Le
caratteristiche principali del marxismo si inseriscono all'interno di
un dibattito positivista che sembrava confermare molte delle istanze
del materialismo storico e dialettico, e che aveva contribuito a
intenderlo in maniera fatalistica e deterministica.
Il
marxismo, pertanto, si presentava come teoria scientifica di un
processo storico – economico – tecnico destinato ad evolversi, in
ultima istanza, in rivoluzione.
Una
buona parte del marxismo, invece, critica il positivismo e accentua
il carattere dialettico di esso secondo le dinamiche enunciate nella
Fenomenologia dello Spirito di Hegel.
Una
interpretazione del marxismo in chiave umanistica proviene da
Vladimirm Ilijc Uljanov, noto con lo pseudonimo di Lenin
(1870 – 1924), rivoluzionario russo, fondatore dello Stato
sovietico, pensatore politico ed autore dei Manoscritti economico
– filosofici, del Materialismo ed empiriocriticismo, del
1909; dell'Imperialismo fase suprema del capitalismo, del
1917; dello Stato e rivoluzione, del 1918 e, infine, dei
Quaderni filosofici, postumi.
L'opera
di Lenin manca di sistematicità, anche perché risponde alla sua
attività di rivoluzionario e di politico.
Egli
traccia delle indicazioni ben precise circa il problema gnoseologico,
epistemologico e metodologico. In Materialismo ed
empiriocriticismo Lenin critica il materialismo
metafisico, ossia il credere che la realtà sia costituita da una
serie di elementi immutabili e chiusi in se stessi, e disapprova ogni
forma di idealismo e gnoseologismo che non riconosca il fondamento
oggettivo della conoscenza, ossia l'indiscutibile presenza di una
realtà di cui la conoscenza è il riflesso o il rispecchiamento.
Lenin
interpreta la realtà come un qualcosa di dialettico e relazionale.
Ciò nel senso preciso che nella natura si ha sempre il passaggio
della materia da uno stato all'altro in una incessante progressione.
Lenin sottolinea, però, che ogni teoria scientifica si caratterizza
per la sua approssimazione, nel senso che definisce e
rappresenta una tappa della conoscenza scientifica che è destinata a
progredire incessantemente. Tale caratteristica non va ad infierire
il carattere oggettivo delle leggi scientifiche e della conoscenza
umana.
I
Quaderni filosofici sono il risultato della lettura di Hegel
e, in special modo, della Scienza della logica. Quindi, anche
per Lenin la realtà è il risultato di un processo di
contrapposizione di opposti che si evolvono in realtà più complesse
mediante la sintesi. Anche lui, però, ritiene che da questa
concezione della dialettica debbano essere tolte tutte quelle
componenti idealistiche fuorvianti. Ciò al fine di dare una reale
elaborazione dialettica della storia del pensiero umano, della
scienza e della tecnica. Per quanto concerne la politica, egli
interpreta l'imperialismo come la fase suprema del capitalismo. Lo
sviluppo capitalistico, infatti, provoca delle crisi interne che
sfociano in un monopolio. Ciò comporta sul campo internazionale a
dei forti conflitti imperialistici. Tali conflitti giungeranno in un
punto di rottura e da quest'ultimo prenderà le mosse la rivoluzione
proletaria. Questa interpretazione non deve essere intesa in maniera
fatalistica, ma deve servire da stimolo per lo sviluppo dell'azione
rivoluzionaria del proletariato. La rivoluzione, però, per giungere
al proprio scopo, deve essere guidata dal Partito, che indirizza in
maniera adeguata la coscienza del proletariato per promuoverne
un'azione organica ed efficiente.
Conseguentemente,
il comunismo né può attuarsi da un giorno all'altro né deve
limitarsi ad allargare in maniera formale la democrazia, ma deve
utilizzare l'apparato statale per esercitare un forte controllo
restrittivo. Ciò al fine di combattere gli avversari e giungere alla
scomparsa delle classi sociali. Fatto ciò, non si avrà più bisogno
dell'apparato statale. Ed infatti, gli uomini avranno imparato ad
osservare le regole della convivenza sociale.
Gyorgy
Lukacs (1885 – 1971), filosofo inglese, attivista all'interno
del partito comunista, fu autore della Storia dell'evoluzione del
dramma moderno, del 1911; de L'anima e le forme, del 1911;
di Teoria del Romanzo, del 1916; dei Primi scritti
sull'estetica, del 1912 – 1918, pubblicati nel 1971; della
Stira e coscienza di classe; de Il romanzo storico,
del 1938; di Goethe e il suo tempo, del 1947; de Il giovane
Hegel; de La distruzione della ragione, del 1954; de I
contributi della storia dell'estetica, del 1954 e di Estetica,
del 1963.
Karl
Korsch (1886 – 1961), filosofo e politico tedesco, fu autore di
Marxismo e filosofia e del volume Karl Marx.
Lukacs
e Korsch affermano la necessità di intendere la dialettica non come
un qualcosa di esterno o estrinseco ai problemi storici e sociali o,
peggio ancora, come una moda a cui Marx avrebbe reso delle
concessioni accidentali. Al contrario, la dialettica deve essere
interpretata come un rapporto che garantisce scientificità al
marxismo. Una scientificità del tutto diversa da quella attribuita
alla dialettica hegeliana.
In
Storia e coscienza di classe Lukacs chiarisce che la
dialettica non è una legge operante all'interno della natura. Ed
infatti, in essa vengono a mancare quelli che sono gli aspetti
essenziali del rapporto dialettico, e cioè l'interazione tra
soggetto ed oggetto.
Interazione
che è tipica, invece, del processo storico, in cui si attua l'unità
di teoria e prassi e il relativo cambiamento del substrato
categoriale come fondamento della loro modificazione nel pensiero.
Questo rapporto, invece, opera all'interno della realtà storico –
sociale attraverso la lotta di classe , la quale permette di giungere
via via ad un punto di vista totale. Quest'ultimo altro non è che la
realizzazione storica della conoscenza che il proletariato giunge di
sé e, al contempo, della totalità della situazione storica.
Conoscenza che coincide con l'identità tra soggetto ed oggetto.
Soltanto
muovendo dalla dialettica, quindi, è possibile superare la
separazione e giungere alla coincidenza tra movimento rivoluzionario
e il suo scopo finale. Lo scopo finale è il rapporto con la
socialità considerata nella sua totalità e sotto il punto di vista
che la vede come il risultato di un processo nel quale ogni momento
della lotta mantiene il suo senso rivoluzionario. Un rapporto che
esiste in quanto se ne prende coscienza in maniera concreta e attiva
nella lotta di classe. Da ciò consegue la polemica verso una
concezione puramente contemplativa della scienza e della filosofia.
La
ripresa del tema marxista circa il primato della merce come criterio,
fine e condizione dell'economia capitalistica (e non come semplice ed
accidentale manifestazione di essa), porta Lukacs ad affermare che
non solo le cose sono ridotte a merci, ma anche lo stesso operaio è
portato a considerare il proprio lavoro e, quindi, la propria libertà
a merce.
Si
ha, pertanto, un sistema che punta alla totale specializzazione nel
campo del lavoro, e con ciò stesso alla totale alienazione ed
atomizzazione dell'uomo. Con un sistema di tal genere, dove tutto è
organizzato in funzione della produzione e dove lo stesso uomo viene
deificato, ossia ridotto ad oggetto, non si ha più spazio per un
pensiero critico e pratico, ma solo per un pensiero di tipo
contemplativo.
Pensiero
contemplativo che ha reso la produzione ancora più efficace e si è
riversato nell'epoca moderna alla coscienza, alla scienza e alla
filosofia moderna, avendo come corrispettivo l'ascesa e lo sviluppo
del capitalismo. Solo mediante la dialettica si può attuare un
superamento del sapere contemplativo. Alcune delle concezioni di
Storia e coscienza di classe furono attaccate dalla III
internazionale, e lo stesso Lukacs ne ripudiò alcune. Nonostante ciò
questo testo rimane uno dei lavori fondamentali della filosofia
marxista.
L'opera
successiva di Lukacs si focalizza in tre punti di rilevante
importanza:
- in una spiegazione delle ragioni che lo hanno portato ad abbandonare alcune delle sue dottrine di Storia e coscienza di classe;
- in un accentuazione di alcuni motivi hegeliani nell'interpretazione del pensiero contemporaneo come irrazionale;
- in una serie di contributi all'estetica marxista.
Il
primo si sintetizza nel rapporto tra alienazione ed oggettivazione.
Egli
mette in evidenza l'errore di base che si è compiuto nell'avere
identificato l'alienazione con l'oggettivazione. In altri termini,
l'oggettivazione è un aspetto connaturato al fatto che l'uomo è un
essere storico che vive ed opera all'interno di una natura materiale.
Al contrario, l'alienazione è l'aspetto che ha assunto
l'oggettivazione in particolari condizioni storiche, come avviene
nella civiltà capitalistica dove la produzione è alienante perché
valgono i criteri della proprietà privata, dell'uomo ridotto a
merce, ecc. Per Lukacs il marxismo è rimasto vincolato ad una
concezione idealistica dell'alienazione e del superamento di esso.
Ciò perché la dialettica è stata interpretata come identità tra
soggetto ed oggetto nella coscienza di classe del proletariato.
Bisogna, invece, andare ad approfondire le condizioni del superamento
pratico e rivoluzionario di quelle condizioni che nella società
capitalistica portano la oggettivazione (ossia la produzione, il
lavoro, ecc.) a dar luogo all'alienazione. Quindi, anche se Lukacs
cambia alcune delle sue dottrine, rimane ferma la convinzione del
carattere scientifico della dialettica come metodo di spiegazione
delle dinamiche della lotta di classe. Notevoli gli scritti di
estetica, pubblicati nel 1971. Egli polemizza contro l'estetica
naturalistica e contro la sua affermazione della specificità
dell'arte in quanto realismo. Ed infatti, seppur l'arte rispecchia la
realtà, non la riproduce meccanicamente, ma supera, invece,
l'antitesi tra singolare ed universale nel particolare.
Ed
infatti, mentre la scienza ha come suo compito costitutivo riportare
la realtà a singole leggi, l'arte cerca di unire l'essenza con
l'apparenza, e cioè cerca di cogliere il particolare legato al
processo storico attraverso un rapporto dialettico che ne costituisce
il senso e la funzione peculiare all'interno della totalità della
vita. In tal senso l'arte è veramente realistica, ed infatti,
rappresenta il tipico, ovvero un qualcosa di diverso
dall'astratta idealizzazione della realtà e dalla sua mera
descrizione naturalistica.
Il
realismo dell'arte, invece, consiste nel rappresentare il particolare
nella sua concretezza, ossia nel rapporto tra l'artista e l'epoca di
appartenenza.
Ernst
Bloch (1885 – 1971), filosofo tedesco, fu autore di Spirito
dell'utopia, del 1918; di Soggetto – oggetto. Commento a
Hegel, del 1949; de Il principio speranza, del 1959; di
Ateismo nel cristianesimo, del 1968; di Karl Marx, del 1968 e di
Exsperimentum mundi, del 1975.
Bloch
offre una interpretazione umanistica del marxismo come realizzazione
delle latenti possibilità della natura. Ciò, però, ha come suo
presupposto di base l'intendere la natura non come un semplice
aggregato di rapporti meccanici e quantitativi, come è avvenuto nel
mondo moderno, bensì come era stata intesa dalla sinistra
aristotelica medievale, ossia come un qualcosa di profondamente
apparentato con l'uomo e da cui l'uomo si è erroneamente ed
indebitamente estraniato.
La
riconciliazione della natura con l'uomo e dell'uomo con se stesso può
avvenire soltanto se si mette da parte la rigidità del materialismo
dialettico e la sua pretesa scientificità. Bisogna, quindi,
riscoprire il marxismo come utopia che insegna agli uomini a
camminare eretti, ossia a portare a compimento l'ideale del
cittadino, prospettato ma non realizzato del tutto dalla rivoluzione
francese. Ciò deve portare a porre in maniera seria il problema di
una possibile estinzione dello stato, che, invece, è stato
strumentalizzato come necessario momento di passaggio e di
transizione.
Bisogna,
quindi, rifiutare le fredde teorie scientifiche del marxismo, per
accogliere quelle calde, ossia quelle che si rifanno fortemente al
concetto di utopia. Su quest'ultima si basa la forza della
dialettica, che proietta l'uomo verso l'attuazione di ciò che “non
è ancora”.
Antonio
Gramsci (1891 – 1937) fu politico e svolse tale attività sino
al 1915. Si adoperò, inoltre, nella fondazione del partito comunista
italiano, di cui divenne segretario nel 1924. Arrestato nel 1926,
venne rilasciato nel 1934. Muore nel 1937 a seguito delle gravi
malattie contratte in carcere. Tra i suoi scritti principali abbiamo:
Lettere dal carcere, Il materialismo storico e la filosofia
di Benedetto Croce, Gli intellettuali e l'organizzazione della
natura, Il risorgimento, Note sul Machiavelli, sulla
politica e sullo stato moderno, Letteratura e vita nazionale,
Passato e presente, Gli scritti giovanili, Sotto
la mole, L'ordine nuovo e Socialismo e fasciamo.
Importante è il suo contributo alla filosofia della
prassi. Per Gramsci si tratta di mettere a vaglio il neohegelismo
italiano, in special modo quello di Croce, per metterne in evidenza
gli aspetti legati ancora a residui trascendentali. Tale trascendenza
deve essere superata in nome di uno storicismo ed umanesimo assoluto;
tenendo, però, in considerazione il rapporto tra letteratura e vita
nazionale, il risorgimento italiano come rivoluzione mancata, il
Machiavelli e i problemi dello stato moderno. Tutti questi aspetti
vengono esaminati con l'esigenza di collegare i problemi della
filosofia della prassi con i problemi più specifici della storia
politica e culturale italiana. In tale contesto sono due gli aspetti
che vanno maggiormente messi in evidenza, e cioè la polemica contro
le interpretazioni meccanicistiche e deterministiche della filosofia
della prassi e l'attenzione sull'importanza della cultura e degli
intellettuali all'interno della costituzione di un movimento di
pensiero, nel caso specifico del comunismo. Gramsci, infatti,
chiarisce che l'unità di teoria e prassi non è qualcosa di
meccanico, bensì è il risultato del processo del divenire storico.
Il meccanicismo, infatti, ritiene la teoria come un completamento
della prassi. Ciò perché si è indebitamente scisso in due termini.
Questo modo di pensare corrisponde ad una fase relativamente
primitiva, “economico – corporativa” del processo storico,
quando la fede nel determinismo e nel meccanicismo faceva sì che si
considerasse come inevitabile la rivoluzione, cosa questa che ha
causato una mancanza di prospettive e di iniziativa concreta di
lotta. Nella nuova situazione createsi, invece, bisogna evidenziare
il concetto di egemonia. Bisogna, quindi, capire e comprendere
l'importanza e la capacità di una classe di farsi interprete e
portatrice, attraverso la cultura, degli interessi di tutti gli
strati popolari, in maniera tale da ottenerne il consenso. Sviluppare
una tale egemonia significa preparare un nuovo terreno ideologico,
realizzare un nuovo modo del senso comune, promuovere un nuovo tipo
di comportamento etico – politico. Ciò al fine di permettere un
corretto ed efficace sviluppo della lotta di classe, oltre che la
configurazione di un nuovo ordine, di un nuovo Stato rivoluzionario,
che non sia il semplice risultato di rapporti di forza. Per fare ciò,
però, bisogna creare un qualcosa che la filosofia della prassi non
si è mai preoccupata di fare, e cioè una classe di intellettuali di
nuovo tipo che si faccia portatrice dei problemi delle masse allo
scopo di potere portare a coscienza i problemi che quelle classi
manifestano con la loro attività.
La
scientificità del marxismo, in aperta polemica con le
interpretazioni umanistiche o hegelizzanti, vengono rivendicate da
Galvano della Volpe (1895 – 1938) e Louis Althusser.
Galvano
della Volpe critica la filosofia hegeliana perché gli appare
mistica e antiscientifica. Inoltre, la dialettica porta a negare la
consistenza del finito e, conseguentemente, la validità delle
scienze naturali. Ed infatti, per il Della Volpe la dialettica
hegeliana concilia degli opposti generici ed esclusivamente
concettuali. Per tali motivi, ad una dialettica hegeliana viene
contrapposta una dialettica scientifica, che si fonda su
contraddizioni reali e sull'astrazione determinata. Un metodo questo
che getta le proprie basi su un pensiero filosofico e scientifico che
va da Aristotele a Galilei, i quali hanno rifiutato qualsiasi forma
di generica sintesi, rivendicando i diritti della scienza e
dell'esperienza. Pertanto, alla base di tutte le scienze si può
avere quella logica materialistica della scienza sperimentale
galileiana. Logica che ha trovato il suo sviluppo più concreto nella
critica marxiana dell'economia politica.
Louis
Althusser accentua i caratteri scientifici del marxismo operando
una serrata critica alla sua presunta umanità e storicità. Nel fare
ciò ritiene che bisogna porre maggiore attenzione non agli scritti
giovanili di Marx (ancora fortemente ideologici), bensì a quelli
della maturità, in special modo all'Ideologia tedesca.
L'antiumanesimo e l'antistoricismo accentuano il carattere
scientifico del marxismo. Ciò si finalizza verso la rottura della
vecchia epistemologia e in direzione della scienza della storia come
conoscenza, in funzione rivoluzionaria, della struttura delle
formazioni sociali e del loro sviluppo.
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