Una
comprensione adeguata del pensiero filosofico degli ultimi decenni è
possibile soltanto se si mette in evidenza un'atmosfera culturale che
prende il nome di “postmoderno”.
Con
tale termine non si intende né un movimento né una scuola, bensì
una tendenza, la cui classificazione cronologica e concettuale
presenta molteplici difficoltà.
In
maniera generale possiamo distinguere due diversi significati del
termine postmoderno.
Il
primo ha come termine di riferimento l'età moderna e ha come sua
massima espressione l'illuminismo. Il secondo, invece, trova origine
all'interno del contesto letterario degli anni trenta. A partire
dagli anni settanta, però, il dibattito prende maggiore consistenza
ed inizia ad interessare in maniera vistosa la filosofia.
Questo
dibattito ha genesi nella cultura anglosassone e si collega in
maniera particolare alla critica letteraria ed artistica degli Stati
Uniti d'America. Bisogna comunque sottolineare il fatto che
l'influenza e la diffusione delle tematiche filosofiche hanno portato
ad un nuovo quadro filosofico internazionale secondo cui non si può
più parlare in maniera schematica. Ed infatti, mentre
originariamente l'ontologia ermeneutica appariva come un prodotto
esclusivamente tedesco, lo strutturalismo come un prodotto di quello
francese e la filosofia analitica come un prodotto di quello inglese;
ora si ha uno scambio tra le diverse aree culturali, con il risultato
di un processo di fecondazione tra il pensiero filosofico dell'una e
dell'altra sponda dell'atlantico.
Risultato
di ciò è la diffusione negli Stati Uniti della fenomenologia
husserliana, dell'ontologia heideggeriana, dell'ermeneutica
gadameriana e del poststrutturalismo derridiano.
La
caratteristica peculiare del postmoderno è il rifiuto delle grandi
concezioni e costruzioni sistematiche che presuppongono un
procedimento dialettico logico ed esaustivo, in sostituzione di una
concezione frammentaria e prospettica del sapere.
La
filosofia stessa viene accostata più alla letteratura, ad una forma
di arte, che non a schemi di stampo logico e scientifico.
La
critica di Heidegger verso un sapere che culmina in ultima istanza
nella metafisica e, in special modo, nelle grandi costruzioni
speculative dell'idealismo tedesco, a cui neppure Nietzche ha saputo
del tutto rinunciarvi, può essere interpretata come la conferma
della fine di un certo tipo di filosofia e di un certo tipo di
civiltà.
Quando
si parla di civiltà lo si fa in maniera totale, in quanto la
frammentarietà del sapere e la rottura degli schemi tradizionali
valoriali interessano tutti i campi della vita dell'uomo.
Il
postmoderno non deve essere inteso come un rovesciamento dialettico
del moderno, perché in tal caso rientrerebbe nuovamente nell'orbita
della razionalità tradizionale ed hegeliana, bensì come un vero e
proprio collasso della storicità che coinvolge l'uomo e tutti i suoi
presunti valori e fondamenti.
In
tale contesto si inserisce Jean Francois Lyotard (1924 –
1998) con il suo volume La condizione postmoderna, del 1979.
Tale
volume non è un trattato filosofico nel senso stretto, bensì una
relazione scritta per il governo Quebec. Il problema del postmoderno
viene analizzato in considerazione del mutamento di un sapere che è
cambiato sin dalle radici nelle istituzioni che l'hanno promosso, a
partire dall'università.
La
colonna portante del testo è la considerazione che il sapere
moderno, anche quello scientifico, ha cercato di legittimare se
stesso mediante dei grandi racconti, che ha trovato massima
espressione nell'illuminismo rivoluzionario e nell'inquadramento
entro un sapere speculativo che si è espresso nella filosofia
classica tedesca.
La
caduta della modernità coincide con la perdita di validità e di
credibilità delle grandi costruzioni filosofiche, dei cosiddetti
“grandi racconti”. Ciò ha comportato la nascita di
modelli completamente diversi di sapere.
Alla
coerenza logica, intesa nell'antica maniera della filosofia classica,
viene contrapposta la “paralogia”. Paralogia che ha il
compito ben specifico di contrastare la coerenza logica stessa e di
dispiegarsi nelle direzioni più diverse. Il riconoscimento della
funzione della paralogia porta all'affermazione della validità della
frammentarietà. Frammentarietà che ha portato ad una trasformazione
dell'ideale del sapere e della sua trasmissione.
Un
ruolo importante in tal senso ha avuto la sempre più crescente
diffusione dell'informatica che ha abbattuto la concezione
tradizionale di trasmissione del sapere in maniera individuale per
privilegiare, invece, l'uso di “banche dati”.
Esse costituiscono la nuova enciclopedia, il cui uso va molto al di
là di qualsiasi loro utilizzazione singola.
Importante
nello sviluppo del pensiero di Lyotard e la rilettura della Critica
del giudizio di Kant. Tale rilettura lo porta ad effettuare una
distinzione ben precisa tra giudizio determinato e
giudizio riflettente.
Il
primo viene considerato come il modello dei procedimenti tecnologici
anonimi e ripetitivi. Ed infatti subordina il particolare
all'universale. Il secondo, invece, muove dal particolare alla
ricerca di un universale che non potrà mai possedere
contenutisticamente, se non solo in maniera formale, ossia come
accordo o disaccordo di facoltà.
Il
giudizio riflettente estetico si articola nel bello e nel
sublime. Questa distinzione è essenziale per cogliere le affinità
tra la politica e l'arte. Ed infatti, il bello è la ricerca
dell'armonia, delle proporzioni tra le parti, della simmetria e
dell'equilibrio, mentre il sublime, legato al concetto di infinito,
di smisurato e di grandezza indicibile, presuppone un contrasto tra
le facoltà che, pur non potendo mai essere sanato, può essere
elaborato in maniera critica. Ciò perché una delle sue facoltà in
gioco è proprio la ragione, e in particolare la ragion pratica. Per
tale motivo, il sublime può consentire una sorta di progresso
nell'estetica, nell'educazione morale e nell'educazione politica.
Bisogna, però, mettere in evidenza che il progresso non riguarda
solo il sapere e la tecnica, ma anche la sensibilità.
In
tal senso Lyotard polemizza contro coloro che insistono sulla
centralità del consenso fondato sulla comunicazione di tipo
argomentativo. Ciò che conta è, invece, quello che accade quando si
ha a che fare con frasi che sono sentimenti, ossia la ricettività
della ragione nel suo conflitto con la sensibilità, ovvero quel
dissenso che è il solo consenso di cui dobbiamo preoccuparci.
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