
stato.
Un vero e proprio illuminismo in Italia nasce nella metà
del settecento, soprattutto grazie agli studi giuridici ed economici
che si svilupparono a Napoli.
Fondatore dell'illuminismo italiano è l'abate Antonio
Genovesi (1713 – 1769), fondatore della prima cattedra
europea di economia politica. Genovesi fonda il proprio metodo
seguendo la speculazione, l'indirizzo e l'insegnamento di Bacone e
Galileo. Insegnamento che, però, radicalizza in un empirismo
radicale, seguendo l'influsso di Locke. Per Genovesi è ridicolo,
infatti, ricercare l'essenza delle cose. Bisogna, semmai, studiare i
fenomeni. Il principio empiristico, però, non deve essere esteso
all'ambito religioso e non deve fare nascere tutti quegli
atteggiamenti antireligiosi maturati all'interno dell'illuminismo
francese.
Seguace del suo insegnamento è l'economista napoletano
Ferdinando Galiani (1728 – 1787), che costruisce e
fonda la sua dottrina del liberalismo economico su di un metodo
empiristico.
Il primo pensatore italiano che si richiama
esclusivamente agli ambienti illuministici francesi è il giurista
napoletano Gaetano Filangieri (1752 – 1788), il quale
scrive una Scienza della legislazione che riprende il pensiero
di Montesquieu. Mentre, però, per quest'ultimo le diverse
costituzioni nascono esclusivamente dall'ambiente storico dei singoli
popoli; per Filangieri derivano per metà dalle condizioni storiche,
e per l'altra metà dai principi della ragione. Sono, infatti, i
principi della ragione che dettano all'uomo l'ideale di
perfezione.
L'illuminismo milanese è molto più legato
all'illuminismo francese. Ciò appare chiaro già in Cesare
Beccaria (1738 – 1794), autore di un'opera di vastissima
diffusione dal titolo Dei delitti e delle pene (1764).
Beccaria ha come suoi maestri pensatori quali Montesquieu, Helvetius
e Rousseau. Da questi scaturisce la concezione che le leggi dello
stato non devono essere eterne, e devono seguire le varie esigenze
del momento e dei diversi periodi storici. In altre parole, le leggi
di uno stato devono evolversi con l'evolversi della storia. Alla base
della legislazione si deve, però, avere il fine di raggiungere la
massima felicità per il maggior numero possibile di persone. Tale
principio riprende la teoria di Rousseau affermante la dottrina del
del contratto sociale stipulato tacitamente. In tale contesto diviene
conseguente la celebre tesi di Beccaria dell'abolizione della pena di
morte. Ed infatti, sia la pena di morte che la tortura divengono
violazione dei diritti dei cittadini, perché non hanno alcuna
utilità sociale che li possa giustificare. Compito del diritto
penale è, infatti, quello di prevenire i delitti, e non di
vendicarli.
Notevole è l'operato di altri due intellettuali, i
fratelli Alessandro Verri (1741 – 1816) e Pietro Verri
(1726 – 1797).
Il primo assume merito in ambito letterario, perché
sostiene che la lingua deve essere funzionale, e non un valore
autonomo con l'esclusivo compito di essere fruito esteticamente, come
volevano i puristi.
Il secondo, invece, fu un importante economista e un
filosofo di un certo rilievo con il Discorso sull'indole del
piacere e del dolore, del
1773. In questo testo riprende le teorie di Rousseau ed afferma che
nello stato di natura si ha il prevalere fisiologico del piacere sul
dolore. Invece, nel mondo dominato dalla cultura, il dolore e
l'ansietà assumono un peso sempre più maggiore. Un peso, però, che
spinge l'uomo ad agire.
Detto ciò, appare chiaro che l'illuminismo milanese è
molto più avanti di quello napoletano, anche perché le due realtà
storiche sono totalmente diverse. Nonostante ciò, però,
l'illuminismo italiano in genere si presenta come meno profondo e
geniale di quello francese, anche se modernizza la cultura italiana,
rimettendola sulla linea di quella europea.
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