sabato 1 settembre 2012

Il marxismo


Le caratteristiche principali del marxismo si inseriscono all'interno di un dibattito positivista che sembrava confermare molte delle istanze del materialismo storico e dialettico, e che aveva contribuito a intenderlo in maniera fatalistica e deterministica.
Il marxismo, pertanto, si presentava come teoria scientifica di un processo storico – economico – tecnico destinato ad evolversi, in ultima istanza, in rivoluzione.
Una buona parte del marxismo, invece, critica il positivismo e accentua il carattere dialettico di esso secondo le dinamiche enunciate nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel.
Una interpretazione del marxismo in chiave umanistica proviene da Vladimirm Ilijc Uljanov, noto con lo pseudonimo di Lenin (1870 – 1924), rivoluzionario russo, fondatore dello Stato sovietico, pensatore politico ed autore dei Manoscritti economico – filosofici, del Materialismo ed empiriocriticismo, del 1909; dell'Imperialismo fase suprema del capitalismo, del 1917; dello Stato e rivoluzione, del 1918 e, infine, dei Quaderni filosofici, postumi.
L'opera di Lenin manca di sistematicità, anche perché risponde alla sua attività di rivoluzionario e di politico.
Egli traccia delle indicazioni ben precise circa il problema gnoseologico, epistemologico e metodologico. In Materialismo ed empiriocriticismo Lenin critica il materialismo metafisico, ossia il credere che la realtà sia costituita da una serie di elementi immutabili e chiusi in se stessi, e disapprova ogni forma di idealismo e gnoseologismo che non riconosca il fondamento oggettivo della conoscenza, ossia l'indiscutibile presenza di una realtà di cui la conoscenza è il riflesso o il rispecchiamento.
Lenin interpreta la realtà come un qualcosa di dialettico e relazionale. Ciò nel senso preciso che nella natura si ha sempre il passaggio della materia da uno stato all'altro in una incessante progressione. Lenin sottolinea, però, che ogni teoria scientifica si caratterizza per la sua approssimazione, nel senso che definisce e rappresenta una tappa della conoscenza scientifica che è destinata a progredire incessantemente. Tale caratteristica non va ad infierire il carattere oggettivo delle leggi scientifiche e della conoscenza umana.
I Quaderni filosofici sono il risultato della lettura di Hegel e, in special modo, della Scienza della logica. Quindi, anche per Lenin la realtà è il risultato di un processo di contrapposizione di opposti che si evolvono in realtà più complesse mediante la sintesi. Anche lui, però, ritiene che da questa concezione della dialettica debbano essere tolte tutte quelle componenti idealistiche fuorvianti. Ciò al fine di dare una reale elaborazione dialettica della storia del pensiero umano, della scienza e della tecnica. Per quanto concerne la politica, egli interpreta l'imperialismo come la fase suprema del capitalismo. Lo sviluppo capitalistico, infatti, provoca delle crisi interne che sfociano in un monopolio. Ciò comporta sul campo internazionale a dei forti conflitti imperialistici. Tali conflitti giungeranno in un punto di rottura e da quest'ultimo prenderà le mosse la rivoluzione proletaria. Questa interpretazione non deve essere intesa in maniera fatalistica, ma deve servire da stimolo per lo sviluppo dell'azione rivoluzionaria del proletariato. La rivoluzione, però, per giungere al proprio scopo, deve essere guidata dal Partito, che indirizza in maniera adeguata la coscienza del proletariato per promuoverne un'azione organica ed efficiente.
Conseguentemente, il comunismo né può attuarsi da un giorno all'altro né deve limitarsi ad allargare in maniera formale la democrazia, ma deve utilizzare l'apparato statale per esercitare un forte controllo restrittivo. Ciò al fine di combattere gli avversari e giungere alla scomparsa delle classi sociali. Fatto ciò, non si avrà più bisogno dell'apparato statale. Ed infatti, gli uomini avranno imparato ad osservare le regole della convivenza sociale.
Gyorgy Lukacs (1885 – 1971), filosofo inglese, attivista all'interno del partito comunista, fu autore della Storia dell'evoluzione del dramma moderno, del 1911; de L'anima e le forme, del 1911; di Teoria del Romanzo, del 1916; dei Primi scritti sull'estetica, del 1912 – 1918, pubblicati nel 1971; della Stira e coscienza di classe; de Il romanzo storico, del 1938; di Goethe e il suo tempo, del 1947; de Il giovane Hegel; de La distruzione della ragione, del 1954; de I contributi della storia dell'estetica, del 1954 e di Estetica, del 1963.
Karl Korsch (1886 – 1961), filosofo e politico tedesco, fu autore di Marxismo e filosofia e del volume Karl Marx.
Lukacs e Korsch affermano la necessità di intendere la dialettica non come un qualcosa di esterno o estrinseco ai problemi storici e sociali o, peggio ancora, come una moda a cui Marx avrebbe reso delle concessioni accidentali. Al contrario, la dialettica deve essere interpretata come un rapporto che garantisce scientificità al marxismo. Una scientificità del tutto diversa da quella attribuita alla dialettica hegeliana.
In Storia e coscienza di classe Lukacs chiarisce che la dialettica non è una legge operante all'interno della natura. Ed infatti, in essa vengono a mancare quelli che sono gli aspetti essenziali del rapporto dialettico, e cioè l'interazione tra soggetto ed oggetto.
Interazione che è tipica, invece, del processo storico, in cui si attua l'unità di teoria e prassi e il relativo cambiamento del substrato categoriale come fondamento della loro modificazione nel pensiero. Questo rapporto, invece, opera all'interno della realtà storico – sociale attraverso la lotta di classe , la quale permette di giungere via via ad un punto di vista totale. Quest'ultimo altro non è che la realizzazione storica della conoscenza che il proletariato giunge di sé e, al contempo, della totalità della situazione storica. Conoscenza che coincide con l'identità tra soggetto ed oggetto.
Soltanto muovendo dalla dialettica, quindi, è possibile superare la separazione e giungere alla coincidenza tra movimento rivoluzionario e il suo scopo finale. Lo scopo finale è il rapporto con la socialità considerata nella sua totalità e sotto il punto di vista che la vede come il risultato di un processo nel quale ogni momento della lotta mantiene il suo senso rivoluzionario. Un rapporto che esiste in quanto se ne prende coscienza in maniera concreta e attiva nella lotta di classe. Da ciò consegue la polemica verso una concezione puramente contemplativa della scienza e della filosofia.
La ripresa del tema marxista circa il primato della merce come criterio, fine e condizione dell'economia capitalistica (e non come semplice ed accidentale manifestazione di essa), porta Lukacs ad affermare che non solo le cose sono ridotte a merci, ma anche lo stesso operaio è portato a considerare il proprio lavoro e, quindi, la propria libertà a merce.
Si ha, pertanto, un sistema che punta alla totale specializzazione nel campo del lavoro, e con ciò stesso alla totale alienazione ed atomizzazione dell'uomo. Con un sistema di tal genere, dove tutto è organizzato in funzione della produzione e dove lo stesso uomo viene deificato, ossia ridotto ad oggetto, non si ha più spazio per un pensiero critico e pratico, ma solo per un pensiero di tipo contemplativo.
Pensiero contemplativo che ha reso la produzione ancora più efficace e si è riversato nell'epoca moderna alla coscienza, alla scienza e alla filosofia moderna, avendo come corrispettivo l'ascesa e lo sviluppo del capitalismo. Solo mediante la dialettica si può attuare un superamento del sapere contemplativo. Alcune delle concezioni di Storia e coscienza di classe furono attaccate dalla III internazionale, e lo stesso Lukacs ne ripudiò alcune. Nonostante ciò questo testo rimane uno dei lavori fondamentali della filosofia marxista.
L'opera successiva di Lukacs si focalizza in tre punti di rilevante importanza:
  1. in una spiegazione delle ragioni che lo hanno portato ad abbandonare alcune delle sue dottrine di Storia e coscienza di classe;
  2. in un accentuazione di alcuni motivi hegeliani nell'interpretazione del pensiero contemporaneo come irrazionale;
  3. in una serie di contributi all'estetica marxista.
Il primo si sintetizza nel rapporto tra alienazione ed oggettivazione.
Egli mette in evidenza l'errore di base che si è compiuto nell'avere identificato l'alienazione con l'oggettivazione. In altri termini, l'oggettivazione è un aspetto connaturato al fatto che l'uomo è un essere storico che vive ed opera all'interno di una natura materiale. Al contrario, l'alienazione è l'aspetto che ha assunto l'oggettivazione in particolari condizioni storiche, come avviene nella civiltà capitalistica dove la produzione è alienante perché valgono i criteri della proprietà privata, dell'uomo ridotto a merce, ecc. Per Lukacs il marxismo è rimasto vincolato ad una concezione idealistica dell'alienazione e del superamento di esso. Ciò perché la dialettica è stata interpretata come identità tra soggetto ed oggetto nella coscienza di classe del proletariato. Bisogna, invece, andare ad approfondire le condizioni del superamento pratico e rivoluzionario di quelle condizioni che nella società capitalistica portano la oggettivazione (ossia la produzione, il lavoro, ecc.) a dar luogo all'alienazione. Quindi, anche se Lukacs cambia alcune delle sue dottrine, rimane ferma la convinzione del carattere scientifico della dialettica come metodo di spiegazione delle dinamiche della lotta di classe. Notevoli gli scritti di estetica, pubblicati nel 1971. Egli polemizza contro l'estetica naturalistica e contro la sua affermazione della specificità dell'arte in quanto realismo. Ed infatti, seppur l'arte rispecchia la realtà, non la riproduce meccanicamente, ma supera, invece, l'antitesi tra singolare ed universale nel particolare.
Ed infatti, mentre la scienza ha come suo compito costitutivo riportare la realtà a singole leggi, l'arte cerca di unire l'essenza con l'apparenza, e cioè cerca di cogliere il particolare legato al processo storico attraverso un rapporto dialettico che ne costituisce il senso e la funzione peculiare all'interno della totalità della vita. In tal senso l'arte è veramente realistica, ed infatti, rappresenta il tipico, ovvero un qualcosa di diverso dall'astratta idealizzazione della realtà e dalla sua mera descrizione naturalistica.
Il realismo dell'arte, invece, consiste nel rappresentare il particolare nella sua concretezza, ossia nel rapporto tra l'artista e l'epoca di appartenenza.
Ernst Bloch (1885 – 1971), filosofo tedesco, fu autore di Spirito dell'utopia, del 1918; di Soggetto – oggetto. Commento a Hegel, del 1949; de Il principio speranza, del 1959; di Ateismo nel cristianesimo, del 1968; di Karl Marx, del 1968 e di Exsperimentum mundi, del 1975.
Bloch offre una interpretazione umanistica del marxismo come realizzazione delle latenti possibilità della natura. Ciò, però, ha come suo presupposto di base l'intendere la natura non come un semplice aggregato di rapporti meccanici e quantitativi, come è avvenuto nel mondo moderno, bensì come era stata intesa dalla sinistra aristotelica medievale, ossia come un qualcosa di profondamente apparentato con l'uomo e da cui l'uomo si è erroneamente ed indebitamente estraniato.
La riconciliazione della natura con l'uomo e dell'uomo con se stesso può avvenire soltanto se si mette da parte la rigidità del materialismo dialettico e la sua pretesa scientificità. Bisogna, quindi, riscoprire il marxismo come utopia che insegna agli uomini a camminare eretti, ossia a portare a compimento l'ideale del cittadino, prospettato ma non realizzato del tutto dalla rivoluzione francese. Ciò deve portare a porre in maniera seria il problema di una possibile estinzione dello stato, che, invece, è stato strumentalizzato come necessario momento di passaggio e di transizione.
Bisogna, quindi, rifiutare le fredde teorie scientifiche del marxismo, per accogliere quelle calde, ossia quelle che si rifanno fortemente al concetto di utopia. Su quest'ultima si basa la forza della dialettica, che proietta l'uomo verso l'attuazione di ciò che “non è ancora”.
Antonio Gramsci (1891 – 1937) fu politico e svolse tale attività sino al 1915. Si adoperò, inoltre, nella fondazione del partito comunista italiano, di cui divenne segretario nel 1924. Arrestato nel 1926, venne rilasciato nel 1934. Muore nel 1937 a seguito delle gravi malattie contratte in carcere. Tra i suoi scritti principali abbiamo: Lettere dal carcere, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Gli intellettuali e l'organizzazione della natura, Il risorgimento, Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo stato moderno, Letteratura e vita nazionale, Passato e presente, Gli scritti giovanili, Sotto la mole, L'ordine nuovo e Socialismo e fasciamo. Importante è il suo contributo alla filosofia della prassi. Per Gramsci si tratta di mettere a vaglio il neohegelismo italiano, in special modo quello di Croce, per metterne in evidenza gli aspetti legati ancora a residui trascendentali. Tale trascendenza deve essere superata in nome di uno storicismo ed umanesimo assoluto; tenendo, però, in considerazione il rapporto tra letteratura e vita nazionale, il risorgimento italiano come rivoluzione mancata, il Machiavelli e i problemi dello stato moderno. Tutti questi aspetti vengono esaminati con l'esigenza di collegare i problemi della filosofia della prassi con i problemi più specifici della storia politica e culturale italiana. In tale contesto sono due gli aspetti che vanno maggiormente messi in evidenza, e cioè la polemica contro le interpretazioni meccanicistiche e deterministiche della filosofia della prassi e l'attenzione sull'importanza della cultura e degli intellettuali all'interno della costituzione di un movimento di pensiero, nel caso specifico del comunismo. Gramsci, infatti, chiarisce che l'unità di teoria e prassi non è qualcosa di meccanico, bensì è il risultato del processo del divenire storico. Il meccanicismo, infatti, ritiene la teoria come un completamento della prassi. Ciò perché si è indebitamente scisso in due termini. Questo modo di pensare corrisponde ad una fase relativamente primitiva, “economico – corporativa” del processo storico, quando la fede nel determinismo e nel meccanicismo faceva sì che si considerasse come inevitabile la rivoluzione, cosa questa che ha causato una mancanza di prospettive e di iniziativa concreta di lotta. Nella nuova situazione createsi, invece, bisogna evidenziare il concetto di egemonia. Bisogna, quindi, capire e comprendere l'importanza e la capacità di una classe di farsi interprete e portatrice, attraverso la cultura, degli interessi di tutti gli strati popolari, in maniera tale da ottenerne il consenso. Sviluppare una tale egemonia significa preparare un nuovo terreno ideologico, realizzare un nuovo modo del senso comune, promuovere un nuovo tipo di comportamento etico – politico. Ciò al fine di permettere un corretto ed efficace sviluppo della lotta di classe, oltre che la configurazione di un nuovo ordine, di un nuovo Stato rivoluzionario, che non sia il semplice risultato di rapporti di forza. Per fare ciò, però, bisogna creare un qualcosa che la filosofia della prassi non si è mai preoccupata di fare, e cioè una classe di intellettuali di nuovo tipo che si faccia portatrice dei problemi delle masse allo scopo di potere portare a coscienza i problemi che quelle classi manifestano con la loro attività.
La scientificità del marxismo, in aperta polemica con le interpretazioni umanistiche o hegelizzanti, vengono rivendicate da Galvano della Volpe (1895 – 1938) e Louis Althusser.
Galvano della Volpe critica la filosofia hegeliana perché gli appare mistica e antiscientifica. Inoltre, la dialettica porta a negare la consistenza del finito e, conseguentemente, la validità delle scienze naturali. Ed infatti, per il Della Volpe la dialettica hegeliana concilia degli opposti generici ed esclusivamente concettuali. Per tali motivi, ad una dialettica hegeliana viene contrapposta una dialettica scientifica, che si fonda su contraddizioni reali e sull'astrazione determinata. Un metodo questo che getta le proprie basi su un pensiero filosofico e scientifico che va da Aristotele a Galilei, i quali hanno rifiutato qualsiasi forma di generica sintesi, rivendicando i diritti della scienza e dell'esperienza. Pertanto, alla base di tutte le scienze si può avere quella logica materialistica della scienza sperimentale galileiana. Logica che ha trovato il suo sviluppo più concreto nella critica marxiana dell'economia politica.
Louis Althusser accentua i caratteri scientifici del marxismo operando una serrata critica alla sua presunta umanità e storicità. Nel fare ciò ritiene che bisogna porre maggiore attenzione non agli scritti giovanili di Marx (ancora fortemente ideologici), bensì a quelli della maturità, in special modo all'Ideologia tedesca. L'antiumanesimo e l'antistoricismo accentuano il carattere scientifico del marxismo. Ciò si finalizza verso la rottura della vecchia epistemologia e in direzione della scienza della storia come conoscenza, in funzione rivoluzionaria, della struttura delle formazioni sociali e del loro sviluppo.

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